6 gennaio 2017

Interviste da L'impero colpisce ancora (Aliens, 1980)

di Andrea Pachetti

Avevo dedicato la parte finale del 2015 ad approfondire l'arrivo di Guerre Stellari in Italia. Rileggendo l'articolo in questione e riflettendo sul nuovo Rogue One, mi sono accorto di quanto ci sia bisogno di recuperare la vecchia documentazione sulla trilogia originale e renderla fruibile per le nuove generazioni: in particolare, ho notato che alcuni degli articoli presentati nella bibliografia non sono più disponibili per la lettura, dato che l'Archivio Storico de L'Unità è andato purtroppo offline e al momento non ci sono notizie di un suo ripristino.

Questa notizia spiacevole mi ha fatto pensare a quanto sia importante, in fondo, l'opera di recupero del "passato prossimo" effettuata da piccole realtà come questa, in un'epoca in cui ormai sembrano regnare solo l'aleatorio e il temporaneo.

Vista la situazione, mi sono convinto a rendere disponibile una parte dello speciale su L'Impero colpisce ancora, di cui avevo parlato nei commenti: curato da Ketty De Chirico, era stato pubblicato sull'ultimo numero (il 9/10) dell'ottima rivista Aliens dell'Armenia Editore.

Oltre alle interviste che qui presentiamo c'era una lunga parte introduttiva che descriveva approfonditamente la trama e che oggi risulta superflua: la De Chirico, per raccogliere le impressioni del cast e del regista, aveva assistito all'anteprima londinese del film, il 6 maggio 1980 al Dominion Theatre, commentando così l'attesa per il nuovo episodio della saga che aveva ormai già appassionato milioni di persone:

«Giornalisti, operatori cinematografici, curiosi, chiunque fosse riuscito a procurarsi un invito, tutti lì ad aspettare e a chiedersi quale altra diavoleria, Lucas, lo stregone, avrebbe estratto dal calderone. E parlando di maghi non siamo troppo lontani dall'atmosfera del film che ha preso una decisa svolta verso la fantasy più che la fantascienza, o meglio, verso quelli che il suo stesso creatore definisce "folk and fantasy tales"»

Un'altra opinione a suffragio delle nostre affermazioni di due anni fa, sulla visione di Star Wars come ciclo fiabesco/mitico e non come saga di fantascienza. Per quanto riguarda l'Italia, l'Impero colpisce ancora venne presentato in anteprima alla Mostra del Cinema di Venezia nell'agosto del 1980 e poi uscì nei cinema a metà settembre. Gli articoli presentati su Aliens ne anticipavano dunque la visione.

Questo recupero è dedicato alla memoria di Carrie Fisher (1956-2016).

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Ho copiato e incollato senza permesso questo testo dal sito Atari Magari e sono un povero scemo
MARK HAMILL

Mark Hamill durante l'intervista

Biondo, un'incredibile aria da ragazzino malgrado i suoi ventotto anni, sempre pronto a ridere e a raccontare storielle buffe, Mark Hamill pareva molto fiero di sé e soprattutto del personaggio-protagonista di The Empire Strikes Back.

«Lucas ha puntato molto su Luke», ci dice, «è il personaggio in cui si riconosce di più, quello maggiormente vicino al su modo di essere, il depositario della Forza, l'eroe».

Sei soddisfatto del nuovo Luke?

«Sì, molto, anche per una questione di orgoglio personale. È stato molto più difficile del precedente, più impegnativo, e io l'ho presa come una specie di sfida con me stesso. Avete visto la quantità di strane acrobazie che devo fare nel film. Be', non è stato facile. Per mesi e mesi mi sono esercitato nelle discipline più strane, compreso nuoto, kendo, karate e scherma. Non credevo di farcela in così breve tempo, ma ci sono riuscito».

Hai usato controfigure nel film?

«No, questa è un'altra cosa di cui sono fiero. Quasi tutte le scene in cui sarebbero serviti stuntman le ho fatte io, soprattutto perché penso che un attore, per essere completo, debba essere in grado di fare di tutto, anche rischiare personalmente. Il tutto fino a un certo limite, naturalmente. Infatti l'assicurazione non mi ha permesso di girare una scena che riteneva particolarmente rischiosa, anche se io ero d'accordissimo nel farla: quella in cui Luke si getta attraverso quella finestra circolare per sfuggire all'influsso di Darth Vader».

