tag:blogger.com,1999:blog-59932439636477442342024-03-14T06:02:18.628+01:00Atari, magari...Un viaggio obliquo nel prossimo passatoAndreaPhttp://www.blogger.com/profile/16469452467698698115noreply@blogger.comBlogger29125tag:blogger.com,1999:blog-5993243963647744234.post-73904061313042235622019-12-28T15:22:00.007+01:002021-01-17T19:10:23.545+01:00Il decennio alle spalle<i><b>di Andrea Pachetti</b></i><br />
<i><b><br />
</b></i> <br />
<table cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto; text-align: center;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="https://1.bp.blogspot.com/-jvy-n-FI50Y/XgdkCK9-nwI/AAAAAAAAEE8/UKObMREI9f8iWfzzQ2eEVl0bqC9LF81egCLcBGAsYHQ/s1600/fda-biblioteca.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="511" data-original-width="650" src="https://1.bp.blogspot.com/-jvy-n-FI50Y/XgdkCK9-nwI/AAAAAAAAEE8/UKObMREI9f8iWfzzQ2eEVl0bqC9LF81egCLcBGAsYHQ/s1600/fda-biblioteca.jpg" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;"><span style="background-color: white; font-family: "georgia" , "times" , "times new roman" , serif; font-size: 13px;">Fonte (Harrison/Getty Images)</span></td></tr>
</tbody></table>
<br />
Tornare in una casa disabitata da anni è sempre complicato, si finisce per perdere un sacco di tempo tra pulizie e lavori vari: di volta in volta bisogna notare quello che purtroppo si è rovinato irrimediabilmente a causa della muffa, quello che può essere salvato, ciò che si può gettare nell'immondizia e ciò che ha senso conservare ancora.<br />
<br />
Forse vale lo stesso anche per una casa <i>virtuale</i>, di cui conviene accettare senza troppi convenevoli l'inevitabile obsolescenza; le ragnatele in cui si viene avvolti rileggendo tutto quello che ha ormai poco signifcato, che è sorpassato e divenuto inutile. Arriva sempre, prima o poi, il momento in cui una casa della memoria diventa per forza di cose anche una casa dell'oblio.<br />
<br />
<a name='more'></a>La tentazione è sempre quella, mettersi di fronte a un bivio e scegliere tra due percorsi: il primo conduce verso il futuro, dopo essersi lasciati alle spalle le rovine e le macerie senza troppi pensieri. Il secondo invece verso una sorta di simbolico <i>seppuku</i>, legato alla cancellazione rituale dei contenuti, una forma di demolizione controllata; un'operazione che però sarebbe poco rispettosa nei confronti del passato e dei lettori, senza contare la fatica che <a href="https://atarimagari.blogspot.com/2015/12/star-wars-o-meglio-guerre-stellari-nel.html">certi scritti</a> hanno richiesto. E <a href="https://atarimagari.blogspot.com/2014/06/il-lovecraft-dimenticato-della-rai-tra.html">la soddisfazione</a> comunque legata a questa fatica, che sarebbe spiacevole non ricordare.<br />
<br />
C'è forse una terza via, allora: mettersi sul ciglio della strada, cercare una roccia abbastanza piatta e sedersi, aspettando.<br />
<br />
Quando, dopo una decina d'anni di completo silenzio, attorno al 2006 avevo ricominciato a seguire il mercato dei fumetti in modo continuativo, avevo ritrovato più o meno le stesse cose lasciate in precedenza: un sacco di giornalini economici tra cui scegliere, la fumetteria <i>vecchio stampo</i> con gli scatoloni di spillati da consultare, un nuovo gruppo di amici con cui commentare le uscite settimanali. A questo si aggiungevano i forum, che avevano in qualche modo sostituito le vecchie <i>fanzine</i>.<br />
<br />
Poi l'arrivo degli anni Dieci, con la presenza sempre più preponderante dei <i>social network</i> come unico sfogo al commento e alla critica, per non parlare della creazione (a volte forzata) di personalità di successo sempre più legate all'ego personale e alla sfera privata messa in mostra, piuttosto che alla qualità di quello che veniva detto o scritto. La scomparsa del lettore in quanto tale, sostituito da una figura al confine tra il fan esagitato e l'addetto ai lavori (che sarà poi definita <i>nerd</i>), il cui unico scopo nella vita è in fondo farsi assumere da qualche editore, farsi pagare per delle recensioni ammiccanti, oppure in subordine ricevere almeno qualche volume in regalo di cui parlare.<br />
<br />
Lo stesso succedeva ovviamente anche ai tempi dei forum e delle fanzine, ci mancherebbe, ma ogni limite si è forse davvero superato nel momento in cui l'unico atto vincente è diventato fare una foto gradevole al volume di turno e dire che si tratta di qualcosa di bellissimo, prima di passare alla prossima storia di <i>Instagram</i> dove c'è un altro libro "ancora più bellissimo" del precedente; nel flusso delle varie immagini che scorrono rapidamente c'è sempre almeno una tazza di tisana, una candela profumata, una coperta calda, dei fiorellini o delle foglie secche.<br />
<br />
<i>Nerd</i>, dicevamo. La crescita esponenziale dei siti nerd-qualcosa è solo una delle tante piaghe che potrebbero essere elencate per descrivere questo periodo disgraziato, con il loro carico di <i>nerd</i> magliette, <i>nerd</i> tazze, culture <i>nerd</i>; è arrivata la città <i>nerd</i>, il paese <i>nerd</i>, il mondo di <i>nerd</i>, la <i>nerd</i> galassia, l'universo <i>nerd</i>. È così bello, finalmente, che delle figure marginali possano sentirsi importanti e considerate, al centro della realtà dei consumi, come delle comparse secondarie ma ben pagate di <i>The Big Bang Theory</i>.<br />
<br />
Gli editori che una volta si contendevano l'attenzione dei lettori, adesso cercano piuttosto di elemosinarla attraverso l'obolo sempre più consistente offerto a qualche improvvisato <i>influencer</i>, in un mondo in cui la simpatia ha sostituito la competenza, in cui tutti hanno imbracciato dei megafoni più o meno rumorosi e sono diventati non divulgatori, ma interessati imbonitori. Anche gli autori, che hanno avuto successo in questi ultimi anni quando hanno iniziato a vendere se stessi al posto dei loro prodotti, come dei sofisticati piazzisti dell'immaginario.<br />
<br />
È un mondo incredibile e frenetico in cui talvolta è difficile sentirsi a proprio agio, nel quale prima o poi è inevitabile rimanere ai margini, come fuori dal tempo. Sarebbe dunque semplice (ma anche molto stupido) iniziare ad arrabbiarsi per queste facezie come fanno molti, tutti quelli cioè che passano il loro tempo a dire che i nuovi film di <i>Guerre Stellari</i> sono orrendi (!) oppure che <i>Dylan Dog</i> non è più "quello di una volta": è meglio, piuttosto, stare in silenzio e imparare di nuovo a fare il semplice lettore, il lettore qualunque.<br />
<br />
C'è quindi una terza via, allora: mettersi sul ciglio della strada, cercare una roccia sufficientemente comoda e sedersi, aspettando. E, dopo aver aspettato abbastanza, iniziare a camminare nel bosco che si affaccia in mezzo ai due sentieri.<br />
<br />
<i>Dedicato agli amici purtroppo scomparsi in questo 2019; alla "mia" fumetteria, chiusa nel 2016.</i>AndreaPhttp://www.blogger.com/profile/16469452467698698115noreply@blogger.com4tag:blogger.com,1999:blog-5993243963647744234.post-40582051553339126622017-01-06T16:09:00.002+01:002021-01-16T14:31:04.324+01:00Interviste da L'impero colpisce ancora (Aliens, 1980)<b><i>di Andrea Pachetti</i></b><br />
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<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://1.bp.blogspot.com/-SWhOJCNDqZ0/WG-wO_ENbvI/AAAAAAAADf8/aMd7kksW1ko-W9-Ku9C7JaPSoRS-PHPfwCLcB/s1600/aliens_9_10.JPG" imageanchor="1" style="clear: right; float: right; margin-bottom: 1em; margin-left: 1em;"><img border="0" height="400" src="https://1.bp.blogspot.com/-SWhOJCNDqZ0/WG-wO_ENbvI/AAAAAAAADf8/aMd7kksW1ko-W9-Ku9C7JaPSoRS-PHPfwCLcB/s400/aliens_9_10.JPG" width="292" /></a></div>Avevo dedicato la parte finale del 2015 ad <a href="https://atarimagari.blogspot.it/2015/12/star-wars-o-meglio-guerre-stellari-nel.html">approfondire l'arrivo di Guerre Stellari in Italia</a>. Rileggendo l'articolo in questione e riflettendo sul nuovo <i>Rogue One</i>, mi sono accorto di quanto ci sia bisogno di recuperare la vecchia documentazione sulla trilogia originale e renderla fruibile per le nuove generazioni: in particolare, ho notato che alcuni degli articoli presentati nella bibliografia non sono più disponibili per la lettura, dato che <a href="http://archivio.unita.it/">l'Archivio Storico de L'Unità</a> è andato purtroppo offline e al momento non ci sono notizie di un suo ripristino.<br />
<br />
Questa notizia spiacevole mi ha fatto pensare a quanto sia importante, in fondo, l'opera di recupero del "passato prossimo" effettuata da piccole realtà come questa, in un'epoca in cui ormai sembrano regnare solo l'aleatorio e il temporaneo.<br />
<br />
Vista la situazione, mi sono convinto a rendere disponibile una parte dello speciale su <i>L'Impero colpisce ancora</i>, di cui avevo parlato nei commenti: curato da <b>Ketty De Chirico</b>, era stato pubblicato sull'ultimo numero (il 9/10) dell'ottima rivista <i>Aliens</i> dell'<a href="https://it.wikipedia.org/wiki/Armenia_Edizioni">Armenia Editore</a>.<br />
<br />
<a name='more'></a>Oltre alle interviste che qui presentiamo c'era una lunga parte introduttiva che descriveva approfonditamente la trama e che oggi risulta superflua: la De Chirico, per raccogliere le impressioni del cast e del regista, aveva assistito all'anteprima londinese del film, il 6 maggio 1980 al Dominion Theatre, commentando così l'attesa per il nuovo episodio della saga che aveva ormai già appassionato milioni di persone:<br />
<br />
<blockquote class="tr_bq"><i>«Giornalisti, operatori cinematografici, curiosi, chiunque fosse riuscito a procurarsi un invito, tutti lì ad aspettare e a chiedersi quale altra diavoleria, Lucas, lo stregone, avrebbe estratto dal calderone. E parlando di maghi non siamo troppo lontani dall'atmosfera del film che ha preso una decisa svolta verso la fantasy più che la fantascienza, o meglio, verso quelli che il suo stesso creatore definisce "folk and fantasy tales"»</i></blockquote><br />
Un'altra opinione a suffragio delle <a href="https://atarimagari.blogspot.it/2015/12/star-wars-o-meglio-guerre-stellari-nel.html">nostre affermazioni di due anni fa</a>, sulla visione di <i>Star Wars</i> come ciclo fiabesco/mitico e non come saga di fantascienza. Per quanto riguarda l'Italia, l'<i>Impero colpisce ancora</i> venne presentato in anteprima alla Mostra del Cinema di Venezia nell'agosto del 1980 e poi uscì nei cinema a metà settembre. Gli articoli presentati su <i>Aliens</i> ne anticipavano dunque la visione.<br />
<br />
Questo recupero è dedicato alla memoria di <b>Carrie Fisher</b> (1956-2016).<br />
<br />
<div style="text-align: center;">***</div><div style="color: white;">Ho copiato e incollato senza permesso questo testo dal sito Atari Magari e sono un povero scemo</div><b><u>MARK HAMILL</u></b><br />
<br />
<table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto; text-align: center;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="https://1.bp.blogspot.com/-Fe7wd5wzG3w/WG-oviYzHkI/AAAAAAAADfU/4ZNTFzzEQwYloxF1d4aQbymHDD-ZZ6o1QCLcB/s1600/hamill.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" height="366" src="https://1.bp.blogspot.com/-Fe7wd5wzG3w/WG-oviYzHkI/AAAAAAAADfU/4ZNTFzzEQwYloxF1d4aQbymHDD-ZZ6o1QCLcB/s640/hamill.jpg" width="640" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">Mark Hamill durante l'intervista</td></tr>
</tbody></table><br />
Biondo, un'incredibile aria da ragazzino malgrado i suoi ventotto anni, sempre pronto a ridere e a raccontare storielle buffe, Mark Hamill pareva molto fiero di sé e soprattutto del personaggio-protagonista di <i>The Empire Strikes Back</i>.<br />
<br />
«Lucas ha puntato molto su Luke», ci dice, «è il personaggio in cui si riconosce di più, quello maggiormente vicino al su modo di essere, il depositario della Forza, l'eroe».<br />
<br />
<b>Sei soddisfatto del nuovo Luke?</b><br />
<br />
«Sì, molto, anche per una questione di orgoglio personale. È stato molto più difficile del precedente, più impegnativo, e io l'ho presa come una specie di sfida con me stesso. Avete visto la quantità di strane acrobazie che devo fare nel film. Be', non è stato facile. Per mesi e mesi mi sono esercitato nelle discipline più strane, compreso nuoto, kendo, karate e scherma. Non credevo di farcela in così breve tempo, ma ci sono riuscito».<br />
<br />
<b>Hai usato controfigure nel film?</b><br />
<br />
«No, questa è un'altra cosa di cui sono fiero. Quasi tutte le scene in cui sarebbero serviti stuntman le ho fatte io, soprattutto perché penso che un attore, per essere completo, debba essere in grado di fare di tutto, anche rischiare personalmente. Il tutto fino a un certo limite, naturalmente. Infatti l'assicurazione non mi ha permesso di girare una scena che riteneva particolarmente rischiosa, anche se io ero d'accordissimo nel farla: quella in cui Luke si getta attraverso quella finestra circolare per sfuggire all'influsso di Darth Vader».<br />
<br />
<b>Quali sono le differenze più evidenti tra il Luke Skywalker di <i>Star Wars</i> e quello di <i>The Empire Strikes Back</i>?</b><br />
<br />
«Be', direi che la cosa principale è che siamo cresciuti entrambi», sorride Mark. «Nel primo film Luke è un ragazzino imberbe e inesperto, calato all'improvviso in un ambiente che non è il suo, alle prese con forze troppo grandi per lui e scaraventato verso avventure sbalorditive in diverse parti della Galassia.<br />
<br />
«In questo abbiamo molti punti in comune, e mi è servito molto per capire le sensazioni di Luke, quando mi sono trovato trascinato su e giù dall'Africa all'Inghilterra, durante le riprese, io che ero a malapena stato fuori dalla California.<br />
<br />
«Per il secondo film ho dovuto viaggiare di nuovo, fino in Norvegia, poi ancora in Inghilterra.<br />
<br />
«Come Luke ha imparato a conoscere se stesso attraverso l'apprendimento dei primi rudimenti della Forza, credo di essere diventato anch'io una persona molto diversa, con più esperienze umane, da quello che ero quando iniziai a lavorare con Lucas. Mi sono anche sposato e ho un bambino di dieci mesi, Nathan Elias».<br />
<br />
<b>Molti si aspettavano che fosse Luke a conquistare la Principessa, invece l'ha spuntata Han Solo. Tu te lo aspettavi o no?</b><br />
<br />
«Veramente non mi ero posto il problema. Certo, Luke è sempre stato innamorato di Leia, fin dalla prima volta che la vide, proiettata nell'hangar da R2D2, ma probabilmente Han Solo aveva più possibilità già in partenza di conquistare la Principessa perché più navigato ed esperto in quel genere di cose.<br />
<br />
«E comunque mi pare che in quest'ultimo film, Skywalker abbia già abbastanza problemi personali da affrontare, senza <a href="http://www.treccani.it/vocabolario/impegolare/">impegolarsi</a> in faccende sentimentali, non credi?».<br />
<u><b><br />
</b></u> <u><b>CARRIE FISHER</b></u><br />
<br />
<table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto; text-align: center;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="https://1.bp.blogspot.com/-D2JoytzWkjE/WG-pCmf3ECI/AAAAAAAADfY/aEJfQ67dF98pwaPYte9-hclFQiqdqKPdgCLcB/s1600/fisher.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" height="448" src="https://1.bp.blogspot.com/-D2JoytzWkjE/WG-pCmf3ECI/AAAAAAAADfY/aEJfQ67dF98pwaPYte9-hclFQiqdqKPdgCLcB/s640/fisher.jpg" width="640" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">Carrie Fisher al party della 20th Century Fox</td></tr>
</tbody></table><br />
Non molto alta, minuta, con profondi occhi scuri, Carrie Fisher appare molto diversa dall'altera Principessa Leia.<br />
<br />
«Be', lo sono, in effetti», sorride, e sembra molto più giovane di quanto già è. «Io sono estremamente semplice, anche se ogni tanto, mi dicono, pungo come lei».<br />
<br />
Carrie, che vive a New York, ha respirato aria di cinema e di teatro fin da quando è nata. Era piccolissima, infatti, e già seguiva sua madre, Debbie Reynolds, sui palcoscenici dell'America. Aveva 17 anni quando, grazie alla sua partecipazione al film Shampoo con Warren Beatty, fu proclamata la "Nuova Promessa dell'anno".<br />
<br />
Dopo <i>Star Wars</i> non ha lavorato molto, ma è giovane, e Kershner assicura che non le mancano certo le carte per avere successo.<br />
<br />
<b>Come ti sei trovata in questo nuovo ruolo della Principessa Leia?</b><br />
<br />
«Molto bene, soprattutto perché in questa seconda parte sono evidenziati i sentimenti e il carattere del personaggio. Se intendi invece dal punto di vista tecnico, ti dico subito che è stato molto faticoso; tutte quelle ore in posa, specialmente le riprese nel Millennium Falcon e quelle di spalle, per me sono micidiali. Comunque, è lo stesso problema che avevo avuto in <i>Star Wars»</i>.<br />