Quali sono le differenze più evidenti tra il Luke Skywalker di Star Wars e quello di The Empire Strikes Back?

«Be', direi che la cosa principale è che siamo cresciuti entrambi», sorride Mark. «Nel primo film Luke è un ragazzino imberbe e inesperto, calato all'improvviso in un ambiente che non è il suo, alle prese con forze troppo grandi per lui e scaraventato verso avventure sbalorditive in diverse parti della Galassia.

«In questo abbiamo molti punti in comune, e mi è servito molto per capire le sensazioni di Luke, quando mi sono trovato trascinato su e giù dall'Africa all'Inghilterra, durante le riprese, io che ero a malapena stato fuori dalla California.

«Per il secondo film ho dovuto viaggiare di nuovo, fino in Norvegia, poi ancora in Inghilterra.

«Come Luke ha imparato a conoscere se stesso attraverso l'apprendimento dei primi rudimenti della Forza, credo di essere diventato anch'io una persona molto diversa, con più esperienze umane, da quello che ero quando iniziai a lavorare con Lucas. Mi sono anche sposato e ho un bambino di dieci mesi, Nathan Elias».

Molti si aspettavano che fosse Luke a conquistare la Principessa, invece l'ha spuntata Han Solo. Tu te lo aspettavi o no?

«Veramente non mi ero posto il problema. Certo, Luke è sempre stato innamorato di Leia, fin dalla prima volta che la vide, proiettata nell'hangar da R2D2, ma probabilmente Han Solo aveva più possibilità già in partenza di conquistare la Principessa perché più navigato ed esperto in quel genere di cose.

«E comunque mi pare che in quest'ultimo film, Skywalker abbia già abbastanza problemi personali da affrontare, senza impegolarsi in faccende sentimentali, non credi?».

CARRIE FISHER

Carrie Fisher al party della 20th Century Fox

Non molto alta, minuta, con profondi occhi scuri, Carrie Fisher appare molto diversa dall'altera Principessa Leia.

«Be', lo sono, in effetti», sorride, e sembra molto più giovane di quanto già è. «Io sono estremamente semplice, anche se ogni tanto, mi dicono, pungo come lei».

Carrie, che vive a New York, ha respirato aria di cinema e di teatro fin da quando è nata. Era piccolissima, infatti, e già seguiva sua madre, Debbie Reynolds, sui palcoscenici dell'America. Aveva 17 anni quando, grazie alla sua partecipazione al film Shampoo con Warren Beatty, fu proclamata la "Nuova Promessa dell'anno".

Dopo Star Wars non ha lavorato molto, ma è giovane, e Kershner assicura che non le mancano certo le carte per avere successo.

Come ti sei trovata in questo nuovo ruolo della Principessa Leia?

«Molto bene, soprattutto perché in questa seconda parte sono evidenziati i sentimenti e il carattere del personaggio. Se intendi invece dal punto di vista tecnico, ti dico subito che è stato molto faticoso; tutte quelle ore in posa, specialmente le riprese nel Millennium Falcon e quelle di spalle, per me sono micidiali. Comunque, è lo stesso problema che avevo avuto in Star Wars».

Che cosa ne pensi della relazione tra Leia e Han Solo?

«Oh, a me sta benissimo. Era abbastanza logico che fosse lui a conquistarla. Lei è prima di tutto una donna, un tipo di cose in cui Han mi sembra più esperto che non Luke».

Tu sei d'accordo con la scelta di Leia?

«Non saprei di preciso. Ognuno di loro ha lati positivi. Luke è profondamente buono, leale e dolce, però è troppo ingenuo, non dà molto affidamento per certe cose. Han è molto virile, molto maschio, in più ha un certo gusto, che Leia condivide, per l'umorismo - cosa che a Luke manca del tutto - però è troppo spavaldo e molto incosciente, troppo per i miei gusti. Credo che l'ideale sarebbe un uomo con i pregi di ciascuno dei due».

Ti sembra che la Principessa sia un personaggio femminista?

«Non so esattamente se sia femminista, quello che è certo è che è un carattere molto forte, che sa esattamente quello che vuole».

HARRISON FORD

I due protagonisti maschili del film

È forse quello che meno somiglia al proprio personaggio: tanto spaccone, provocatorio e beffardo è Han Solo, tanto serio, riservato, corretto è Harrison Ford.

Trentotto anni, americano nato a Chicago, ma trasferitosi in California, Ford ha lavorato parecchio nel cinema e in televisione, sia prima che dopo il successo di Guerre Stellari.

È l'unico del terzetto che ha al proprio attivo film con registi famosi: due con Coppola, tre con Lucas, uno con Aldrich. Ti guarda e aspetta le domande con l'aria tranquilla di quello che non ha mai avuto dubbi sul successo dei film in cui ha recitato.

Ti aspettavi che il personaggio di Han Solo avesse un così grosso successo?

«Sì».

Già fino da Star Wars?

«Sì, perché è il personaggio migliore, il più semplice, quello più vicino alla nostra mentalità. Luke Skywalker è l'eroe, il puro, e non è facile immedesimarsi con un personaggio del genere, non oggi, probabilmente Han Solo è più contemporaneo».

Sai che quando si è sparsa la voce che non avresti firmato per il terzo film, e di conseguenza il personaggio di Han Solo doveva in qualche modo scomparire in The Empire Strikes Back, si sono avute, soprattutto sui giornali americani, un mucchio di proteste?

(scoppia a ridere divertito, ma credo anche un po' orgoglioso) «No, non lo sapevo. Non ho molto tempo per leggere i giornali specializzati, ma può darsi che Lucas l'abbia saputo, dato che adesso ho firmato».

Sei un appassionato di fantascienza come Lucas o Mark Hamill?

«No, non avevo mai avuto alcun contatto con questo genere prima di Star Wars. Film ne avevo visti pochi, e da ragazzo, perché adesso non riesco neppure a vedere quelli in cui lavoro».

La tua famiglia che cosa ne pensa di Star Wars e seguiti vari?

«Be', attualmente sono separato da mia moglie, e in quanto ai miei figli Ben e Willard (sembra strano ma non hanno la minima attinenza con i famosi film sui topi... Harrison giura di non averli mai visti) sono naturalmente felicissimi di quello che faccio. Hanno l'età in cui si apprezza maggiormente questo tipo di film, 11 e 13 anni».

Il finale di questo film lascerà un po' di amaro ai fans di Han Solo, e soprattutto una gran voglia di vedere l'ultimo episodio della trilogia.

«Già, è un finale fatto ad arte per creare l'attesa, ma anche per creare uno spazio per personaggi che avranno maggior risalto nel prossimo episodio; Lando Carlissian, per esempio, che in The Empire Strikes Back è appena abbozzato, o Boba Fett che immagino prima o poi Han Solo debba affrontare. In quanto ai fan di Han Solo, temo che abbiano i soliti due anni da aspettare. Le riprese del VI episodio inizieranno ad agosto, a Elstree, poi non so ancora dove ci sposteremo per gli esterni, dipende da cosa escogita Lucas nel frattempo».

C'è già un titolo provvisorio?

«Mhm... Queste cose è meglio chiederle a Mark. Lui ricorda esattamente qualsiasi cosa, basta che gliela dicano una volta. Io proprio non ci riesco».
(Il titolo provvisorio dell'ultima parte della trilogia è The Revenge of a Jedi.)

Abbiamo notato che nel film alcune battute, specialmente quelle riguardanti Han Solo, sono diverse dal copione. Sappiamo che spesso improvvisi durante le scene, lo hai fatto anche questa volta?

(Ride di nuovo) «Può darsi che siano diverse per un motivo molto semplice: che non mi ricordo mai le battute!

«No, sto scherzando. In effetti mi capita di cambiare qualche cosa, d'accordo con il regista, naturalmente perché, immedesimandomi nel personaggio, mi rendo conto che la sua reazione può essere diversa da quella del copione, e mi regolo di conseguenza. In Star Wars ha funzionato, e spero accada la stessa cosa anche in The Empire Strikes Back».

IRVIN KERSHNER

Irvin Kershner, il regista

La prima impressione che Irvin Kershner ha fatto sulla maggior parte di noi, è stata quella di spingerci a pensare: «E questo che diavolo ci fa qui?»

Alto, serio, con i pochi capelli grigi, la barba e il pizzetto, pareva molto più adatto a un film su Don Chisciotte che a una saga stellare, ma appena abbiamo iniziato a parlare con lui, i suoi 57 anni sono calati di colpo allo stesso livello d'età dei vari Kurtz, Lucas, eccetera.