<br />
<b>Che cosa ne pensi della relazione tra Leia e Han Solo?</b><br />
<br />
«Oh, a me sta benissimo. Era abbastanza logico che fosse lui a conquistarla. Lei è prima di tutto una donna, un tipo di cose in cui Han mi sembra più esperto che non Luke».<br />
<b><br />
</b> <b>Tu sei d'accordo con la scelta di Leia?</b><br />
<br />
«Non saprei di preciso. Ognuno di loro ha lati positivi. Luke è profondamente buono, leale e dolce, però è troppo ingenuo, non dà molto affidamento per certe cose. Han è molto virile, molto maschio, in più ha un certo gusto, che Leia condivide, per l'umorismo - cosa che a Luke manca del tutto - però è troppo spavaldo e molto incosciente, troppo per i miei gusti. Credo che l'ideale sarebbe un uomo con i pregi di ciascuno dei due».<br />
<b><br />
</b> <b>Ti sembra che la Principessa sia un personaggio femminista?</b><br />
<br />
«Non so esattamente se sia femminista, quello che è certo è che è un carattere molto forte, che sa esattamente quello che vuole».<br />
<br />
<b><u>HARRISON FORD</u></b><br />
<br />
<table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto; text-align: center;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="https://3.bp.blogspot.com/-mHFGxx6ccJ0/WG-pJtMvRAI/AAAAAAAADfc/4MMWpUR8paQXTqnolk6bhK6n9-wnWv12gCLcB/s1600/ford.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" height="407" src="https://3.bp.blogspot.com/-mHFGxx6ccJ0/WG-pJtMvRAI/AAAAAAAADfc/4MMWpUR8paQXTqnolk6bhK6n9-wnWv12gCLcB/s640/ford.jpg" width="640" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">I due protagonisti maschili del film</td></tr>
</tbody></table><br />
È forse quello che meno somiglia al proprio personaggio: tanto spaccone, provocatorio e beffardo è Han Solo, tanto serio, riservato, corretto è Harrison Ford.<br />
<br />
Trentotto anni, americano nato a Chicago, ma trasferitosi in California, Ford ha lavorato parecchio nel cinema e in televisione, sia prima che dopo il successo di Guerre Stellari.<br />
<br />
È l'unico del terzetto che ha al proprio attivo film con registi famosi: due con Coppola, tre con Lucas, uno con Aldrich. Ti guarda e aspetta le domande con l'aria tranquilla di quello che non ha mai avuto dubbi sul successo dei film in cui ha recitato.<br />
<br />
<b>Ti aspettavi che il personaggio di Han Solo avesse un così grosso successo?</b><br />
<br />
«Sì».<br />
<br />
<b>Già fino da <i>Star Wars</i>?</b><br />
<br />
«Sì, perché è il personaggio migliore, il più semplice, quello più vicino alla nostra mentalità. Luke Skywalker è l'eroe, il puro, e non è facile immedesimarsi con un personaggio del genere, non oggi, probabilmente Han Solo è più contemporaneo».<br />
<br />
<b>Sai che quando si è sparsa la voce che non avresti firmato per il terzo film, e di conseguenza il personaggio di Han Solo doveva in qualche modo scomparire in <i>The Empire Strikes Back</i>, si sono avute, soprattutto sui giornali americani, un mucchio di proteste?</b><br />
<br />
<i>(scoppia a ridere divertito, ma credo anche un po' orgoglioso) </i>«No, non lo sapevo. Non ho molto tempo per leggere i giornali specializzati, ma può darsi che Lucas l'abbia saputo, dato che adesso ho firmato».<br />
<br />
<b>Sei un appassionato di fantascienza come Lucas o Mark Hamill?</b><br />
<br />
«No, non avevo mai avuto alcun contatto con questo genere prima di Star Wars. Film ne avevo visti pochi, e da ragazzo, perché adesso non riesco neppure a vedere quelli in cui lavoro».<br />
<br />
<b>La tua famiglia che cosa ne pensa di <i>Star Wars</i> e seguiti vari?</b><br />
<br />
«Be', attualmente sono separato da mia moglie, e in quanto ai miei figli Ben e Willard <i>(sembra strano ma non hanno la minima attinenza <a href="https://it.wikipedia.org/wiki/Willard_e_i_topi">con i famosi film sui topi</a>... Harrison giura di non averli mai visti) </i>sono naturalmente felicissimi di quello che faccio. Hanno l'età in cui si apprezza maggiormente questo tipo di film, 11 e 13 anni».<br />
<br />
<b>Il finale di questo film lascerà un po' di amaro ai fans di Han Solo, e soprattutto una gran voglia di vedere l'ultimo episodio della trilogia.</b><br />
<br />
«Già, è un finale fatto ad arte per creare l'attesa, ma anche per creare uno spazio per personaggi che avranno maggior risalto nel prossimo episodio; Lando Carlissian, per esempio, che in <i>The Empire Strikes Back</i> è appena abbozzato, o Boba Fett che immagino prima o poi Han Solo debba affrontare. In quanto ai fan di Han Solo, temo che abbiano i soliti due anni da aspettare. Le riprese del VI episodio inizieranno ad agosto, a Elstree, poi non so ancora dove ci sposteremo per gli esterni, dipende da cosa escogita Lucas nel frattempo».<br />
<br />
<b>C'è già un titolo provvisorio?</b><br />
<br />
«Mhm... Queste cose è meglio chiederle a Mark. Lui ricorda esattamente qualsiasi cosa, basta che gliela dicano una volta. Io proprio non ci riesco».<br />
<i>(Il titolo provvisorio dell'ultima parte della trilogia è The Revenge of a Jedi.)</i><br />
<br />
<b>Abbiamo notato che nel film alcune battute, specialmente quelle riguardanti Han Solo, sono diverse dal copione. Sappiamo che spesso improvvisi durante le scene, lo hai fatto anche questa volta?</b><br />
<br />
<i>(Ride di nuovo)</i> «Può darsi che siano diverse per un motivo molto semplice: che non mi ricordo mai le battute!<br />
<br />
«No, sto scherzando. In effetti mi capita di cambiare qualche cosa, d'accordo con il regista, naturalmente perché, immedesimandomi nel personaggio, mi rendo conto che la sua reazione può essere diversa da quella del copione, e mi regolo di conseguenza. In Star Wars ha funzionato, e spero accada la stessa cosa anche in The Empire Strikes Back».<br />
<br />
<b><u>IRVIN KERSHNER</u></b><br />
<br />
<table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto; text-align: center;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="https://4.bp.blogspot.com/-ZvW1pgfTzCI/WG-pQKA24gI/AAAAAAAADfg/ATWqyM6mR5QdQXFggy4e4k9Yd8NQ5BY5gCLcB/s1600/kershner.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" height="390" src="https://4.bp.blogspot.com/-ZvW1pgfTzCI/WG-pQKA24gI/AAAAAAAADfg/ATWqyM6mR5QdQXFggy4e4k9Yd8NQ5BY5gCLcB/s640/kershner.jpg" width="640" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">Irvin Kershner, il regista</td></tr>
</tbody></table><br />
La prima impressione che Irvin Kershner ha fatto sulla maggior parte di noi, è stata quella di spingerci a pensare: «E questo che diavolo ci fa qui?»<br />
<br />
Alto, serio, con i pochi capelli grigi, la barba e il pizzetto, pareva molto più adatto a un film su Don Chisciotte che a una saga stellare, ma appena abbiamo iniziato a parlare con lui, i suoi 57 anni sono calati di colpo allo stesso livello d'età dei vari Kurtz, Lucas, eccetera.<br />
<br />
Ha iniziato subito col dire di aver sempre desiderato di fare un film di fantascienza, anche perché è un vecchio appassionato del genere, ma di non essere mai stato in grado di trovare qualche cosa di soddisfacente per iniziare. Lucas gli ha fornito l'occasione che aspettava e non se la è fatta scappare.<br />
<br />
<b>I suoi film più noti sono <i><a href="http://www.imdb.com/title/tt0077530/">Occhi di Laura Mars</a></i> e <i><a href="http://www.imdb.com/title/tt0075132/">Il ritorno dell'uomo chiamato Cavallo</a></i>, due film molto diversi da <i>L'Impero colpisce ancora</i>. Preferisce lavorare su film che hanno almeno una parvenza di realtà o su altri, tipo quest'ultimo, assolutamente irreali?</b><br />
<br />
«Non faccio differenze di questo tipo. L'unica diversità che sento è quella tra un buon film e un cattivo film. Un buon film non si può definire in un modo standard, reale o irreale, perché se è veramente buono deve essere in grado di dare a ognuno di noi sensazioni diverse, proprio perché ognuno di noi è diverso.<br />
<br />
«Per esempio, non posso affermare in assoluto che Darth Vader è cattivo. Per me lo può essere, invece per te può essere semplicemente uno che cerca l'ordine nell'Universo. E nessuno può contestare questa tua sensazione, proprio perché non è te».<br />
<br />
<b>Lei non ha girato molti film nella sua carriera, perché?</b><br />
<br />
«Be', prima di tutto ho fatto tantissimi documentari, questo è infatti il modo con cui ho cominciato, durante la II Guerra Mondiale, girando documentari informativi per le truppe. Secondo, ho lavorato molto per la televisione, ma credo che a parte questo, il motivo principale sia che ho sempre cercato il meglio, e per trovarlo occorre sempre un certo tempo, poi perché non mi piace saltare troppo rapidamente da un film all'altro, preferisco riflettere sulle cose con una certa calma».<br />
<br />
<b>Quale è stata la sua reazione quando ha visto il film per la prima volta?</b><br />
<br />
«Be', la prima volta è stata solo... <i>(si consulta con Gary Kurtz, che ascolta con aria divertita)</i> solo un mese fa, e anche allora il film non si poteva dire finito, perché c'erano colori da cambiare, una colonna sonora approssimativa e scene da correggere... Già, solo un mese fa, perché mentre si gira non si vede proprio un bel niente. Scena-nero-nero. Altra scena-nero.<br />
<br />
«Comunque, tornando a quello che ho pensato, è stato: "Ma è terribile! Perché diavolo ho fatto quella scena in questo modo orripilante?". Insomma, mi sentivo proprio malissimo.<br />
<br />
«Il punto è che il regista non dovrebbe mai vedere il proprio film finito», dice ridendo, «perché quello che lui vede non è mai la stessa cosa che vede il pubblico. Quando il regista guarda il film non lo guarda mai nella sua globalità, ma vede solo ed esclusivamente le scene che vorrebbe aver fatto in modo diverso.<br />
<br />
«Se il protagonista è in quel momento sullo schermo, il pubblico sta guardando lui, ma ci potete scommettere che il regista sta osservando i lacci delle sue scarpe che si vedono e invece non dovrebbero esserci».<br />
<br />
Ride di nuovo e aggiunge, scambiando con Kurtz un'occhiata soddisfatta: «Però per la prima volta il film mi è davvero piaciuto... Forse perché non ho visto nessun laccio di scarpe!».<br />
<br />
<table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto; text-align: center;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="https://3.bp.blogspot.com/-uHMJkBHWu-w/WG-pXcpj1mI/AAAAAAAADfo/GUU8vQFcZ2YFz3nc7Ob_4eYZb85kp0SvgCLcB/s1600/kurtz.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" height="380" src="https://3.bp.blogspot.com/-uHMJkBHWu-w/WG-pXcpj1mI/AAAAAAAADfo/GUU8vQFcZ2YFz3nc7Ob_4eYZb85kp0SvgCLcB/s640/kurtz.jpg" width="640" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">Gary Kurtz, il produttore</td></tr>
</tbody></table><br />
<b>Pensa di poter dirigere in futuro un altro episodio di <i>Star Wars</i>?</b><br />
<br />
«No. Credo che Lucas abbia intenzione di cambiare regista a ogni episodio».<br />
<br />
<b>Ma se dovessero proporle di farlo?</b><br />
<br />
«Non saprei, non posso dirlo adesso. E comunque mi spaventa un po' l'idea di essere impegnato per due anni con un solo film, mentre potrei farne almeno due. La mia reazione quando Lucas mi chiese di dirigere <i>L'Impero colpisce ancora</i> fu quella di esclamare: "Due anni?! Ma è un sacco di tempo!".<br />
<br />
«Ma, dato che quel film aveva l'aria di diventare uno dei più grossi successi del secolo, decisi di mettere da parte le mie convinzioni. Mi pare di non essermi sbagliato, no?». E guarda Kurtz, che annuisce tranquillo.<br />
<br />
<b>Lei ha lavorato con attori piuttosto famosi, quali Richard Harris e Faye Dunaway. Come si è trovato con "i giovani" di <i>Star Wars</i>?</b><br />
<br />
«Tra gli attori non può parlare di differenze sostanziali, semplicemente sono persone diverse, con diversi modi di recepire e ritrasmettere la parte. Due attori possono essere opposti in quanto a carattere e sentimenti, eppure rendere meravigliosamente bene la medesima parte.<br />
<br />
«Quello che posso dire è che lavorare con una star di prima grandezza ti impegna moltissimo, i tuoi occhi. le tue attenzioni devono essere sempre rivolte a lei, attento a non creare il minimo appiglio per un problema. Mi sono trovato molto bene con quelli di <i>Star Wars</i>, abbiamo lavorato insieme per parecchio tempo, e con una certa tranquillità, penso da entrambe le parti».<br />
<br />
<b>Cosa ne pensa di loro?</b><br />
<br />
«Che sono tutti molto in gamba.<br />
<br />
«Prendiamo Harrison, per esempio. Lui pensa a tutto quello che deve fare come se fosse vero. Lui pensa molto, ragiona su tutto quello che assorbe, ma la reazione parte da qui <i>(indica il cuore)</i>. Si cala nel personaggio come se fosse reale, ci crede, anche se inizia non credendo a niente, perché la mente non crede mai, è il cuore a credere. È molto virile, molto forte, con opinioni precise, molto testardo, e infine molto istintivo. La miglior combinazione, per un attore. Discute tutto, non accetta niente come scontato, deve arrivarci solo attraverso se stesso.<br />
<br />
«Mark ha un'enorme tecnica, veramente straordinaria per un giovane della sua età, e una grande mimica. È in grado di tirar fuori emozioni vere in pochi istanti, semplicemente guardando dentro se stesso e ricordando cose accadute. Una tecnica davvero incredibile, quale non avrei mai pensato di trovare.<br />
<br />
«Carrie. Carrie Fisher è un mimo straordinario, è capace di mimare qualsiasi cosa e imitare qualsiasi persona. Ha anche un grande controllo della voce ed è molto istintiva, mentre manca di tecnica. Malgrado sia così giovane la trovo molto elegante e molto abituata alla scena, forse perché i suoi genitori erano entrambi attori.<br />
<br />
«Billy Dee: ha calcato le scene per diverso tempo a New York, ed è stato un addestramento straordinario. È uno che si è sempre arrangiato da solo, ama creare un tipo di personaggio forte, apparentemente freddo, che riserva le emozioni per un particolare momento, e quando il momento arriva, zac!, ognuno lo può leggere nei suoi occhi. La recitazione, nel cinema, spesso inizia proprio dagli occhi, e Billy Dee è veramente fantastico.<br />
<br />
«Ricordi la scena nella sala del congelamento, quando Han Solo viene calato nel cilindro del carboni? ci sono tre primi piani degli occhi di Lando Carlissian, nei quali si può leggere il dolore, l'impotenza di non essere in grado di aiutarlo, milioni di cose».<br />
<br />
<b>Il suo lavoro su <i>The Empire Strikes Back </i>è stato completamente indipendente o era in qualche modo assoggettato al modo di vedere il film di George Lucas?</b><br />
<br />
«Questo film è la seconda parte di una cosa già iniziata, ed è facile rendersi conto che per avere successo non avrebbe dovuto violentare nel modo più assoluto lo stile del primo, ma ho sentito che avrei potuto fare molto con l'interpretazione, per renderlo più fresco, persino più bello del precedente, a costo di sembrare arrogante. Ho rispettato i personaggi nel modo più assoluto, ma quello che ho fatto è scoprire la gamma di sentimenti di ciascun personaggio, cosa che non era stata possibile nel primo film, potenziare lo humor e la suspense, e mantenere una certa economia, non intesa come risparmio di denaro, ma in termine di scene. Molte cose cioè in pochi secondi, avvenimenti molto concentrati, in modo da non appesantire lo stile.<br />
<br />
«Trovo anche che in questo quinto episodio ci sia un diverso tipo di umorismo: mentre nel primo film il divertimento era affidato in massima parte alla mimica, in questo secondo si basa molto su gag e battute tra i personaggi, il tutto senza cambiare di una virgola lo stile di <i>Star Wars</i>».AndreaPhttp://www.blogger.com/profile/16469452467698698115noreply@blogger.com4tag:blogger.com,1999:blog-5993243963647744234.post-72513801370079171012016-10-04T18:48:00.011+02:002021-10-13T13:30:06.278+02:00L'estro barocco di Jon Zack su Epic Illustrated (Marvel)<i><b>di Andrea Pachetti</b></i><br />
<br />
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://4.bp.blogspot.com/-153iktpjZOI/V_PdC_3S92I/AAAAAAAADcU/gtZtoT-3GWcCujcV3Stwvm73I8g1cAjCQCLcB/s1600/jewel_part1.jpg" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" height="354" src="https://4.bp.blogspot.com/-153iktpjZOI/V_PdC_3S92I/AAAAAAAADcU/gtZtoT-3GWcCujcV3Stwvm73I8g1cAjCQCLcB/s640/jewel_part1.jpg" width="640" /></a>
</div>
<br />
I lettori italiani non hanno mai potuto percepire l'importanza di
<i>Epic Illustrated</i> nei confronti della totalità delle produzioni della
Marvel Comics: questa rivista fece da ponte tra i tradizionali
<i>magazine</i> anni Settanta, prettamente a tema horror e avventuroso, e le
nuove suggestioni grafiche portate da <i>Heavy Metal</i>, l'edizione americana
di
<a href="https://en.wikipedia.org/wiki/M%C3%A9tal_hurlant"><i>Métal Hurlant</i></a>.<br />
<br />
Così mentre nel nostro Paese, tra il 1980 e il 1981, la Corno iniziava a
chiudere le varie testate dedicate ai supereroi, aprendo di fatto una crisi
tematica che si sarebbe risolta solo parecchi anni dopo con l'<i>Uomo Ragno</i>
della Star Comics, negli Stati Uniti sembrava invece dominare la scena un nuovo
slancio creativo e "autoriale": <i>Epic Illustrated</i>, creatura dell'editor
Archie Goodwin, propose le sue storie fino al 1986 e, nello stesso periodo, fu
creata una vera e propria linea editoriale all'interno della Marvel (la
<i>Epic Comics</i>, appunto) che presentava serie e miniserie
<i>creator-owned</i> slegate dal tradizionale universo supereroistico, in modo
da donare maggiore libertà espressiva agli artisti.<br />
<br />
<a name='more'></a>Nel corso degli anni alcune storie fondamentali della Epic Comics
sono state recuperate anche da noi (da <i>Elektra Assassin</i> di Miller e
Sienkiewicz a <i>Fafhrd and the Gray Mouser</i> di Chaykin e Mignola), fino ad
arrivare a certe produzioni proposte sulla rivista, come <i>Marada</i> di
Claremont e Bolton; gran parte di tali pubblicazioni pubblicazioni risulta
comunque ancora inedita in lingua italiana.<br />
<br />
Proprio per questo, un paio d'anni fa, ho iniziato a leggere in sequenza tutti i
numeri di <i>Epic</i> cercando di isolare le storie migliori: questo
intendimento era nato soprattutto in seguito
<a href="https://atarimagari.blogspot.it/2016/04/il-dynamico-mondo-di-go-nagai-di-fred.html">alla scoperta di una storia</a>
del mangaka giapponese Go Nagai. I lavori che mi hanno colpito di più sono stati
quelli di un certo "Jonn Zack", autore di cui non riuscivo a trovare nessun
riferimento in rete, sebbene ci fossero invece molte tracce di appassionati che
ricordavano ancora le sue storie
<a href="http://mikemeltzer.tumblr.com/post/48118930407/braindomme-the-jewel-in-the-clouds-jon-zach">sui Tumblr</a>,
<a href="http://theporporbooksblog.blogspot.it/2015/03/epic-illustrated-june-1984.html">sui blog</a>
e persino su dei
<a href="http://www.chahua.org/bbs/read.php?tid=28799">forum cinesi</a>. Dopo
una ricerca abbastanza laboriosa ho potuto contattare direttamente l'autore, che
ha risposto via e-mail alle mie curiosità nell'intervista che segue.<br />
<br />
Una tantum, ho deciso di inserire prima dell'intervista le scansioni integrali
dei tre lavori grafici di Jon Zack: non è mia intenzione in questo modo ledere
il copyright dell'autore e della Marvel, ma semplicemente permettere la
fruizione della sue opere a più di trent'anni di distanza.<br />
<br />
<h3>1) <i>Jewel in the Clouds</i>, Epic Illustrated #24, June 1984</h3>
<br />
<div style="text-align: center;">
<a href="https://4.bp.blogspot.com/-pas4cZxRyqg/V_OyVE__qhI/AAAAAAAADak/jMnORonDsr020euPThWSOAERq-_adusQwCPcB/s1600/jewel1.jpg" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" height="200" src="https://4.bp.blogspot.com/-pas4cZxRyqg/V_OyVE__qhI/AAAAAAAADak/jMnORonDsr020euPThWSOAERq-_adusQwCPcB/s200/jewel1.jpg" width="150" /></a><a href="https://2.bp.blogspot.com/-tOnRj6ftMEU/V_OyV7uMoII/AAAAAAAADak/2o0PXSqHPjcJkTFBoN9Z-Zez37WSC6x8ACPcB/s1600/jewel2.jpg" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" height="200" src="https://2.bp.blogspot.com/-tOnRj6ftMEU/V_OyV7uMoII/AAAAAAAADak/2o0PXSqHPjcJkTFBoN9Z-Zez37WSC6x8ACPcB/s200/jewel2.jpg" width="150" /></a><a href="https://1.bp.blogspot.com/-8Ddzbn3r148/V_OyVQQ44GI/AAAAAAAADak/qnDxCU4Fdocd8p0RHjwmJ_TyLAaGzI1VgCPcB/s1600/jewel3.jpg" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" height="200" src="https://1.bp.blogspot.com/-8Ddzbn3r148/V_OyVQQ44GI/AAAAAAAADak/qnDxCU4Fdocd8p0RHjwmJ_TyLAaGzI1VgCPcB/s200/jewel3.jpg" width="150" /></a>
</div>
<br />
<div style="text-align: center;">
<a href="https://4.bp.blogspot.com/-lGh12hWz7Gc/V_OycRMWIVI/AAAAAAAADak/QLSlvmWNNzM8y4W9JNmfU0YNQyjxePSJgCPcB/s1600/jewel4.jpg" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" height="200" src="https://4.bp.blogspot.com/-lGh12hWz7Gc/V_OycRMWIVI/AAAAAAAADak/QLSlvmWNNzM8y4W9JNmfU0YNQyjxePSJgCPcB/s200/jewel4.jpg" width="150" /></a><a href="https://1.bp.blogspot.com/-nvJUBsbRpfk/V_Oyb1XrUTI/AAAAAAAADak/HTMdTDsCCv4LvjDmXT54F3P4zg3akvAHwCPcB/s1600/jewel5.jpg" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" height="200" src="https://1.bp.blogspot.com/-nvJUBsbRpfk/V_Oyb1XrUTI/AAAAAAAADak/HTMdTDsCCv4LvjDmXT54F3P4zg3akvAHwCPcB/s200/jewel5.jpg" width="150" /></a><a href="https://4.bp.blogspot.com/-b74r35yl0Ao/V_OydFezk8I/AAAAAAAADak/bqFSDSVpOLwXDVOH5hsOsfZvSk-w8IcWgCPcB/s1600/jewel6.jpg" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" height="200" src="https://4.bp.blogspot.com/-b74r35yl0Ao/V_OydFezk8I/AAAAAAAADak/bqFSDSVpOLwXDVOH5hsOsfZvSk-w8IcWgCPcB/s200/jewel6.jpg" width="150" /></a>
</div>
<br />
<div style="text-align: center;">
<a href="https://2.bp.blogspot.com/-6x3oLdT5fEk/V_OyhSqxjsI/AAAAAAAADak/YiiUvVgoqD0bZQmwyL4Y02m4p6vVRnvqgCPcB/s1600/jewel7.jpg" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" height="200" src="https://2.bp.blogspot.com/-6x3oLdT5fEk/V_OyhSqxjsI/AAAAAAAADak/YiiUvVgoqD0bZQmwyL4Y02m4p6vVRnvqgCPcB/s200/jewel7.jpg" width="150" /></a><a href="https://2.bp.blogspot.com/-xMLqcWewDpg/V_OyhV2xW7I/AAAAAAAADak/-wa4k_4O9CcXXMhjLGyxO0aPWXqLgclBQCPcB/s1600/jewel8.jpg" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" height="200" src="https://2.bp.blogspot.com/-xMLqcWewDpg/V_OyhV2xW7I/AAAAAAAADak/-wa4k_4O9CcXXMhjLGyxO0aPWXqLgclBQCPcB/s200/jewel8.jpg" width="150" /></a>
</div>
<br />
<h3>2) <i>Rider</i>, Epic Illustrated #29, April 1985</h3>
<br />
<div style="text-align: center;">
<a href="https://3.bp.blogspot.com/-Ux5gE66zFnA/V_O_VRg6b3I/AAAAAAAADa8/IICQGW-q2MMFiwKY8lnc8iIkq9vwV4_ZQCPcB/s1600/rider1.jpg" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" height="200" src="https://3.bp.blogspot.com/-Ux5gE66zFnA/V_O_VRg6b3I/AAAAAAAADa8/IICQGW-q2MMFiwKY8lnc8iIkq9vwV4_ZQCPcB/s320/rider1.jpg" width="150" /></a><a href="https://1.bp.blogspot.com/-z9Y5i8_m7Lg/V_O_rDE-nCI/AAAAAAAADbM/HbGwRdLHMvAYRth0qcNq0eONwZurJeLlwCPcB/s1600/rider2.jpg" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" height="200" src="https://1.bp.blogspot.com/-z9Y5i8_m7Lg/V_O_rDE-nCI/AAAAAAAADbM/HbGwRdLHMvAYRth0qcNq0eONwZurJeLlwCPcB/s320/rider2.jpg" width="150" /></a><a href="https://1.bp.blogspot.com/-cIS2Jba32FM/V_O_4oXXxMI/AAAAAAAADbk/lULSfCdeEsQjgBgU1ehXg5iKZ91QETTIACPcB/s1600/rider3.jpg" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" height="200" src="https://1.bp.blogspot.com/-cIS2Jba32FM/V_O_4oXXxMI/AAAAAAAADbk/lULSfCdeEsQjgBgU1ehXg5iKZ91QETTIACPcB/s320/rider3.jpg" width="150" /></a>
</div>
<br />
<div style="text-align: center;">
<a href="https://4.bp.blogspot.com/-lkB2PTpzzWw/V_PAAqGwdYI/AAAAAAAADbk/VNDQRZM4PCkMBOIJ6mYOIYk2LOxcyrZ4QCPcB/s1600/rider4.jpg" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" height="200" src="https://4.bp.blogspot.com/-lkB2PTpzzWw/V_PAAqGwdYI/AAAAAAAADbk/VNDQRZM4PCkMBOIJ6mYOIYk2LOxcyrZ4QCPcB/s320/rider4.jpg" width="150" /></a><a href="https://4.bp.blogspot.com/-oMj3R3gmka0/V_PAHjvkKGI/AAAAAAAADbk/LLb0p8fe6sUX-AuOT8bwiPTluYXP3GlaQCPcB/s1600/rider5.jpg" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" height="200" src="https://4.bp.blogspot.com/-oMj3R3gmka0/V_PAHjvkKGI/AAAAAAAADbk/LLb0p8fe6sUX-AuOT8bwiPTluYXP3GlaQCPcB/s320/rider5.jpg" width="150" /></a><a href="https://2.bp.blogspot.com/-uWrmQCuUiwg/V_PAOeY5maI/AAAAAAAADbk/6-mQZvL2ynILHCFUQae5ssi-1HiNSgdwgCPcB/s1600/rider6.jpg" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" height="200" src="https://2.bp.blogspot.com/-uWrmQCuUiwg/V_PAOeY5maI/AAAAAAAADbk/6-mQZvL2ynILHCFUQae5ssi-1HiNSgdwgCPcB/s320/rider6.jpg" width="150" /></a>
</div>
<br />
<h3>3) <i>Parody</i>, Six from Sirius II #1, December 1985</h3>
<br />
<div style="text-align: center;">
<a href="https://1.bp.blogspot.com/-83jFA-UBGc4/V_PBTxv49wI/AAAAAAAADbw/y8CpXWGgN0EGuk0izItBvHjRcN2oB1PFACPcB/s1600/parody1.jpg" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" height="200" src="https://1.bp.blogspot.com/-83jFA-UBGc4/V_PBTxv49wI/AAAAAAAADbw/y8CpXWGgN0EGuk0izItBvHjRcN2oB1PFACPcB/s200/parody1.jpg" width="131" /></a><a href="https://4.bp.blogspot.com/-wdqtpJ_4wgk/V_PBYqQJqTI/AAAAAAAADbw/cFAxcv-di68tqaNuADaYvHKXyh2EDgDEACPcB/s1600/parody2.jpg" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" height="200" src="https://4.bp.blogspot.com/-wdqtpJ_4wgk/V_PBYqQJqTI/AAAAAAAADbw/cFAxcv-di68tqaNuADaYvHKXyh2EDgDEACPcB/s200/parody2.jpg" width="131" /></a><a href="https://3.bp.blogspot.com/-AIM0y6-657c/V_PBdIJJwwI/AAAAAAAADbw/URPxVSCZUYca3oCd4TX09-kH25HrD0aNwCPcB/s1600/parody3.jpg" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" height="200" src="https://3.bp.blogspot.com/-AIM0y6-657c/V_PBdIJJwwI/AAAAAAAADbw/URPxVSCZUYca3oCd4TX09-kH25HrD0aNwCPcB/s200/parody3.jpg" width="128" /></a>
</div>
<br />
<div style="text-align: center;">
<a href="https://1.bp.blogspot.com/-BCQiYQexKTM/V_PBiDSsRqI/AAAAAAAADb4/xEHAJcs5NrcMXE7GmiHRMNW3TvgHmqHNACPcB/s1600/parody4.jpg" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" height="200" src="https://1.bp.blogspot.com/-BCQiYQexKTM/V_PBiDSsRqI/AAAAAAAADb4/xEHAJcs5NrcMXE7GmiHRMNW3TvgHmqHNACPcB/s200/parody4.jpg" width="130" /></a><a href="https://4.bp.blogspot.com/-4hbXvCRc00E/V_PBnPfG0iI/AAAAAAAADb4/L55MhW3QzygzOFbAnRYjLV6cSA0lb0AZwCPcB/s1600/parody5.jpg" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" height="200" src="https://4.bp.blogspot.com/-4hbXvCRc00E/V_PBnPfG0iI/AAAAAAAADb4/L55MhW3QzygzOFbAnRYjLV6cSA0lb0AZwCPcB/s200/parody5.jpg" width="131" /></a><a href="https://4.bp.blogspot.com/-E0UhFr56970/V_PBrqB2OZI/AAAAAAAADb4/e0A0iNB6JDc4rsaINmRK8O6lbgB-sOY9gCPcB/s1600/parody6.jpg" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" height="200" src="https://4.bp.blogspot.com/-E0UhFr56970/V_PBrqB2OZI/AAAAAAAADb4/e0A0iNB6JDc4rsaINmRK8O6lbgB-sOY9gCPcB/s200/parody6.jpg" width="132" /></a>
</div>
<br />
<h2>Intervista a Jonathan Zack</h2>
<br />
<b>Jon, ti ringrazio molto della tua disponibilità. Vorrei porti qualche domanda
sui tuoi lavori giovanili per <i>Epic Illustrated</i>...</b><br />
<br />
Andrea, sono sorpreso di sapere che c'è ancora qualcuno che non ha dimenticato
le cose che disegnai per la Marvel. Non so se hai letto solo una delle storie
brevi oppure tutte e tre, ma mi ricordo ancora bene il periodo in cui le ho
realizzate, quindi posso rispondere a ogni domanda a riguardo.<br />
<br />
<b>Ho letto che hai concluso i tuoi studi artistici nel 1983; immagino che le
storie che hai realizzato da <i>free-lance</i> per la Marvel siano state uno
dei tuoi primi lavori da professionista, dato che uscirono su <i>Epic</i> nel
1984-85, è così? Vorrei capire come sei entrato in contatto con questa realtà
e se hai realizzato qualcos'altro in precedenza.</b><br />
<br />
<i>Epic</i> ha ospitato le mie prime pubblicazioni. Avevo incontrato i familiari
di <a href="https://en.wikipedia.org/wiki/Boris_Vallejo">Boris Vallejo</a> — un
incontro casuale avvenuto giusto due settimane dopo il mio trasferimento a New
York nel 1979 — e loro mi avevano presentato Boris; lui poi mi suggerì di
contattare
<a href="https://en.wikipedia.org/wiki/Archie_Goodwin_(comics)">Archie Goodwin</a>. Stavo studiando ancora quando iniziai a realizzare <i>Jewel</i> e, tra i
corsi alla School of Visual Arts, il lavoro in un negozio di belle arti e tre
diversi traslochi — a questo ci aggiungiamo anche la mia inesperienza — mi ci
sono voluti più di 20 mesi per completarla.<br />
<br />
Avevo mostrato ad Archie un portfolio abbastanza scarso, ma quello che lo colpì
fu un esercizio dell'Accademia, una doppia copertina per un lp: si trattava di
una prima versione in bianco e nero con pennino e inchiostro della flotta di
navi che si vede in <i>Jewel</i>. Quando Archie la notò, mi chiese qual era la
storia dietro a quel disegno: la prese e la arricchì, quindi il plot è
completamente suo. Io suggerii di realizzarla come un volume miniato, dato che
non avevo esperienza nello storytelling vignetta per vignetta. Gli mostrai
alcune bozze basate sulla storia che aveva scritto e mi diede molta libertà
d'azione... La stessa cosa è avvenuta anche per le altre storie che ho fatto con
lui in Marvel.<br />
<br />
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://2.bp.blogspot.com/-yuHUCpsbA7U/V_PZsbihHaI/AAAAAAAADcE/6A1TCvtCG_MwBZ-rWrIrbjZOFZ67najowCLcB/s1600/Six%2BFrom%2BSirius%2B2.jpg" style="clear: right; float: right; margin-bottom: 1em; margin-left: 1em;"><img border="0" height="320" src="https://2.bp.blogspot.com/-yuHUCpsbA7U/V_PZsbihHaI/AAAAAAAADcE/6A1TCvtCG_MwBZ-rWrIrbjZOFZ67najowCLcB/s320/Six%2BFrom%2BSirius%2B2.jpg" width="209" /></a>
</div>
<b>Prima hai parlato di tre storie... Io ne ho lette solo due,
<i>Jewel in the clouds</i> su Epic #24 e <i>Rider</i> su Epic #29, ne esiste
un'altra che non conosco?</b><br />
<br />
La terza storia era <i>Parody</i> e apparve in appendice a un'altra serie a
fumetti pubblicata dalla Marvel, chiamata <i>Six From Sirius</i>; si trattava di
una miniserie con delle storie di avventura.<br />
<br />
<b>Parlando degli aspetti pratici del tuo lavoro, che tipo di tecniche hai usato
nelle storie? Aerografo, pittura a olio, acquerelli? Osservando le immagini
finali stampate, mi sembrano una bellissima miscela di tecniche miste che non
riesco a capire completamente, quindi vorrei saperne di più.</b><br />
<br />
Per quanto riguarda le prime due storie, le ho realizzate utilizzando inchiostri
colorati sopra un disegno in bianco e nero creato con penna a china; oltre a
questo ho aggiunto delle pennellate molto leggere di acquerelli, che si notano
soprattutto nelle esplosioni di <i>Jewel</i>.<br />
<br />
Dopo mi sono spostato sull'incisione e quindi ho creato <i>Parody</i> come una
serie di tavole
<a href="https://it.wikipedia.org/wiki/Acquaforte">all'acquaforte</a>. È stato
un grave errore: c'erano così tanti dettagli che furono completamente persi
nella fase di stampa, che rese tutto più sfocato e mescolato assieme. Non fu
d'aiuto neanche il formato comic book di <i>Six From Sirius</i>, che era più
piccolo di quello di <i>Epic Illustrated</i>, dove mi aspettavo che la storia
venisse pubblicata. Il risultato fu quasi impossibile da decifrare.<br />
<br />
<b>La cosa che mi ha colpito di più di <i>Parody</i> è che hai usato una
splendida cornice gotica per incapsulare le varie scene di guerra. Mi potresti
descrivere come realizzasti le singole tavole?</b><br />
<b><br /> </b> <i>Parody</i> è composta da una serie di tavole all'acquaforte
che ho inciso e stampato con una piccola pressa nel mio appartamento. Ciascuna è
stata realizzata così: ho inciso una lastra di zinco con l'immagine della
cornice — disegnata con una punta su una copertura di cera annerita col fumo,
poi immersa in una bacinella di acido — e ne ho stampato una dozzina di
copie.<br />
<br />
L'azione contenuta in ciascuna pagina è stata poi incisa con la stessa tecnica e
stampata all'interno delle cornici che avevo già ottenuto in precedenza; era un
procedimento che funzionava, a patto di posizionare correttamente le cose. In
ogni modo, così facendo ho perso un sacco di tempo e mi pare di ricordare di
aver stampato normalmente le ultime due pagine e di averle solo incollate, per
fare prima. Si trattava di una tecnica davvero troppo impegnativa e rovinai sei
delle cornici che avevo stampato, a causa di errori di allineamento. Per quanto
riguarda il colore, si trattava dei soliti inchiostri più alcuni acquarelli
opachi.<br />
<br />
Come dicevo prima: oltre all'eccesso di dettagli, c'era il problema delle pagine
che venivano stampate a un quarto delle loro dimensioni originali, oltre alla
mia inesperienza. Quando Archie vide il risultato finale mi disse: «be', tu lo
sai che cosa significa, io ho avuto una buona idea, lasceremo che siano i
lettori a capirla». Dubito che qualcuno ci sia mai riuscito...<br />
<br />
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://2.bp.blogspot.com/-gZ53YkXFHv0/V_PdNh1u6SI/AAAAAAAADcY/unUwWymeJq8I_ybIUJv80YFntFBvev88QCLcB/s1600/rider_part1.jpg" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" height="450" src="https://2.bp.blogspot.com/-gZ53YkXFHv0/V_PdNh1u6SI/AAAAAAAADcY/unUwWymeJq8I_ybIUJv80YFntFBvev88QCLcB/s640/rider_part1.jpg" width="640" /></a>
</div>
<br />
<b>Parlando delle tue ispirazioni, quali erano gli artisti che amavi di più in
quel periodo? Trovo che i tuoi disegni abbiano una forza particolare, oltre a
un'originalità che non si trovava spesso nella realtà americana di quel
periodo. Forse c'è qualche ispirazione che arrivava dall'Europa?