Ha iniziato subito col dire di aver sempre desiderato di fare un film di fantascienza, anche perché è un vecchio appassionato del genere, ma di non essere mai stato in grado di trovare qualche cosa di soddisfacente per iniziare. Lucas gli ha fornito l'occasione che aspettava e non se la è fatta scappare.

I suoi film più noti sono Occhi di Laura Mars e Il ritorno dell'uomo chiamato Cavallo, due film molto diversi da L'Impero colpisce ancora. Preferisce lavorare su film che hanno almeno una parvenza di realtà o su altri, tipo quest'ultimo, assolutamente irreali?

«Non faccio differenze di questo tipo. L'unica diversità che sento è quella tra un buon film e un cattivo film. Un buon film non si può definire in un modo standard, reale o irreale, perché se è veramente buono deve essere in grado di dare a ognuno di noi sensazioni diverse, proprio perché ognuno di noi è diverso.

«Per esempio, non posso affermare in assoluto che Darth Vader è cattivo. Per me lo può essere, invece per te può essere semplicemente uno che cerca l'ordine nell'Universo. E nessuno può contestare questa tua sensazione, proprio perché non è te».

Lei non ha girato molti film nella sua carriera, perché?

«Be', prima di tutto ho fatto tantissimi documentari, questo è infatti il modo con cui ho cominciato, durante la II Guerra Mondiale, girando documentari informativi per le truppe. Secondo, ho lavorato molto per la televisione, ma credo che a parte questo, il motivo principale sia che ho sempre cercato il meglio, e per trovarlo occorre sempre un certo tempo, poi perché non mi piace saltare troppo rapidamente da un film all'altro, preferisco riflettere sulle cose con una certa calma».

Quale è stata la sua reazione quando ha visto il film per la prima volta?

«Be', la prima volta è stata solo... (si consulta con Gary Kurtz, che ascolta con aria divertita) solo un mese fa, e anche allora il film non si poteva dire finito, perché c'erano colori da cambiare, una colonna sonora approssimativa e scene da correggere... Già, solo un mese fa, perché mentre si gira non si vede proprio un bel niente. Scena-nero-nero. Altra scena-nero.

«Comunque, tornando a quello che ho pensato, è stato: "Ma è terribile! Perché diavolo ho fatto quella scena in questo modo orripilante?". Insomma, mi sentivo proprio malissimo.

«Il punto è che il regista non dovrebbe mai vedere il proprio film finito», dice ridendo, «perché quello che lui vede non è mai la stessa cosa che vede il pubblico. Quando il regista guarda il film non lo guarda mai nella sua globalità, ma vede solo ed esclusivamente le scene che vorrebbe aver fatto in modo diverso.

«Se il protagonista è in quel momento sullo schermo, il pubblico sta guardando lui, ma ci potete scommettere che il regista sta osservando i lacci delle sue scarpe che si vedono e invece non dovrebbero esserci».

Ride di nuovo e aggiunge, scambiando con Kurtz un'occhiata soddisfatta: «Però per la prima volta il film mi è davvero piaciuto... Forse perché non ho visto nessun laccio di scarpe!».

Gary Kurtz, il produttore

Pensa di poter dirigere in futuro un altro episodio di Star Wars?

«No. Credo che Lucas abbia intenzione di cambiare regista a ogni episodio».

Ma se dovessero proporle di farlo?

«Non saprei, non posso dirlo adesso. E comunque mi spaventa un po' l'idea di essere impegnato per due anni con un solo film, mentre potrei farne almeno due. La mia reazione quando Lucas mi chiese di dirigere L'Impero colpisce ancora fu quella di esclamare: "Due anni?! Ma è un sacco di tempo!".

«Ma, dato che quel film aveva l'aria di diventare uno dei più grossi successi del secolo, decisi di mettere da parte le mie convinzioni. Mi pare di non essermi sbagliato, no?». E guarda Kurtz, che annuisce tranquillo.

Lei ha lavorato con attori piuttosto famosi, quali Richard Harris e Faye Dunaway. Come si è trovato con "i giovani" di Star Wars?

«Tra gli attori non può parlare di differenze sostanziali, semplicemente sono persone diverse, con diversi modi di recepire e ritrasmettere la parte. Due attori possono essere opposti in quanto a carattere e sentimenti, eppure rendere meravigliosamente bene la medesima parte.