<a href="https://en.wikipedia.org/wiki/Philippe_Druillet">Philippe Druillet</a>, per esempio, è un artista che trovo abbastanza vicino alle tue produzioni.
Inoltre, i tuoi design fantasy mi ricordano vagamente alcuni inglesi che hanno
lavorato per la Games Workshop, specialmente
<a href="https://en.wikipedia.org/wiki/John_Blanche">John Blanche</a>.</b><br />
<br />
Hai ragione citando questi artisti che mi hanno ispirato. Druillet in alcuni
momenti è stata una fonte d'ispirazione quasi opprimente, e l'ho studiato di
frequente proprio per impedire che si insinuasse troppo nel mio immaginario.
Anche <a href="https://en.wikipedia.org/wiki/Harry_Clarke">Harry Clarke</a> mi
ha ispirato, e certamente
<a href="https://en.wikipedia.org/wiki/Aubrey_Beardsley">Aubrey Beardsley</a>.
Ho sempre tentato di far apparire i miei disegni come dei quadri, anche se non
ci sono mai riuscito. Non mi hanno mai soddisfatto al 100%, anche se ho iniziato
a dipingere a olio solo alla fine degli anni Novanta. Ho sempre desiderato
dipingere, anche se il mio entusiasmo era stato completamente spento da degli
insegnanti sgradevoli quando ero molto giovane, così mi ci sono voluti molti
anni per trovare la mia strada da solo. I libri di
<a href="https://en.wikipedia.org/wiki/Patrick_Woodroffe">Patrick Woodroffe</a>
<i>Mythopoeikon</i> e <i>A Closer Look</i> sono stati dei manuali di valore
inestimabile per me, Hai citato anche John Blanche — dei lavori meravigliosi:
realizzo molte sculture e modelli e compro le riviste della Games Workshop ogni
volta che posso.<br />
<br />
<b>Ho visto che hai realizzato dei logo molto elaborati per le tue storie e
all'inizio hai parlato di copertine di dischi: immagino che tu conosca e
apprezzi il lavoro di gente come
<a href="https://en.wikipedia.org/wiki/Roger_Dean_(artist)">Roger Dean</a> and
<a href="https://en.wikipedia.org/wiki/Rodney_Matthews">Rodney Matthews</a>, è
così?</b><br />
<br />
Ho ammirato e invidiato sia i lavori di Matthews, sia quelli di Dean. Dean ha
avuto una grande influenza su di me quando ero molto giovane e cercavo
continuamente, con consapevolezza, di evitare di copiarlo per trovare il mio
stile. In quel periodo i poster dei loro lavori si trovavano ovunque nei negozi,
così la loro suggestione era davvero potente...<br />
<br />
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://4.bp.blogspot.com/-qCgfs80lC0Q/V_PZLzq5YgI/AAAAAAAADcA/c7CDpoOvBrEt3cRqhOavngRFkjeQY_3LQCLcB/s1600/logos.jpg" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" height="184" src="https://4.bp.blogspot.com/-qCgfs80lC0Q/V_PZLzq5YgI/AAAAAAAADcA/c7CDpoOvBrEt3cRqhOavngRFkjeQY_3LQCLcB/s640/logos.jpg" width="640" /></a>
</div>
<br />
<b>Ci sono altre opere che hai realizzato dopo la Marvel oppure ti sei spostato
in un settore lavorativo completamente diverso?</b><br />
<br />
Non ho fatto molto dopo la Marvel. Ho creato dei <i>concept</i> visuali e
disegnato l'interfaccia grafica schermo/mouse — assieme alla copertina del CD —
per un programma interattivo dal titolo <i>Music Magician</i> negli anni
Novanta. Non credo che sia mai uscito. Ero stato assunto per creare dei
<i>concept</i> adulti e molto gotici, ma nel corso del progetto i manager
decisero che il prodotto doveva risultare adatto ai bambini, così l'intero
processo di cambiamento mi aiutò a capire quanto non mi divertissi per niente a
lavorare come illustratore: preferivo un lavoro regolare, che mi lasciasse poi
spazio per creare ciò che volevo, a modo mio. Attualmente lavoro come manager e
realizzatore di modelli per uno studio d'architettura e mostro i miei dipinti o
le mie sculture molto raramente. Continuo a tenermi impegnato nei lavori
artistici, ma non tento più di renderli pubblici, li faccio solo per me
stesso.<br />
<br />
<b>Ho cercato su internet notizie su <i>Music Magician</i> ma non ho trovato
niente, ti ricordi il nome della software house?</b><br />
<br />
<i>Music Magician</i> era un progetto per Sony Classical: probabilmente ti puoi
immaginare il mio turbamento quando mi fu detto — dopo molte settimane di lavoro
— che il prodotto sarebbe stato venduto ai bambini piccoli. Ogni cosa che avevo
realizzato doveva essere cambiata e tutto venne sostanzialmente alterato. Non
sembrava più nemmeno una mia opera.<br />
<br />
<b>Un'ultima curiosità: possiedi ancora i disegni della storie Marvel?</b><br />
<br />
Penso di possedere ancora tutti gli originali delle tre storie Marvel, assieme
ai pezzi realizzati per Sony Classical (intendo "pezzi" in senso letterale: le
interfacce schermo/mouse finali erano state assemblate con Photoshop mettendo
assieme frammenti e parti prese dalle varie fasi di sviluppo). Non guardo quei
lavori da più di 25 anni, magari dopo tutto questo tempo si sono completamente
rovinati. Non ho mai dimenticato di aver lavorato per la Marvel, però, e rimango
ancora oggi un po' stupito che qualcuno abbia letto e apprezzato i miei disegni.<div> <h2 style="text-align: left;">(13/10/2021) ENGLISH VERSION</h2><div><br /></div>
<div><div><b>Jon, thank you very much for your availability. I'd like to ask you a few questions about your early work for Epic Illustrated...</b></div><div><br /></div><div>Andrea, I received your email earlier today, and was surprised to know anyone even remembers that work I did for Marvel. I don't know if you saw only one of the short stories — (or all three) — but I do remember doing them and can answer whatever questions you may have.</div><div><br /></div><div><b>I've read that you concluded your art studies in 1983, so I assume that working free-lance for Marvel was one of your first jobs in the illustration business, since the stories on "Epic" came out in 1984-85, is that right? I'd like to understand how did you get in touch with them, and if you did something before.</b></div><div><br /></div><div>Epic was the first time I had been published. I had met Boris Vallejo’s relatives — a chance meeting within two weeks of moving to New York in 1979 — they introduced me to Boris and he suggested I contact Archie Goodwin. I was still in school when I started “Jewel” and between a full course-load at The School of Visual Arts, working at an art supply store, and moving to three different apartments — along with my inexperience — it took me just over 20 months to complete it.</div><div><br /></div><div>I had shown Archie a very meager portfolio but what struck him was a pen and ink school assignment depicting a double-fold album cover: it was an early black/white rendering of the fleet in “Jewel” and when Archie saw it he asked what was the story behind it. He took that story and significantly fleshed it out and the plot is entirely his, while suggesting that we approach the piece as an illuminated manuscript; as I’m not much of a panel-by-panel storyteller. I showed him a sketch version of the story based on what he had written, and he gave me a lot of freedom…The same with everything I /we did at Marvel…</div><div><br /></div><div><b>You speak about three stories... I've got only two, "Jewel in the clouds" on Epic #24 and "Rider" on Epic #29, is there another one I'm not aware of?</b></div><div><br /></div><div>The third story is “Parody” and appeared in a series that Marvel published titled “Six From Sirius”; something like a multi-installment adventure story. </div><div><br /></div><div><b>Talking about the techniques you used on the Epic stories, what kind they were? Airbrush, oil painting, watercolor? Looking at the printed images they seem a beautiful sort of mixed techniques I didn't comprehend, so I'd like to know more about them.</b></div><div><br /></div><div>While the first two stories were done by using colored drawing inks over a black/white drawing done with a technical pen — to which I’d add very loose brushfuls of watercolor; most noticeably in the explosions in “Jewel” — I had moved on to printmaking and had actually rendered “Lilith…” as a series of etchings. It was a bad mistake: there was so much detail that the printing process just blurred everything together, and it didn’t help that the “Six From Sirius” magazine was smaller than the Epic format, where I had expected it to be published. It’s nearly impossible to puzzle out…</div><div><br /></div><div><b>What strikes me in “Parody” is that you used a marvellous gothic frame that incapsuled the different war scenes. You said previously that you did this story "as a series of etchings", but you mean for real (i.e. real printmaking) or that you imitated the etchings with tech pens?</b></div><div><br /></div><div>“Parody” is literally a series of etchings that I bit and printed on a small press in my apartment. The frame was just that: I etched a zinc plate with that image — (it was drawn with a needle through a coating of blackened wax and the plate was then slipped into a tray of acid) — and printed maybe a dozen prints.</div><div><br /></div><div>The action in each page was then etched the same way and then I printed those new images into the already-printed frame. As long as the new action page was properly positioned as it printed over the already-printed frame it would work; but somewhere I lost a lot of time and in the end I think the last two pages were printed as normal and I cut out the frame’s empty areas and simply pasted the action images in. It was a very time-eating technique and I lost six of the printed frames to poor registration. The coloring is the usual drawing inks with some opaque watercolors…</div><div><br /></div><div>As I said earlier: between the over-crowded detail, the pages being printed maybe only three-quarters of their original size, and my inexperience; it’s impossible to puzzle out. When Archie saw it he said “well you know what it means, I have a pretty good idea, and we’ll let the readers figure it out”…I doubt anyone ever did…</div><div><br /></div><div><b>About your inspirations, who were the artists you loved the most in that period? I found your art really powerful and original for the american market and even for Epic, since they published both painted art and more classical comic books in their pages. I saw some inspirations from European tradition, am I right? Druillet is the one that go quite near your art, I think. And also, your fantasy designs remind me of English artists that worked for the fantasy imprint “Games Workshop”, especially John Blanche.</b></div><div><br /></div><div>You were right about the artists that inspired me. Druillet was at times an overpowering source, and I studied him frequently in order to make sure he didn’t creep into my imagery. Harry Clark also, and of course Aubrey Beardsley. I always tried to make my drawings appear as paintings; though they never did. I was never happy with them, though I didn’t start oil-painting until the late 90s or so. I always wanted to paint but was so turned off by some very bad teachers in my teens that it took me a very long time to just pick it up on my own. I found Patrick Woodroffe’s books “Mythopoeikon” and “A Closer Look” invaluable as instruction manuals and just overall inspiration as to what could be done. You mention John Blanche, too — beautiful work: I do a lot of sculpture and model-making and always buy the Games Workshops magazines when I can.</div><div><br /></div><div><b>I saw that you also did three very elaborate logos for your stories and you speak about a "double-fold album cover": so I assume you knew and appreciated the works of cover artists like Roger Dean and Rodney Matthews, am I right?</b></div><div><br /></div><div>I greatly admired and envied the work of both Matthews and Dean — Dean was a huge influence in my early teens and I was very conscious of always trying to avoid copying him. During that time posters of their works were in so many stores that the influence was very powerful…</div><div><br /></div><div><b>Are there any other works after Marvel? Or did you moved onto different kind of job? </b></div><div><br /></div><div>I did very little after Marvel. I created the visual concepts and painted the interactive screen/mouse imagery — along with the CD cover — for a computer project titled “Music Magician” in the 90s. I don’t believe it was ever released. I was hired to create adult and very Gothic concepts but midway into the project the project managers wanted to market it to children and the whole watering-down process helped me realize that I actually didn’t enjoy working as an illustrator: I preferred a regular job and I’d just create what I wanted. I currently work as a modelmaker/shop manager for a landscape architect; and very rarely show my paintings or sculpture… I keep busy creating work, I just don’t try to publish it any more.</div><div><br /></div><div><b>I searched on the internet about that "Music Magician" work but I didn't find anything, do you remember the name of the software hose, maybe?</b></div><div><br /></div><div>“Music Magician” was a project for Sony Classical: as I mentioned earlier I was hired to create very Gothic and Adult-themed work. You can probably imagine my dismay when I was told the project — several weeks into the process — was to be marketed to pre-teen children. Every concept was changed and the actual operating program was altered significantly. It doesn’t look anything like my work and in the end it wasn’t supposed to…</div><div><br /></div><div><b>And, I'm curious: did you still have the original drawings you did for Marvel?</b></div><div><br /></div><div>I believe I still have all the originals for the three Marvel stories, along with the Sony Classical pieces (literally pieces: the final screen/mouse interfaces were Photoshopped together from assorted bits and parts from various times in the design process). I haven’t looked at any of the work in maybe 25 years or more… It may have crumbled to scraps after all this time. I never forgot working for Marvel, though, and am still a bit amazed anyone has come across it.</div></div>
</div>AndreaPhttp://www.blogger.com/profile/16469452467698698115noreply@blogger.com4tag:blogger.com,1999:blog-5993243963647744234.post-54682678757289989902016-04-22T18:27:00.012+02:002021-01-16T16:03:13.061+01:00"Il dynamico mondo di Go Nagai" di Fred Patten (1988)<b><i>di Andrea Pachetti</i></b><br />
<br />
<table cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="float: right; margin-left: 1em; text-align: right;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="https://1.bp.blogspot.com/-TnYdNtHx5SU/VxpOjpgLomI/AAAAAAAADVE/W9ZpaWYSj5UPXYQxOzlOO80az6UvkebCgCLcB/s1600/mazinger_cover.jpg" imageanchor="1" style="clear: right; margin-bottom: 1em; margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" height="400" src="https://1.bp.blogspot.com/-TnYdNtHx5SU/VxpOjpgLomI/AAAAAAAADVE/W9ZpaWYSj5UPXYQxOzlOO80az6UvkebCgCLcB/s400/mazinger_cover.jpg" width="355" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">La copertina del Mazinger della First Comics</td></tr>
</tbody></table>
Tra le opere del filone robotico di Go Nagai, una che è sempre stata poco considerata nel nostro Paese (poiché purtroppo mai tradotta) è il Mazinger prodotto per il mercato americano e pubblicato alla fine del 1988 dalla First Comics.<br />
<br />
Dal mio punto di vista invece questo fumetto in formato <i>graphic novel</i> riveste una particolare importanza, poiché denota l'attenzione di Nagai verso il mercato occidentale; Nagai in quel caso adattò il suo stile narrativo, l'uso del colore e dell'impostazione della pagina (con predominanza delle singole-doppie splash page) a un gusto molto diverso da quello nipponico.<br />
<br />
Conosciuto dalla dirigenza Marvel sin dalla fine degli anni Settanta, Nagai venne poi ospitato sulle pagine di <i>Epic Illustrated</i>, il mensile d'autore della casa editrice americana, nell'giugno del 1983 <a href="http://www.samehat.com/2011/02/go-nagai-in-epic-illustrated-18-oni.html">con una storia breve (Oni)</a> e <a href="http://www.samehat.com/2011/02/go-nagai-in-epic-illustrated-18-gallery.html">una galleria di immagini</a>.<br />
<br />
Mentre nel 1983 ancora nessun fumetto giapponese era proposto negli Stati Uniti con continuità (i casi come <a href="http://atarimagari.blogspot.it/2015/02/barefoot-gen-di-keiji-nakazawa-e-il.html">Barefoot Gen</a> erano più unici che rari), la situazione al momento dell'uscita di <i>Mazinger </i>era completamente diversa. Oltre alla stessa First, che aveva già pubblicato una ventina di numeri di <i>Lone Wolf & Cub</i>, un altro editore (La Eclipse) aveva iniziato a proporre periodicamente alcune serie in albi spillati, tra cui possiamo ricordare <i>Kamui</i>, <i>Mai</i>, <i>Area 88</i>, <i>Xenon</i>. Tutte queste serie sono note anche agli appassionati italiani, poiché andarono a formare il primo nucleo di testate proposte dalla Granata Press a partire dal 1990.<br />
<br /><a name='more'></a>