«Quello che posso dire è che lavorare con una star di prima grandezza ti impegna moltissimo, i tuoi occhi. le tue attenzioni devono essere sempre rivolte a lei, attento a non creare il minimo appiglio per un problema. Mi sono trovato molto bene con quelli di Star Wars, abbiamo lavorato insieme per parecchio tempo, e con una certa tranquillità, penso da entrambe le parti».

Cosa ne pensa di loro?

«Che sono tutti molto in gamba.

«Prendiamo Harrison, per esempio. Lui pensa a tutto quello che deve fare come se fosse vero. Lui pensa molto, ragiona su tutto quello che assorbe, ma la reazione parte da qui (indica il cuore). Si cala nel personaggio come se fosse reale, ci crede, anche se inizia non credendo a niente, perché la mente non crede mai, è il cuore a credere. È molto virile, molto forte, con opinioni precise, molto testardo, e infine molto istintivo. La miglior combinazione, per un attore. Discute tutto, non accetta niente come scontato, deve arrivarci solo attraverso se stesso.

«Mark ha un'enorme tecnica, veramente straordinaria per un giovane della sua età, e una grande mimica. È in grado di tirar fuori emozioni vere in pochi istanti, semplicemente guardando dentro se stesso e ricordando cose accadute. Una tecnica davvero incredibile, quale non avrei mai pensato di trovare.

«Carrie. Carrie Fisher è un mimo straordinario, è capace di mimare qualsiasi cosa e imitare qualsiasi persona. Ha anche un grande controllo della voce ed è molto istintiva, mentre manca di tecnica. Malgrado sia così giovane la trovo molto elegante e molto abituata alla scena, forse perché i suoi genitori erano entrambi attori.

«Billy Dee: ha calcato le scene per diverso tempo a New York, ed è stato un addestramento straordinario. È uno che si è sempre arrangiato da solo, ama creare un tipo di personaggio forte, apparentemente freddo, che riserva le emozioni per un particolare momento, e quando il momento arriva, zac!, ognuno lo può leggere nei suoi occhi. La recitazione, nel cinema, spesso inizia proprio dagli occhi, e Billy Dee è veramente fantastico.

«Ricordi la scena nella sala del congelamento, quando Han Solo viene calato nel cilindro del carboni? ci sono tre primi piani degli occhi di Lando Carlissian, nei quali si può leggere il dolore, l'impotenza di non essere in grado di aiutarlo, milioni di cose».

Il suo lavoro su The Empire Strikes Back è stato completamente indipendente o era in qualche modo assoggettato al modo di vedere il film di George Lucas?

«Questo film è la seconda parte di una cosa già iniziata, ed è facile rendersi conto che per avere successo non avrebbe dovuto violentare nel modo più assoluto lo stile del primo, ma ho sentito che avrei potuto fare molto con l'interpretazione, per renderlo più fresco, persino più bello del precedente, a costo di sembrare arrogante. Ho rispettato i personaggi nel modo più assoluto, ma quello che ho fatto è scoprire la gamma di sentimenti di ciascun personaggio, cosa che non era stata possibile nel primo film, potenziare lo humor e la suspense, e mantenere una certa economia, non intesa come risparmio di denaro, ma in termine di scene. Molte cose cioè in pochi secondi, avvenimenti molto concentrati, in modo da non appesantire lo stile.

«Trovo anche che in questo quinto episodio ci sia un diverso tipo di umorismo: mentre nel primo film il divertimento era affidato in massima parte alla mimica, in questo secondo si basa molto su gag e battute tra i personaggi, il tutto senza cambiare di una virgola lo stile di Star Wars».

4 commenti:

  1. "Certo, Luke è sempre stato innamorato di Leia"
    Questa frase è ormai un meme XD

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    1. Probabilmente nessuno li aveva ancora avvertiti di essere (SPOILER) fratello e sorella.

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  2. Ho letto quest'intervista con mostruoso ritardo, ma me la sono veramente goduta :)
    Grazie Andrea per i tuoi articoli sempre splendidi.
    Un caro saluto.

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    1. Ciao Orlando, felice di leggerti! Spero prima o poi di poter produrre anche qualcosa di originale. In un impeto di egocentrismo (!) stavo scrivendo un post sul perché dall'anno scorso ho smesso di leggere fumetti, ma poi ho cestinato il tutto... Vedremo. Un saluto.

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