<table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto; text-align: right;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="https://3.bp.blogspot.com/-6uyuIxPx5tA/VxpPEzAfHlI/AAAAAAAADVM/aeJuH--ClE8PGUK0oBfwod8CS_N0fiQsACLcB/s1600/Go_Nagai_Tokyo_1987.jpg" imageanchor="1" style="clear: right; margin-bottom: 1em; margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" height="400" src="https://3.bp.blogspot.com/-6uyuIxPx5tA/VxpPEzAfHlI/AAAAAAAADVM/aeJuH--ClE8PGUK0oBfwod8CS_N0fiQsACLcB/s400/Go_Nagai_Tokyo_1987.jpg" width="387" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">Go Nagai nel 1987 al lavoro su Mazinger, <a href="https://en.wikipedia.org/wiki/Go_Nagai#/media/File:Go_Nagai_Tokyo_1987.jpg">fonte</a></td></tr>
</tbody></table>
<br />
Per meglio comprendere il clima di quel periodo in relazione alle serie provenienti dal Giappone, <a href="http://www.kayshapero.net/fredpatten/whatsnew2016.html">ho chiesto</a> all'esperto americano <a href="http://www.kayshapero.net/FredPatten/fred.html">Fred Patten</a> di poter tradurre e proporre in questa sede l'introduzione che dedicò a Nagai sul volume della First, che rappresenta uno dei primi esempi di analisi critica dell'opera di questo mangaka in Occidente. Il signor Patten è una figura di riferimento nel fandom <i>anime</i> sin dalle sue origini ed è un piacere poterlo ospitare tra queste pagine. Per chi è interessato all'evoluzione dell'industria dei manga negli Stati Uniti, consiglio in particolare la lettura del suo volume <i><a href="https://books.google.it/books?id=81Y1TVYQSrEC">Watching Anime, Reading Manga: 25 Years of Essays and Reviews</a></i>, dove peraltro compare anche questa l'introduzione. Segnalo inoltre, sempre a tema Nagai, <a href="http://alemontosi.blogspot.it/2016/04/go-nagai-devilman-shutendoji-e-il.html">un recente articolo di Alessandro Montosi</a> che analizza alcune delle sue opere in riferimento alla cultura e al folklore giapponesi.<br />
<br />
<h1>
Il "dynamico" mondo di Go Nagai</h1>
<h3>
di Frederick Patten</h3>
(trad. it. di Andrea Pachetti)<br />
<br />
<b><i>Robot giganti ovunque! </i></b><br />
<br />
Nelle proiezioni alle fiere del fumetto, nei club dedicati ai cartoni animati, nei network televisivi, le videocassette di animazione giapponese negli ultimi dieci anni hanno cambiato la coscienza dei fan americani. Anche se cartoni come <i>Astroboy</i>, <i><a href="https://en.wikipedia.org/wiki/Gigantor">Gigantor</a></i> ed <i><a href="https://en.wikipedia.org/wiki/8_Man">Eight Man</a></i> erano arrivati durante gli anni Sessanta allora non li avevamo apprezzati granché e capito la loro vera origine.<br />
<br />
<table cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="float: right; margin-left: 1em; text-align: right;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="https://1.bp.blogspot.com/-U-gyYl6--yw/Vxof1rYBPfI/AAAAAAAADUk/myg-6fjUk9wtSCNI8HrMkbyGyUJkuvF6wCLcB/s1600/photo_00039.jpg" imageanchor="1" style="clear: right; margin-bottom: 1em; margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" height="263" src="https://1.bp.blogspot.com/-U-gyYl6--yw/Vxof1rYBPfI/AAAAAAAADUk/myg-6fjUk9wtSCNI8HrMkbyGyUJkuvF6wCLcB/s400/photo_00039.jpg" width="400" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">In senso orario: Grendizer, Getter Robot Dragon,<br />
Venus Ace e Great Mazinger</td></tr>
</tbody></table>
Durante la metà degli anni Settanta gli <i><a href="https://en.wikipedia.org/wiki/Shogun_Warriors_(toys)">Shogun Warriors</a></i>, i robot super-eroi importati dal Giappone e commercializzati dalla Mattel, hanno aperto la strada a un'invasione culturale ed economica. Iniziammo a vedere un genere di animazione carico di azione drammatica e tensione emotiva, qualità che notoriamente erano sempre mancate agli show americani <a href="https://en.wikipedia.org/wiki/Saturday-morning_cartoon">"del sabato mattina"</a>. <i>Brave Raideen</i>, <i>UFO Dai Apolon</i>, <i>Danguard Ace</i> e <i>Combattler V</i> erano solo alcuni esponenti di quest'orda di conquistatori. Se questi cartoni giapponesi sembravano essere dominati dai robot giganti è perché il Giappone si trovava effettivamente in mezzo a una vera propria rivoluzione televisiva.<br />
<br />
Un concetto semplice ed elettrizzante aveva infatti dato forza e cambiato completamente l'industria dell'animazione giapponese nel 1972. <i>Mazinger Z</i> non era semplicemente una macchina controllata da un radiocomando, ma un colosso metallico pilotato dal giovane Koji Kabuto, situato all'interno della testa del robot. La singolare simbiosi uomo/macchina era stata poi elaborata in un seguito, <i>Great Mazinger</i>. Questi cavalieri d'acciaio incontravano, e poi sconfiggevano, degli avversari altrettanto titanici: una serie di mostri e robot, assieme ai loro innumerevoli ibridi. Con i loro elmi da samurai e le spade scintillanti, i robot di <i>Mazinger</i> presentavano un'originale sintesi tra l'immaginario antico e quello moderno. Seguirono poi altre serie che presentarono alcuni innovativi concetti fantascientifici: <i>Getter Robot</i>, il primo robot trasformabile, <i>UFO Robot Grendizer</i>, <i>Gloizer X</i>, e poi <i>Jeeg</i>, un robot magnetico. L'artista-inventore responsabile di tutte queste creazioni era il prodigioso Go Nagai.<br />
<br />
Ma non tutta la nuova ondata di cartoni animati era basata sui robot giganti. C'erano alcuni <i>anime</i> che sembravano incredibili agli occhi dei fan americani.<br />
<br />
<i>Devilman</i> era un incrocio tra le commedie televisive di mostri, come la <i>Famiglia Addams</i> e i <i>Munsters</i>, e i sofisticati thriller dell'occulto tipo <i>L'Esorcista</i> e <i>Omen</i>. <i>Devilman</i> mostrava un teenager il cui corpo era posseduto da un demone che si era ribellato a Satana. In ogni episodio un nuovo demone disgustoso tentava di distruggere la scuola, per poi essere sconfitto da Devilman. Gli insegnanti e gli studenti venivano brutalmente fatti a pezzi - oppure erano così terrorizzati da farsela addosso nei pantaloni.<br />
<br />
<table cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="float: right; margin-left: 1em; text-align: right;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="https://4.bp.blogspot.com/-9ZooYTZc6vM/Vxof8kVgdII/AAAAAAAADUo/oOeOnh44uAgQH2Ee4wI1xV0pAMcekgxkQCLcB/s1600/photo_00040.jpg" imageanchor="1" style="clear: right; margin-bottom: 1em; margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" height="305" src="https://4.bp.blogspot.com/-9ZooYTZc6vM/Vxof8kVgdII/AAAAAAAADUo/oOeOnh44uAgQH2Ee4wI1xV0pAMcekgxkQCLcB/s400/photo_00040.jpg" width="400" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">Devilman</td></tr>
</tbody></table>
Un'altra stranissima commedia a tema supereroistico era <i>Cutey Honey</i>, una sexy-androide che combatteva contro la Gang di Panther Claw, una mostruosa "mafia spaziale" femminile che voleva uccidere tutte le donne della Terra e rapire gli uomini. L'identità segreta di Cutey Honey, studentessa in una scuola cattolica, era continuamente messa a repentaglio dalle avances notturne delle insegnanti omosessuali. I suoi giovani assistenti maschi erano più sdolcinati che utili nelle situazioni più tese. Durante il cambio di costume Honey rimaneva nuda per un attimo, facendo la felicità del pubblico televisivo maschile in adorazione.<br />
<br />
I <i>manga</i> originali su cui venivano basate queste serie TV erano molto più cruenti e sessualmente espliciti rispetto ai cartoni; erano tra i <i>manga</i> più famosi e popolari del decennio. Go Nagai si trovava dunque in prima linea nel movimento che stava scuotendo l'industria del fumetto giapponese fino alle sue radici. I tradizionali fumetti per bambini iniziavano a essere sostituiti con un genere molto più violento e forte.<br />
<br />
Go Nagai è nato il 6 settembre del 1945, quattro giorni dopo la fine della Seconda Guerra Mondiale: è dunque cresciuto insieme alla moderna industria giapponese dei <i>manga</i>. Da giovanissimo scarabocchiava i suoi fumetti amatoriali e imparò a disegnare da solo. All'età di vent'anni venne assunto come assistente di Shotaro Ishimori, appartenente alla prima ondata di giovani disegnatori ispirati dal "Dio dei <i>manga</i>" Osamu Tezuka e poi divenuto uno dei principali autori di <i>manga</i> con la sua serie <i>Cyborg 009</i>. Nagai ha lavorato come assistente di Ishimori per un paio d'anni, per poi mettersi a lavorare per conto proprio.<br />
<br />
Energico, prolifico e appassionato, Nagai ha subito avuto un successo esplosivo nell'industria dei <i>manga</i>. Il suo primo lavoro pubblicato è stata una storia breve umoristica su rivista, nel novembre del 1967. Già nel 1968 aveva pubblicato 23 titoli, contando le storie singole e le serie, su circa dodici riviste diverse. La sua prima serie raccolta in volume è stata <i>Kinta, The Young Pack Boy</i>, che parlava delle bravate di un giovane addestratore di cavalli in una carovana del Giappone feudale.<br />
<br />
<table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="float: right; margin-left: 1em; text-align: right;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="https://4.bp.blogspot.com/-en3XYjjPV7k/VxpQT372YsI/AAAAAAAADVY/QAYuW_VPZ0Yzm_Nx039OMUoz5etkB2-3gCLcB/s1600/mazinger1.jpg" imageanchor="1" style="clear: right; margin-bottom: 1em; margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" height="400" src="https://4.bp.blogspot.com/-en3XYjjPV7k/VxpQT372YsI/AAAAAAAADVY/QAYuW_VPZ0Yzm_Nx039OMUoz5etkB2-3gCLcB/s400/mazinger1.jpg" width="318" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">La prima splash page del Mazinger della First</td></tr>
</tbody></table>
<i>Kinta</i> e molti altri suoi lavori erano fumetti tradizionali per bambini, ma Nagai non si limitò a questi contesti convenzionali. Si unì a un nuovo movimento di artisti che cercavano di espandere i <i>manga</i> in nuove direzioni, per poi divenirne immediatamente uno dei leader. Questa realtà era abbastanza simile a quanto accaduto negli Stati Uniti per quanto riguarda il movimento dei comix underground, più o meno nello stesso periodo. Ma mentre gli artisti dei comix americani avevano creato una mini-industria alternativa per sé e i propri lettori, Nagai e i suoi colleghi giapponesi presentavano i loro lavori sulle stesse riviste che pubblicavano le classiche storie per ragazzi.<br />
<br />
Già nel 1959 l'industria giapponese dei <i>manga</i> aveva iniziato a sviluppare racconti per lettori ormai troppo maturi per i fumetti per bambini. Anche se negli anni Sessanta molti <i>manga</i> erano stati coraggiosi e innovativi nell'affrontare dei temi adulti, erano comunque ispirati a fatti legati al quotidiano: thriller criminali, drammi storici, storie romantiche, commedie familiari. I temi fantastici erano ancora considerati adatti solo a un pubblico infantile.<br />
<br />
Nagai e i suoi compagni ribelli invece furono i pionieri di storie comiche e oltraggiose a sfondo fantastico che volevano stupire e attirare il pubblico degli adolescenti e dei giovani adulti. (Si veda a questo proposito l'eccellente studio di Frederik Schodt <i><a href="https://en.wikipedia.org/wiki/Manga!_Manga!_The_World_of_Japanese_Comics">Manga! Manga! The World of Japanese Comics</a></i> [Kodansha, 1983] per una descrizione degli altri artisti appartenenti a questo movimento.) Nagai divenne famoso per <i>Harenchi Gakuen</i> (Scuola senza pudore), una serie settimanale che iniziò il 25 luglio del 1968 sulla rivista <i>Shonen Jump</i>. Si trattava di un'assurda commedia su una "tipica" scuola superiore, in cui gli studenti e gli insegnanti erano in competizione tra loro per inventarsi sempre nuovi metodi per vedere le ragazze nude. E le ragazze, dal canto loro, incoraggiavano i ragazzi in ogni modo. C'erano quindi classi dedicate alle orge e ai festini alcoolici, mentre chiunque volesse tentare di studiare davvero veniva preso in giro e trattato da sciocco. <i>La scuola senza pudore</i> fu un successo immediato, nonostante le associazioni genitori-insegnanti (PTA) e i gruppi di censori ne chiedessero la cancellazione. O forse diventò un successo proprio grazie a loro. Quando Nagai alla fine decise di chiudere la serie dopo quattro anni, rese omaggio ai suoi detrattori demolendo completamente la scuola nello scontro finale tra gli studenti e un commando della PTA.<br />
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<table cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="float: right; margin-left: 1em; text-align: right;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="https://2.bp.blogspot.com/-hEBdUesYJZ8/VxpQlZYLglI/AAAAAAAADVc/4mL4BMyvk6U2sqd2dXTvZ33nkUzqRETfACLcB/s1600/mazinger2.jpg" imageanchor="1" style="clear: right; margin-bottom: 1em; margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" height="400" src="https://2.bp.blogspot.com/-hEBdUesYJZ8/VxpQlZYLglI/AAAAAAAADVc/4mL4BMyvk6U2sqd2dXTvZ33nkUzqRETfACLcB/s400/mazinger2.jpg" width="320" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">Una tavola del Mazinger della First</td></tr>
</tbody></table>
Ma Nagai si era già spostato su cose più spettacolari. Nel 1970 fondò assieme ai suoi fratelli uno studio, la Dynamic Productions, per produrre <i>manga</i> e idee per delle serie televisive. I fratelli di Nagai si occupavano della parte amministrativa e commerciale, lasciando a Go completa libertà nella parte creativa e nella supervisione del suo team di assistenti. Il loro primo obiettivo fu il campo dell'animazione televisiva o, per meglio dire, l'industria degli <i>anime</i>.<br />
<br />
L'espansione di Nagai verso il settore degli <i>anime</i> fu rilevante quanto la sua apparizione sulla scena dei <i>manga</i>, pochi anni prima. Le proposte iniziali dello studio furono infatti accettate dalla Toei Animation Company, il più importante produttore di cartoni animati del Giappone per la TV e il cinema. Tra il 1970 e il 1972 Toei sviluppò così i vari episodi della serie, mentre Nagai da parte sua disegnò il <i>manga</i> per costruire un fandom tra il pubblico.<br />
<br />
Dato che le serie TV erano prodotte dallo studio di animazione e non direttamente da Nagai, lui era libero di sviluppare ancora più idee e disegnare i propri <i>manga</i>, che da quel momento vennero firmati come "Go Nagai e Dynamic Productions". Alla fine degli anni Settanta aveva disegnato più di cento titoli, molti dei quali erano delle serie lunghe. Sembrava quasi che Go Nagai stesse per travolgere e conquistare l'intera industria giapponese dei fumetti e dell'animazione.<br />
<br />
Le serie TV di Nagai furono popolari soprattutto in Italia e Francia, sebbene avessero ricevuto anche in questo caso le critiche feroci di gruppi di cittadini, a causa della violenza estrema presente. Nel 1978 la versione francese di <i>UFO Robot Grendizer</i> (intitolata <i>Goldorak</i>) fece notizia nel mondo intero poiché per diverse settimane ottenne il 100% degli ascolti televisivi: questo significava che durante quella mezz'ora tutti gli spettatori francesi non guardavano nient'altro che Grendizer. (La notizia era comunque viziata dal fatto che la Francia allora aveva solo due canali televisivi nazionali, e sull'altro canale alla stessa ora c'erano delle analisi di notizie economiche).<br />
<br />
<table cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="float: right; margin-left: 1em; text-align: right;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="https://4.bp.blogspot.com/-MUm4u9D0tHU/VxogNJBDK6I/AAAAAAAADUs/XlPL-GGQup4jgJRhVkmdjVC2-KFPlZoeQCLcB/s1600/photo_00042.jpg" imageanchor="1" style="clear: right; margin-bottom: 1em; margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" height="400" src="https://4.bp.blogspot.com/-MUm4u9D0tHU/VxogNJBDK6I/AAAAAAAADUs/XlPL-GGQup4jgJRhVkmdjVC2-KFPlZoeQCLcB/s400/photo_00042.jpg" width="235" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">La creazione di Mazinger Z</td></tr>
</tbody></table>
Durante gli anni Ottanta Nagai e la Dynamic Productions hanno poi diversificato le loro attività, includendo anche la puppet animation per bambini. Questi impegni hanno ridotto il tempo per disegnare, ma nonostante questo Nagai è ancora molto attivo. Nel 1984 la nostalgia per <i>Mazinger Z</i> ha portato a un nuovo <i>manga</i> e una serie <i>anime</i>, <i>God Mazinger</i>. Adesso è coinvolto nello sviluppo di animazioni per il nuovo mercato degli OAV (original animation video): uno di questi progetti è un remake fedele di <i>Devilman</i>.<br />
<br />
L'adattamento televisivo di <i>Devilman</i> fatto da Toei poteva sembrare molto esplicito nel 1972, ma era comunque molto edulcorato rispetto al <i>manga</i>, ed è considerato senz'altro leggero se si osservano gli standard attuali. La nuova serie in cinque parti intende invece dar vita a <i>Devilman</i> come concepito in origine da Nagai. Un prodotto completamente nuovo è invece <i>Fandora</i>, una commedia avventurosa a sfondo erotico con protagonista una giovanissima cacciatrice di taglie interstellare.<br />
<br />
Go Nagai, alla soglia dei quarant'anni, è ancora uno dei più importanti creatori di fumetti della realtà giapponese. Ha iniziato la sua carriera disegnando <i>manga</i> umoristici per bambini e ha sempre prodotto una vasta gamma di fumetti e idee per cartoni animati. Una delle sue creazioni televisive meno note è la tenera <i>Chicle, The Young Witch</i>, interessante perché appare nei titoli di coda anche il Titti della Warner Bros. Ma ciò a cui Nagai tiene di più è la sua reputazione come creatore di storie di sesso e violenza.<br />
<br />
Una recente serie <i>manga</i> è <i>Violence Jack</i>, ambientata in un brutale mondo post-atomico. Sono stati pubblicati anche due volumi di illustrazioni: uno è intitolato "Go Nagai and His Wild World of Violence", mentre l'altro dedicato alle sue serie fantasy-horror è "The Psychic World of Go Nagai".<br />
<br />
In ogni caso "violenza" è una definizione errata, poiché il reale interesse di Nagai è la pura forza, sia fisica che emotiva. I suoi personaggi tendono a essere rappresentati in modo imponente, con muscoli possenti e irradianti energia visibile; le loro passioni e il loro odio trascendono il tempo. I suoi robot e i suoi mostri sono titanici e bizzarri. Anche gli eroi robot ispirano una certa soggezione e riverenza, piuttosto che sensazioni di rilassatezza. I suoi eroi non si riposano mai; si sentono sempre responsabili del destino del mondo intero.<br />
<br />
Questa sorta di dinamismo grafico ha reso i fumetti di Go Nagai interessanti anche per gli statunitensi, sebbene non riuscissero a leggere le storie in giapponese.<br />
<br />
Fino a oggi l'unica apparizione dei fumetti di Nagai nelle testate americane è stata sul numero di giugno 1983 di <i>Epic Illustrated</i>. Ma gli esperti americani si sono procurati i <i>manga</i> originali per conto proprio da molto tempo. Nel 1982 il primo numero della serie satirica <i><a href="https://en.wikipedia.org/wiki/Cutey_Bunny">Cutey Bunny</a></i> di Joshua Quagmire affermava: «A proposito, il nome Cutey Bunny è un gioco di parole abbastanza ovvio. Ma è ovvio solo se siete dei fan dei fumetti giapponesi». E il terzo numero di <i>Tailgunner Jo</i>, realizzato da Peter Gillis e Tom Artis, mostrava un gigantesco veicolo stradale il cui nome era appunto "Go Nagai".<br />
<br />
Gli autori americani di fumetti conoscono quindi da tempo le opere di Nagai. Ora, con la pubblicazione di questo nuovo <i>Mazinger</i> creato apposta per il pubblico statunitense, possiamo finalmente conoscerlo tutti.<br />
<br />
<b>NOTA:</b> questa traduzione è stata pubblicata <a href="http://www.kayshapero.net/FredPatten/whatsnew2016.html">nell'aprile del 2016</a>. Fred Patten è deceduto il 12 novembre 2018; spero che anche questo piccolo contributo possa servire a preservare la memoria dei suoi scritti per gli anni a venire.AndreaPhttp://www.blogger.com/profile/16469452467698698115noreply@blogger.com2tag:blogger.com,1999:blog-5993243963647744234.post-89778554289976868542016-04-13T17:48:00.003+02:002021-01-16T16:04:28.677+01:00Paul Ryan, un ricordo<i><b>di Andrea Pachetti</b></i><br />
<br />
Visto che questo blog è sempre più destinato alle memorie (sia recenti che remote), ho pensato che sarebbe stato giusto dedicare uno spazio a Paul Ryan, disegnatore scomparso all'inizio di marzo.<br />
<br />
Ho atteso un po' di tempo prima di pubblicare l'articolo, per evitare di scadere nella retorica da necrologio tipica dei portali commerciali a fumetti: secondo questa dottrina <b>si evita</b> di parlare di un certo autore (magari non particolarmente famoso) fino al momento della sua morte e, una volta avvenuto il fatto, ci si limita a scrivere un articoletto in cui si citano, senza peraltro descriverli, due-tre delle opere più importanti; nei giorni immediatamente successivi tutto cadrà nel dimenticatoio, di nuovo.<br />
<br />
<table cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="float: right; margin-left: 1em; text-align: right;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="https://1.bp.blogspot.com/-jpSetZP6jww/Vw5pokQYPAI/AAAAAAAADTw/cpWD5AhJy5ISAhd1QEr9ETRJPAObSOsSQCLcB/s1600/ryan_malice.jpg" imageanchor="1" style="clear: right; margin-bottom: 1em; margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" height="355" src="https://1.bp.blogspot.com/-jpSetZP6jww/Vw5pokQYPAI/AAAAAAAADTw/cpWD5AhJy5ISAhd1QEr9ETRJPAObSOsSQCLcB/s400/ryan_malice.jpg" width="400" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">Fonte: Marvel Age #134</td></tr>
</tbody></table>
Lodare acriticamente ogni lavoro di Ryan giudicandolo un capolavoro è dunque sciocco, almeno quanto pensare che ogni sua cosa sia priva di valore. Da appassionato dei <i>Fantastic Four</i> senz'altro considero la <i>run</i> sul gruppo assieme a Tom DeFalco una delle sue opere più importanti in Marvel, sebbene sia da considerare altrettanto ben riuscita la serie <i>D.P. 7</i> del New Universe, scritta da Mark Gruenwald, dal 1986 al 1989. Peraltro, questa fu l'unica serie del N.U. pubblicata integralmente in Italia, dapprima sullo spillato omonimo e poi in appendice al Namor della <b>Play Press</b>.<br />
<br />
<i>Fantastic Four</i> invece ebbe il merito, nel nostro Paese, di segnare il passaggio tra la gestione <b>Star Comics </b>e la <b>Marvel Italia</b> ottenendo alcuni commenti positivi, ma anche critiche feroci per delle scelte piuttosto radicali sia nell'evoluzione delle trame che nel design dei personaggi. Spesso ci si dimentica infatti che le testate Marvel del periodo dovettero fronteggiare l'emorragia di lettori a causa della creazione della Image Comics, che spostò radicalmente il gusto dei giovani americani. I FF di DeFalco e Ryan rappresentarono proprio l'interessante compromesso tra la tradizione Marvel degli anni Sessanta e le tendenze moderniste dei nuovi autori che "andavano di moda".<br />
<br />
<a name='more'></a>Accanto a FF ci sono stati comunque interessanti numeri di <i>Iron Man</i>, <i>Avengers</i>, i primi di <i>Quasar </i>(pubblicati sull'<b>All American Comics</b> di Paolo Accolti Gil), fino al curioso <i>Ravage 2099</i> creato con Stan Lee; tutto questo prima del traumatico passaggio alla DC nel 1996 dovuto alle divergenze artistiche su <i>Onslaught</i> e <i>Heroes Reborn</i>. Un momento che peraltro fece allontanare definitivamente dalla Marvel diversi lettori, compreso il sottoscritto.<br />
<br />
Ho pensato che sarebbe stato interessante capire meglio questo periodo di passaggio mediante le parole stesse di Paul Ryan, così ho chiesto all'esperto <b>Sean Kleefeld </b>di poter tradurre <a href="http://www.kleefeldoncomics.com/2016/03/on-history-paul-ryan-ff-interview.html">un'intervista</a> da lui realizzata con l'autore nel 1997. Ringrazio Kleefeld per questa opportunità.<br />
<br />
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://2.bp.blogspot.com/-zTdB65nBNZo/Vw5qKubZd7I/AAAAAAAADT0/V7nWR_j6paEBA4FWu1fC-cQOWDj8Ch1LwCLcB/s1600/coverage.jpg" imageanchor="1" style="clear: right; float: right; margin-bottom: 1em; margin-left: 1em;"><img border="0" height="640" src="https://2.bp.blogspot.com/-zTdB65nBNZo/Vw5qKubZd7I/AAAAAAAADT0/V7nWR_j6paEBA4FWu1fC-cQOWDj8Ch1LwCLcB/s640/coverage.jpg" width="417" /></a></div>
<b>In che modo la Marvel ti propose di lavorare sulla testata dei Fantastici Quattro? Quale è stata la tua reazione iniziale? In quel momento sapevi che avresti lavorato con Tom DeFalco?</b><br />
<br />
La storia di come è avvenuta la mia gestione della serie è abbastanza particolare. Quando <a href="http://atarimagari.blogspot.it/2015/03/ragnarok-due-chiacchiere-con-walter.html">Walt Simonson</a> aveva ufficializzato la sua decisione di abbandonare <i>Fantastic Four</i>, avevo ricevuto una telefonata da John Byrne, in cui mi chiedeva se ero interessato a lavorare con lui sulla serie. Avevo collaborato con John in quel periodo su <i>Avengers</i> e <i>Avengers West Coast</i>. Ero molto emozionato non solo all'idea di lavorare di nuovo con lui (la sua run su <i>Fantastic Four</i> era una delle mie preferite), ma anche sulla mia testata preferita della Marvel: avevo comprato il mio primo numero alla tenera età di undici anni.<br />
<br />
Quello che John non mi disse era che l'editor Ralph Macchio non gli aveva ancora proposto niente: John riteneva che Ralph avrebbe dovuto chiamarlo, dato che sapeva del suo interesse per quella testata. Ralph, invece, pensava che dovesse essere John a telefonare, se davvero aveva intenzione di lavorare sulla serie. Così fui io a chiamarli più volte, ma erano entrambi inamovibili nelle loro posizioni e a poco a poco sentivo che la serie mi stava sfuggendo dalle mani. Alla fine mi sono arreso e ho continuato a lavorare sulle due serie degli <i>Avengers</i>.<br />
<br />
Non passò molto tempo e John mi chiese di disegnare di <i>Iron Man</i>, così lasciai <i>Avengers West Coast</i> per fare questa testata. Il venerdì successivo Ralph mi chiamò per offrirmi <i>Fantastic Four</i>, con Tom DeFalco ai testi. Risposi "NO", assieme ad alcune imprecazioni: avevo appena preso un nuovo incarico e non ero particolarmente felice all'idea di dover mollare anche <i>Avengers</i> per FF. Per tutto il fine settimana continuai a pensare ai Fantastici Quattro e a quanto li amavo. La prima cosa che feci il lunedì mattina, ancora prima dell'orario d'ufficio, fu lasciare un messaggio a Ralph. "Ok, la serie la faccio io".<br />
<br />
Il mio tempismo non poteva essere migliore. Quello stesso venerdì, appena avevo rifiutato l'offerta, Ralph aveva chiamato Dan Jurgens per offrire il lavoro a lui. Dato che non era riuscito a trovarlo, gli aveva lasciato un messaggio in segreteria. Ma io ero riuscito a raggiungere Ralph per primo... e il resto è storia.<br />
<br />
<b>Quali erano i tuoi pensieri, sapendo che saresti arrivato dopo la <i>run</i> di Simonson?</b><br />
<br />
Non ho pensato molto al fatto di dover arrivare sul fumetto subito dopo Walt. Walt è una grande persona, con cui ho buoni rapporti professionali da molti anni. Ho sentito che aveva lasciato la testata a causa delle eccessive restrizioni editoriali imposte durante il suo lavoro.<br />
<br />
<b>La collaborazione tra te e Tom sembrava andare molto bene; in che modo lavoravate, di solito?</b><br />
<br />
Ho lavorato con Tom nello stesso modo in cui lavoro con tutti gli sceneggiatori. Occasionalmente mi capita di proporre delle idee: alcune vengono usate, altre no.<br />
<br />
<b>Spesso durante la run ti è stata attribuita la co-creazione delle trame: hai quindi fornito più input a <i>Fantastic Four</i> rispetto ai fumetti sui quali avevi lavorato in passato?</b><br />
<br />
È che a Tom piace condividere la colpa con i propri collaboratori.<br />
<br />
<table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto; text-align: center;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="https://1.bp.blogspot.com/-lOpn0ehuGoE/Vw5oue3a7CI/AAAAAAAADTo/L9jvvzNwlogG8CW6U8XIXW4NDVlx0N8FwCLcB/s1600/ryanbulanadi.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" height="426" src="https://1.bp.blogspot.com/-lOpn0ehuGoE/Vw5oue3a7CI/AAAAAAAADTo/L9jvvzNwlogG8CW6U8XIXW4NDVlx0N8FwCLcB/s640/ryanbulanadi.jpg" width="640" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">Paul Ryan nel 1994 ai tempi di Fantastic Four<br />
con l'inchiostratore Danny Bulanadi. Fonte: Marvel Age #134</td></tr>
</tbody></table>
<br />
<b>Le vostre storie avevano un gusto che ricordava i Fantastici Quattro di Stan Lee e Jack Kirby, quanto era intenzionale? Sei un fan delle loro storie?</b><br />
<br />
Se le nostre storie ricordavano quelle di Lee/Kirby è perché sia io che Tom eravamo grandi fan di questi due giganti dell'industria del fumetto.<br />
<br />
<b>Qual è stato il problema più serio che hai affrontato mentre disegnavi il fumetto, e come l'hai risolto? Ci sono trame o storie che ricordi in modo particolare, sia in senso positivo che negativo?</b><br />
<br />
Uno dei problemi che ho dovuto affrontare erano le sceneggiature che arrivavano in ritardo. Per circa cinque anni ho provato a consegnare le tavole del fumetto in anticipo rispetto alle scadenze, posticipando altri lavori, ma senza alcun risultato. Tom era troppo impegnato con altri progetti, senza contare i suoi impegni come Editor-in-Chief.<br />
<br />
Un ulteriore problema erano i cambiamenti nelle trame. Una storia che avevamo discusso e che personalmente trovavo molto appassionante fu cambiata molte volte prima di raggiungere la stesura finale. Penso che Tom abbia passato troppo tempo a fare autocritica. A un certo punto Johnny e Lyja dovevano effettivamente avere un figlio: rimasi scioccato e deluso quando Tom cambiò il bambino in un impianto artificiale che conteneva un mostro.<br />
<br />
<b>Quando la Marvel iniziò a organizzare <i>Onslaught</i> e <i>Heroes Reborn</i>, vi era stato chiesto di concludere in fretta certe sottotrame in modo da armonizzarle con quegli eventi? Perché non hai lavorato sui numeri 415 e 416?</b><br />
<br />
L'intera situazione riguardante <i>Heroes Reborn</i> si rivelò una sorpresa molto spiacevole per me, perché scoprii solo su internet che stavo perdendo <i>Fantastic Four</i>. Io e Tom dovevamo lavorare sulla serie fino al numero 416 e, sì, ci era stato chiesto di completare le trame il più velocemente possibile.<br />
<br />
I nuovi responsabili della società (cioè quelli del management esecutivo) arrivarono con l'idea di corteggiare Jim Lee e riportarlo in Marvel, sperando in questo modo di recuperare terreno nelle vendite. Jim voleva i <i>Fantastic Four </i>così la Marvel glieli affidò, scavalcando del tutto il team editoriale. Questi ultimi allora decisero di mostrare alla Marvel che potevano realizzare anche loro un fumetto in stile Image, ma senza Jim Lee. Insomma, senza tante cerimonie, mi tolsero i numeri 415 e 416, che furono affidati a Carlos Pacheco.<br />
<br />
Questo mi lasciò dei sentimenti negativi nei confronti della Marvel. Mi abbandonarono alla deriva dopo undici anni di lavoro esclusivo per loro. Non ho più seguito i fumetti Marvel da allora, così non posso commentare in nessun modo la loro qualità attuale. La DC mi ha accolto a braccia aperte: sembra siano felici di avermi a bordo e mi stanno tenendo molto occupato in questo periodo.<br />
<br />
<b>Ti piacerebbe tornare a lavorare sui <i>Fantastic Four</i>? Quali sono i tuoi progetti futuri?</b><br />
<br />
Nessuno alla Marvel mi ha offerto i <i>Fantastic Four</i> di nuovo e non credo che tornerei sulla testata anche se me la proponessero, ora come ora. Sono sempre stato dell'opinione che le cose accadono per una ragione ben precisa. Sto seguendo alcuni progetti per la DC e sono soddisfatto così.<br />
<br />
Ma se nel futuro mi chiedessero di disegnare e SCRIVERE <i>Fantastic Four</i>... chi può dirlo?AndreaPhttp://www.blogger.com/profile/16469452467698698115noreply@blogger.com10tag:blogger.com,1999:blog-5993243963647744234.post-52207502901183642742016-01-26T14:53:00.002+01:002021-01-17T14:44:17.002+01:00Intervista a Sal Buscema (2012)<b><i>di Andrea Pachetti</i></b><br />
<br />
In occasione dell'ottantesimo compleanno di "Our Pal" Sal Buscema recupero in questa sede l'intervista che tradussi nel 2013, apportando al testo alcune modifiche e correzioni. Come allora, ringrazio <b>Bryan D. Stroud</b> del sito <a href="http://www.wtv-zone.com/silverager/interviews/buscema.shtml">The Silver Lantern</a> per avermi permesso di realizzare una versione italiana di questo suo lavoro, che nel frattempo è stato pubblicato in due parti sull'importante portale americano <a href="http://comicsbulletin.com/classic-interview-sal-buscema/">Comics Bulletin</a>. È un'ottima occasione per festeggiare e ricordare una delle colonne portanti del fumetto Marvel classico, argomento che su questo spazio è e sarà sempre il benvenuto.<br />
<br />
<h1>
Intervista a Sal Buscema</h1>
<br />
<i><b>di Bryan D. Stroud</b></i><br />
<i><b>traduzione di Andrea Pachetti</b></i><br />
<br />
<table cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="float: right; margin-left: 1em; text-align: right;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="http://3.bp.blogspot.com/-RRz4qhEsU1E/Vqd1Fq_eGKI/AAAAAAAADOo/mQJ-eZldWMo/s1600/Sal-Buscema.jpg" imageanchor="1" style="clear: right; margin-bottom: 1em; margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" height="220" src="http://3.bp.blogspot.com/-RRz4qhEsU1E/Vqd1Fq_eGKI/AAAAAAAADOo/mQJ-eZldWMo/s320/Sal-Buscema.jpg" width="320" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">Sal Buscema al tavolo da disegno, <a href="http://www.statueforum.com/showthread.php?t=138284">fonte</a></td></tr>
</tbody></table>
<b>Ti ricordi quale è stato il tuo primo lavoro pubblicato?</b><br />
<br />
Per quanto riguarda il settore pubblicitario deve essersi trattato del 1959 ma, a pensarci bene, immagino sia stato qualcosa per l’esercito perché quando sono stato militare, tra il 1956 e il 1958, ero un illustratore per <a href="http://en.wikipedia.org/wiki/United_States_Army_Corps_of_Engineers">il Genio</a>. Non saprei proprio dirti di cosa si trattava, ma in tutta probabilità è stato quello il mio primo lavoro da professionista. Ero stato assegnato alla Engineer School di Fort Belvoir e ci ho lavorato per circa due anni, realizzando illustrazioni per il reparto.<br />
<br />
Ovviamente ho lavorato con mio fratello John sui fumetti prima di iniziare una mia carriera personale. Al tempo lui lavorava per la Dell Publishing e ogni tanto se aveva problemi di scadenze mi occupavo delle sue tavole, disegnando i fondali, inchiostrandoli e facendo tutto il possibile per dargli una mano.<br />
<br />
<a name='more'></a><b>Hai frequentato qualche tipo di scuola?</b><br />
<br />
Gli unici insegnamenti che ho ricevuto sono quelli della scuola che John e io abbiamo frequentato, la High School of Music & Art. Hai presente il film e la serie televisiva "Saranno famosi"?<br />
<br />
<b>Sì.</b><br />
<br />
Bene, la scuola è quella. Ovviamente al tempo in cui facevano "Saranno famosi" i loro interessi si erano estesi oltre la musica e l’arte, arrivando alla recitazione e al teatro e diventando la "High School of Music and Art and Performing Arts". L'istituto fu fondato dal sindaco di New York Fiorello LaGuardia, che ritenne necessario avere in città una scuola che si occupasse seriamente di arte e musica. Era tutto molto bello, avevamo quattro orchestre sinfoniche e, puoi crederci o no, il corso di studi era davvero difficile.<br />
<br />
Io facevo il pendolare da Brooklyn: uscivo di casa circa alle sette meno un quarto del mattino e prendevo la metro per arrivarci. Si trovava praticamente nel cuore di Harlem, tra Amsterdam Avenue e la 135esima, proprio di fronte <a href="http://en.wikipedia.org/wiki/Ccny">al CCNY</a>. Il programma di studi artistici era davvero vasto e molto, molto valido. Sfortunatamente ero solo un ragazzino e nemmeno tanto sveglio, così non l'ho sfruttato al 100%, ma credo mi fossero comunque rimasti appiccicati addosso abbastanza concetti da convincermi a tentare una carriera nel settore.<br />
<br />
La mia formazione scolastica finisce qui. John ha frequentato credo per un anno o due <a href="http://en.wikipedia.org/wiki/Pratt_Institute">il Pratt Institute</a>, che al tempo era una scuola davvero molto valida. Io invece volevo mettermi subito a lavorare e non mi dispiace aver fatto così, probabilmente è una delle decisioni migliori che io abbia mai preso: tra l’altro quella è un’età in cui di solito si fanno un sacco di errori, ma mi è andata bene e non me ne sono mai pentito.<br />
<br />
Ho avuto l’opportunità di andare <a href="http://en.wikipedia.org/wiki/Cooper_Union">al Cooper Union</a> di New York, un college molto buono in cui però non c'erano le specializzazioni artistiche che interessavano a me, così ho rifiutato e mi sono trovato un lavoro come apprendista. Il resto, come si suol dire, è storia. Quindi, tranne le esperienze che ho detto, sono sostanzialmente un autodidatta.<br />
<br />
<b>Sono davvero sorpreso che tu non abbia avuto molta formazione accademica, il tuo lavoro è sempre stato ottimo.</b><br />
<br />
Avendo fatto questo mestiere per qualcosa come sessant’anni, ho iniziato a maturare la convinzione che nessuno possa insegnarti a essere un artista, devi imparare per conto tuo. Certo puoi ricevere degli orientamenti, che in sostanza è quello che fanno a scuola: sfortunatamente ci sono alcune scuole che ti guidano male e questa è una cosa molto negativa, purtroppo non si può fare molto a riguardo. Nel periodo in cui cercavo di imparare non c'erano molte scuole valide a cui rivolgersi, così mi sono messo subito a lavorare e ad apprendere sul campo. In questo senso per me è stato un ottimo inizio.<br />
<br />
<b>Quindi hai cominciato nel settore pubblicitario?</b><br />
<br />
Sì, il mio primo lavoro fu in uno studio pubblicitario e per i primi tredici anni della mia carriera sono stato un illustratore, ho fatto il graphic designer e tutto ciò che questo comporta.<br />
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<b>Solitamente è questo l’obiettivo di molti artisti, invece tu sei poi arrivato ai fumetti. Come è accaduto?</b><br />
<br />
Fare fumetti era il mio desiderio iniziale, ma l'industria del settore era praticamente morta quando iniziai, stiamo parlando degli anni Cinquanta. Mi sono laureato nel 1953 e ti ricorderai che in quel periodo ci fu il grande scandalo dei fumetti: se li paragoniamo a quelli di oggi sembrano delle favole per bambini, come cambiano i tempi!<br />
<br />
Il settore era così in crisi che John dovette lasciarlo e cercare altre occupazioni nel campo dell'illustrazione perché non c’era più lavoro, tanto meno per un principiante come me. Per questo sono stato costretto a spostarmi sulla pubblicità, ma è stato comunque un meraviglioso periodo di formazione. Ero felice dei risultati ottenuti e, se dovessi ricominciare da capo, non cambierei una virgola delle scelte che ho fatto.<br />
<br />
<b>Ti ricordi quali erano le tariffe per una pagina, quando hai iniziato?</b><br />
<br />
Vediamo, ho sempre usato John come metro di paragone perché aveva otto anni più di me e aveva iniziato a lavorare con la Timely e Stan Lee quando ne aveva venti, più o meno nel 1948. Cominciò come dipendente, ma quando la situazione nell’industria stava peggiorando diventò freelance: gli artisti migliori, e certamente lui diventò una delle persone più conosciute nel settore, venivano pagati da 35 a 40 dollari per una tavola, arrivando a 50 per matite e chine complete.
Se ti davano abbastanza lavoro ed eri ragionevolmente veloce potevi camparci senza problemi; ovvio, i salari a quei tempi erano molto più bassi di quanto lo sono oggi. Andò tutto bene fino al crollo dell’industria dei fumetti.<br />
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<table cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="float: right; margin-left: 1em; text-align: right;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="http://3.bp.blogspot.com/-7Esljlm4xes/Vqd2DyFdjTI/AAAAAAAADO0/umlWPfuHl08/s1600/silversurfer7pg31.jpg" imageanchor="1" style="clear: right; margin-bottom: 1em; margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" height="288" src="http://3.bp.blogspot.com/-7Esljlm4xes/Vqd2DyFdjTI/AAAAAAAADO0/umlWPfuHl08/s400/silversurfer7pg31.jpg" width="400" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">Silver Surfer di John Buscema (matite)<br />
e Sal Buscema (chine), <a href="http://www.comicartfans.com/GalleryPiece.asp?Piece=326353&GSub=50860">fonte</a></td></tr>
</tbody></table>
<b>Quando ti sei spostato nel settore dei fumetti hai iniziato con la Marvel?</b><br />
<br />
Sì, sono stato fortunato. È veramente una storia divertente: John un giorno incontrò per caso Stan Lee a Manhattan, praticamente si scontrarono camminando per strada. Iniziarono a parlare dei vecchi tempi, erano passati anni da quando John aveva lasciato la Timely per dedicarsi all'illustrazione pubblicitaria: Stan iniziò a chiedergli se desiderasse tornare a disegnare fumetti, dicendo che gli affari stavano migliorando. Sarà stata la fine degli anni Cinquanta, o l’inizio dei Sessanta.<br />
<br />
Disse: «John, stiamo cercando personale, quindi se vuoi tornare basta che lo dici. Possiamo pagare delle tariffe più alte, gli affari migliorano e abbiamo bisogno di gente in gamba.» E così lo fece. In quel periodo era un pendolare, in direzione Long Island e Manhattan a causa del suo lavoro nella grafica pubblicitaria: anche se aveva un ottimo stipendio la vita per lui era veramente pesante, perché ci metteva quattro ore ogni giorno per spostarsi e questa cosa lo stava letteralmente uccidendo. Quando gli si presentò l'opportunità di essere un freelance e lavorare da casa, non se la fece sfuggire.<br />
<br />
Così, saputa questa cosa e rassicurato dal fatto che l'industria dei fumetti stava di nuovo andando bene, decisi di fare un tentativo anch'io. John mi parlò della cosa al telefono, così studiai per circa un anno, perché dovevo letteralmente imparare a fare fumetti. Non me ne ero mai occupato prima eccetto le piccole cose che avevo fatto con mio fratello. Andavano per la maggiore i supereroi disegnati da gente come Jack Kirby, John Romita Sr. e Gene Colan.<br />
<br />
La Marvel stava procedendo molto bene e così decisi di provarci. Lavorai su una storia di sei pagine solo a matita, anche se il mio desiderio era quello di fare le chine, che è sempre stato il mio primo amore. Volevo solo essere un inchiostratore, ma John mi disse che alla Marvel in quel momento cercavano gente per i disegni a matita, così pensai di propormi in quella veste e poi magari cambiare in seguito. Ho fatto dei disegni di prova, Stan li ha visti e gli sono piaciuti e così… ho lavorato alla Marvel per più di quarant'anni.<br />
<br />
<b>Wow! Non potevi chiedere di meglio.</b><br />
<br />
No davvero, sono stato proprio fortunato. Ho avuto una bellissima carriera e sto ancora lavorando. Continuerò a fare albi a fumetti fino a quando qualcuno vorrà che io li faccia, anche se ora mi occupo solo delle chine ed è così da un po' di anni a questa parte. Mi diverto moltissimo, per me è davvero un grande gioia. Tutto ciò che devi fare è completare la tavola, puoi essere chiaro e preciso al contrario di chi si occupa delle matite, che è costretto a passare un sacco di tempo a pensare allo storytelling. I ritmo e il design della storia, delle pagine e il layout delle vignette, gli schizzi: tutto è più complicato e c'è un sacco di lavoro in più. Come inchiostratore, ti arriva il materiale che è già stato disegnato a matita, devi solo completarlo e risulta molto più divertente.<br />
<br />
Intendiamoci, mi è piaciuto molto anche fare le matite. L'ho fatto per molti, molti anni e ho lavorato praticamente su ogni personaggio della Marvel: è stata un'esperienza appagante, ma si è trattato anche di un lavoro molto impegnativo. Richiede molto ragionamento, sforzo ed energia e al confronto fare le chine è uno spasso, potrei farlo persino dormendo. Ho usato una piccola iperbole in questo caso, ma è davvero il mio modo di vedere le cose: per me è più un divertimento che vero lavoro.<br />
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<table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto; text-align: center;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="http://1.bp.blogspot.com/-kbmxvtFufdw/Vqd3gZib07I/AAAAAAAADPA/i02OckNl9Dc/s1600/2SalBuscemaBreakdowns_BobMcLeodFinishes.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" height="474" src="http://1.bp.blogspot.com/-kbmxvtFufdw/Vqd3gZib07I/AAAAAAAADPA/i02OckNl9Dc/s640/2SalBuscemaBreakdowns_BobMcLeodFinishes.jpg" width="640" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">New Mutants, breakdowns di Sal Buscema e chine di Bob McLeod, <a href="http://www.inkwellawards.com/?attachment_id=1912">fonte</a></td></tr>
</tbody></table>
<br />
<b>A un mio amico, che è un professionista del settore e che ha visto le tue tavole a matita, sembrava che il tuo approccio principale alla pagina fosse quello di fare dei <i>breakdowns</i>, è così?</b><br />
<br />
Mi venivano richiesti. Un dono che ho sempre avuto è quello di avere buone capacità di <i>storytelling</i>, oltre a essere piuttosto veloce. Ero capace di completare le storie sempre in un tempo ragionevole: c'è voluto qualche anno per arrivare a quel punto, ma da lì in poi tutto è diventato abbastanza semplice. Dato che avevo questa capacità, la Marvel spesso mi chiedeva di fare dei <i>fill-in</i> quando avevano dei problemi di scadenze su una data serie. Così, in modo da velocizzare le cose e concludere le storie, prima facevo quelli che vengono definiti <i>breakdowns</i>. Vorrei sottolineare che quei lavori erano comunque completi e definiti, non dei semplici schizzi. L'unica cosa è che mancavano i neri ma, se l'inchiostratore era bravo e sapeva dove metterli, poteva seguire molto bene ciò che avevo disegnato io.<br />
<br />
In questo modo potevi sviluppare una storia molto più velocemente. Dato che la Marvel mi richiedeva di frequente questo tipo di lavoro addizionale, non potevo certo consegnare delle matite complete in ogni particolare perché il tempo non lo permetteva, così procedevo coi <i>breakdowns</i> e poi diventò la prassi. Questo procedimento mi piaceva molto di più quando facevo sia le matite che le chine: a matita facevo solo gli schizzi e così potevo completare il lavoro direttamente a china.<br />
<br />
A un certo punto per la Marvel stavo facendo matite e chine per due albi ogni mese. Ero molto avvantaggiato dal modo in cui si lavorava ai tempi, piuttosto che con le tecnologie computerizzate di oggi: facevo le matite o meglio i <i>breakdowns</i>, poi venivano scritti i dialoghi, era aggiunto il lettering e infine le tavole tornavano a me per l’inchiostrazione. Quindi si trattava di completare il lavoro con le chine, e io ho sempre disegnato meglio con un pennello piuttosto che con una matita: il perché non lo so, semplicemente funziona così. Come dicevo, per me era un vantaggio dato che con le chine mi diverto ed è un modo molto più bello di lavorare. Ho fatto in questo modo per molti anni alla Marvel e ovviamente anche altri colleghi seguivano lo stesso procedimento.<br />
<br />
Lo ripeto, i miei <i>breakdowns</i> erano netti e precisi, così se era un altro inchiostratore a dover lavorare partendo dalle mie matite era tutto già presente nella tavola: non doveva mai tirare a indovinare oppure ridisegnare nulla. In sostanza nei miei schizzi c'erano solo le linee, quindi niente neri, niente ombreggiature, niente cose di quel tipo. Nell'albo finito vedevi comunque ciò che avevo disegnato io, solo con l’aggiunta dei neri.<br />
<br />
<b>Quali erano i tuoi strumenti preferiti?</b><br />
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In quel periodo <a href="http://en.wikipedia.org/wiki/Winsor_%26_Newton">alla Windsor & Newton</a> producevano i migliori pennelli del mondo, ma i loro prodotti peggiorarono molto negli anni seguenti e da allora ho avuto un sacco di problemi a trovarne di altrettanto buoni. Per molto tempo ho dovuto usare una pennino, proprio perché non riuscivo a reperire dei pennelli che funzionassero come volevo io. Poi fui abbastanza fortunato da reperire alcuni pennelli prodotti da una piccola azienda irlandese: a quanto pare un'anziana coppia in pensione aveva deciso di aprire una piccola attività parallela e divenne il distributore americano di questa azienda. Il nome del pennello è Kolinsky. Sono veramente degli ottimi strumenti, sebbene non quanto i Windsor & Newton dei tempi d'oro. Almeno fanno il loro lavoro come desidero io.<br />
<br />
Per quanto riguarda le matite, uso una cara vecchia HB oppure una n. 2. Per anni ho usato anche l’inchiostro Pelikan, ma poi ho avuto difficoltà a reperire i flaconi grandi tramite il mio distributore. Mi sono trovato bene anche con un nero di China prodotto in Giappone. È di buona qualità, un nero piacevolmente denso, sono felice di averlo trovato perché posso prenderlo nelle bottiglie grandi, cosa che riduce notevolmente i costi. Sfortunatamente non posso dirti la marca, dato che è scritta in giapponese <i>(risata)</i>.<br />
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<table cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="float: right; margin-left: 1em; text-align: right;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="http://1.bp.blogspot.com/-jmDHqfyQrOM/Vqd31bt7Q2I/AAAAAAAADPI/4pGU0dc7pD0/s1600/Collier%2527s%2BSep%2B4%252C%2B%252753.jpg" imageanchor="1" style="clear: right; margin-bottom: 1em; margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" height="348" src="http://1.bp.blogspot.com/-jmDHqfyQrOM/Vqd31bt7Q2I/AAAAAAAADPI/4pGU0dc7pD0/s400/Collier%2527s%2BSep%2B4%252C%2B%252753.jpg" width="400" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">Lo Sherlock Holmes di Robert Fawcett su Collier's, <a href="http://vozwords.blogspot.it/2015/01/robert-fawcetts-sherlock-holmes.html">fonte</a></td></tr>
</tbody></table>
<b>Quali sono state le tue influenze artistiche?</b><br />
<br />
Senz'altro i maestri classici come Michelangelo, che è stato uno dei più grandi artisti mai vissuti; Peter Rubens, un altro artista davvero magnifico; passando ai più moderni, mi sono innamorato dei lavori di <a href="http://en.wikipedia.org/wiki/John_Singer_Sargent">John Singer Sargent</a>. Rembrandt rimane ovviamente uno dei miei preferiti di ogni tempo.<br />
<br />
Parlando di illustratori metterei nella lista <a href="http://en.wikipedia.org/wiki/Robert_Fawcett">Robert Fawcett</a>, un nome che probabilmente non è molto conosciuto. Faceva parte del corso per corrispondenza della <a href="http://en.wikipedia.org/wiki/Famous_Artists_School">Famous Artists School</a>, che era stata creata da <a href="http://en.wikipedia.org/wiki/Albert_Dorne">Albert Dorne</a> negli anni Cinquanta ed era divenuta una scuola eccezionale per illustratori, dato che i dodici docenti erano tra i migliori del loro tempo. Uno era <a href="http://en.wikipedia.org/wiki/Al_Parker_(artist)">Al Parker</a>, mentre Albert Dorne era il presidente e fondatore della scuola. Poi c'era Robert Fawcett, probabilmente uno dei più grandi illustratori che l’America abbia mai avuto; la sua opera è assolutamente splendida; ha disegnato illustrazioni per le storie di <a href="http://en.wikipedia.org/wiki/Collier's">Collier's</a> e praticamente tutti le più importanti riviste dell’epoca, sfortunatamente adesso tutte chiuse. Un altro importante membro della scuola era <a href="http://en.wikipedia.org/wiki/Norman_Rockwell">Norman Rockwell</a>.
<br />
<br />
A ogni modo, sono stato influenzato moltissimo da Robert Fawcett, le sue illustrazioni e i suoi disegni erano magnifici. Molti anni fa ha fatto una serie per Collier's scritta da un discendente di Arthur Conan Doyle, che parlava di Sherlock Holmes: realizzò delle illustrazioni meravigliose e la cosa divertente è che era daltonico. Anche sua moglie era un’artista e lo aiutava con i colori.<br />
<br />
Si tratta di una lista breve, ma ora come ora sono molto ispirato da John Singer Sargent. Quell'uomo era un genio assoluto. Quando guardo i suoi dipinti non riesco a credere che le sue pennellate siano vere: il controllo della mano che possedeva e la maestria nell'uso del colore erano semplicemente fantastici.<br />
<br />
<table cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="float: right; margin-left: 1em; text-align: right;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="http://4.bp.blogspot.com/-ku_LlF4GvmM/Vqd4ItMXdBI/AAAAAAAADPQ/Q_xxlXhXnUA/s1600/243874_20120302065820_large.jpg" imageanchor="1" style="clear: right; margin-bottom: 1em; margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" height="400" src="http://4.bp.blogspot.com/-ku_LlF4GvmM/Vqd4ItMXdBI/AAAAAAAADPQ/Q_xxlXhXnUA/s400/243874_20120302065820_large.jpg" width="257" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">G.I. Joe Annual 2012<br />
di Frenz, Buscema e Trimpe, <a href="http://www.comicbookdb.com/">fonte</a></td></tr>
</tbody></table>
<b>Hai collaborato con molte persone nel corso degli anni. Se pensi alle tue esperienze lavorative più piacevoli, chi ti viene in mente?</b><br />
<br />
Per quanto riguarda le persone con cui ho lavorato negli anni più recenti senz’altro Ron Frenz, lo ritengo uno dei cinque migliori disegnatori attualmente al lavoro nel settore. È un narratore fantastico e uno splendido artista, le sue opere risultano straordinariamente dinamiche e potenti. Poi certamente Tom DeFalco, entrambi sono due miei buoni amici. Non siamo solo colleghi di lavoro, ci conosciamo da un sacco di anni ed è sempre stata una gioia fare qualcosa assieme. Abbiamo realizzato <i>Spider-Girl</i>: andando avanti i lavori sono progressivamente diminuiti, ma io e Ron stiamo collaborando adesso con la IDW in California, su <i>G.I. Joe</i> e vari altri progetti.<br />
<br />
Andando indietro penso a Marc DeMatteis, che è un grande sceneggiatore capace di scrivere ogni volta materiale meraviglioso. Quando ho iniziato a lavorare su Hulk collaboravo con Len Wein: il nostro rapporto di lavoro era splendido e penso che abbiamo fatto delle belle storie assieme. Devi considerare che ormai sono nel giro da 44 anni e qualche volta i nomi non sono così semplici da ricordare, anche se ho avuto molte esperienze positive di lavoro con un sacco di gente in gamba.
<br />
<br />
Adoravo inchiostrare le tavole di Herb Trimpe. Io e lui abbiamo collaborato di nuovo in un lavoro recente per la IDW, per la prima volta dopo 35 anni. Davvero, amavo inchiostrare i suoi disegni.<br />
<br />
<b>Ho sempre sentito solo cose positive su Herb, sembra essere davvero una persona perbene.</b><br />
<br />
Certamente lo è, la cosa buffa è che io e Herb avevamo parlato negli anni al massimo una volta o due, e solo per telefono: ci conoscevamo esclusivamente attraverso il nostro lavoro. Di recente Ron Frenz stava partecipando a una convention di fumetti a Baltimora e gli ho detto, dato che tornava comodo, di incontrarci e pranzare assieme: ho scoperto che anche Herb Trimpe era ospite lì, così l’ho incontrato di persona per la prima volta in quarant'anni. È una persona super, un vero galantuomo e mi hanno detto solo cose meravigliose riguardo a lui, è stato davvero bello vederlo. Abbiamo parlato per un po' ed è stato proprio divertente incontrarlo, dopo tutti questi anni di collaborazione.<br />
<br />
Infatti quando ho iniziato a parlare con Stan Lee per la proposta di lavoro alla Marvel, le prime tavole che mi ha mostrato e che usava come esempio di ciò che voleva nello <i>storytelling</i> erano quelle di Herb Trimpe. Herb era un meraviglioso narratore per immagini, con disegni realistici, semplici, diretti e molto ben fatti.<br />
<br />
<b>Hai un personaggio preferito, tra quelli su cui hai lavorato nel corso della tua carriera?</b><br />
<br />
Certamente, quello che preferisco è di gran lunga l’<i>Incredibile Hulk</i>. Amo quel personaggio e l’ho realizzato circa per dieci anni, mentre Herb per sette anni e mezzo: la cosa divertente è che è uscito un volume un paio di anni fa sulla storia dell’<i>Incredibile Hulk</i> e né lui né io eravamo presenti <i>(risata)</i>.<br />
<br />
È una cosa davvero stupefacente dato che complessivamente abbiamo creato 17-18 anni di storie del personaggio, ci siamo fatti una bella risata a riguardo: probabilmente volevano mettere in luce i talenti più recenti, suppongo che gli affari funzionino così. In ogni caso è il mio preferito in assoluto e lavorerei su Hulk in qualunque momento, se mi venisse data l'opportunità.<br />
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<table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto; text-align: center;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="http://2.bp.blogspot.com/-Ti8i7g-Jj3s/Vqd4g8wH9nI/AAAAAAAADPY/RUqPfZcy370/s1600/hulk289_salpunch_001.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" height="340" src="http://2.bp.blogspot.com/-Ti8i7g-Jj3s/Vqd4g8wH9nI/AAAAAAAADPY/RUqPfZcy370/s640/hulk289_salpunch_001.jpg" width="640" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">Incredible Hulk di Bill Mantlo (testi) e Sal Buscema (disegni), <a href="http://80pagegiant.blogspot.it/2012/12/sals-sunday-punch-22.html">fonte</a></td></tr>
</tbody></table>
<br />
<b>Pensi che gli abbiano reso giustizia sul grande schermo?</b><br />
<br />
Penso che abbiano catturato molto bene la sua essenza nel recente <i>The Avengers</i>, meglio che nei due film precedenti. Il primo aveva dei momenti buoni, ma il film non mi interessava molto e nemmeno la trama, avevo l'impressione che il regista Ang Lee non fosse entrato molto in sintonia col personaggio. Per esempio non mi piaceva che fosse alto otto metri e mi sembrava che avessero perso un'occasione: penso che alcune delle animazioni fossero eccellenti, ma aveva un aspetto troppo pulito per i miei gusti.<br />
<br />
Il secondo film mi è sembrato molto meglio per quanto riguarda la trama, ma in molte occasioni l'animazione non era granché. Ha dei momenti validi e certamente è superiore al primo, ma solo con <i>The Avengers</i> hanno catturato l’essenza di Hulk. È molto divertente, sono riusciti a inserire anche un po' di commedia e mi è piaciuto un sacco, penso che finalmente abbiano fatto centro. I primi due film sono stati delle occasioni perdute, soprattutto il primo. Il secondo era un po' meglio e <i>The Avengers</i> è stato fantastico.<br />
<br />
<b>Sono d'accordo con te. Nel cinema mi sono sbellicato dalle risate assieme al resto del pubblico in un paio di scene in particolare.</b><br />
<br />
<i>(Risata)</i> Erano davvero divertenti, sembrava che Hulk fosse un bambinone: la mentalità di un bimbo di sei anni con la forza di un milione di uomini. È uno dei suoi punti di forza, ciò lo rende così interessante e divertente da realizzare. Le possibilità sono infinite con un personaggio del genere.<br />
<br />
<b>Hai lavorato sia con il "metodo Marvel" sia con le sceneggiature complete. Cosa preferisci?</b><br />
<br />
Sì, di gran lunga il metodo Marvel. Una delle ragioni principali per cui ho smesso di realizzare le matite nei fumetti è che ne avevo abbastanza, penso di essere arrivato al punto di saturazione. Non voglio più disegnare le matite, mi sono ritirato. Anche se voglio continuare a lavorare, mi sono ufficialmente ritirato qualcosa come undici o dodici anni fa.<br />
<br />
Lavorare su una sceneggiatura è una noia assoluta: è stato il genio di Stan Lee a introdurre invece l’altro metodo di lavoro, dando al disegnatore solo una bozza della trama e dicendogli di completarla, penso sia stato questo ad aver reso esaltanti i fumetti della Marvel. Li ha posti una spanna sopra a tutto ciò che è stato prodotto negli anni Sessanta, Settanta, Ottanta e anche Novanta e ha reso la Marvel la società con maggiori vendite nel settore. Grazie al metodo Marvel le storie erano molto più dinamiche: voglio dire, chi poteva raccontare una storia meglio di Jack Kirby, dal punto di vista dei disegni? Stan aveva compreso il dono che possedevano questi disegnatori e decise di fornire solo l’inizio della storia, lasciando fare ai disegnatori ciò che volevano. Il risultato è stato fantastico, non capisco perché questo metodo sia stato abbandonato al giorno d'oggi.<br />
<br />
I fumetti non li leggo nemmeno più. Un paio di mesi fa ero <a href="http://en.wikipedia.org/wiki/Borders_Group">da Borders</a> e, preso da una curiosità morbosa, sono andato nel settore fumetti: ho scelto un paio di volumi di Spider-Man e un paio degli altri, li ho sfogliati e li ho rimessi sullo scaffale. Non riesco più a leggerli: non so cosa sia successo al settore dei fumetti, ma ormai stanno facendo un'altra cosa. Non stanno più realizzando fumetti, cercano di riprodurre i film nei fumetti e questa cosa non può funzionare, dato che si tratta di un mezzo completamente diverso e unico.<br />
<br />
Ora lavorano con le sceneggiature. Mi capita di parlare spesso con Ron Frenz che collabora occasionalmente sia con la Marvel che con la DC: entrambe usano le sceneggiature complete e lui non le sopporta, le odia per le ragioni che ho già spiegato, è così limitante. In questo caso lo scrittore racconta la storia dicendo al disegnatore cosa fare, dove mettere ogni personaggio, cosa vuole in ogni singola vignetta, ma così non funziona. Noi, come artisti, pensiamo in modo visuale. Dicono che anche gli scrittori ragionino nello stesso modo, ma non è affatto così. Penso che questo dimostri la differenza tra ciò che viene prodotto oggi e i tempi d’oro della Marvel: per quanto mi riguarda non c’è confronto.<br />
<br />
È interessante: io non vado più alle convention di fumetti ma, quando lo facevo, specialmente ai vecchi tempi, la maggior parte del pubblico era composto da bambini, ragazzini o comunque gente giovane. Negli ultimi anni c'è stata invece una rivoluzione. Alle ultime convention a cui sono andato mi sono accorto che le persone in fila per i disegni o gli autografi erano di trenta, quaranta o cinquant'anni. Tutti continuavano a dirmi: «Io non compro più fumetti, quando ne voglio leggere qualcuno uno riprendo i miei vecchi albi.»<br />
<br />
È per questo che l’industria oggi è il 20% rispetto al passato. Non capisco perché questo fatto non sia riconosciuto anche dalle alte sfere del settore: l’unica conclusione a cui sono arrivato è che stanno cercando esclusivamente di soddisfare il proprio ego creativo. È l’unico modo in cui riesco a vederla, evidentemente non sono più interessati a vendere i fumetti. Quando li realizzavamo noi si trattava di un business, eravamo nel business dei fumetti e ne vendevamo una tonnellata. C’era un tempo in cui la Marvel aveva cinquanta o sessanta titoli in uscita ogni mese e se un albo vendeva tra le 40.000 e le 50.000 copie era sull’orlo della chiusura.<br />
<br />
Ho sentito di recente che lo staff editoriale della Marvel era in fermento perché il loro albo di punta di Spider-Man aveva venduto 50.000 copie. Questo è ciò che accade oggi e lo trovo davvero incredibile: quando Spider-Man lo facevo io, c’erano quattro serie diverse del personaggio; la mia stava al terzo posto e vendeva ogni mese tra le 220.000 e le 230.000 copie. Sommati assieme, i quattro albi superavano il milione di copie e ora si emozionano per 50.000. Come ho detto prima, 50.000 copie ai tempi d'oro della Marvel probabilmente avrebbero portato alla cancellazione del titolo, poiché le vendite erano basse.<br />
<br />
Ecco il punto a cui siamo arrivati e non riesco a capire perché. Non capisco più il loro modo di ragionare. Gli albi a fumetti che facevamo noi ora sono prodotti nei film. Certamente non sono più prodotti negli albi. Non ho idea di cosa stiano facendo e onestamente neanche mi interessa più leggerli.<br />
<br />
<table cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="float: right; margin-left: 1em; text-align: right;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="http://4.bp.blogspot.com/-VGpq02Et9L8/Vqd5Q4HybEI/AAAAAAAADPk/YOVwX1ifY7w/s1600/spectacular300.jpg" imageanchor="1" style="clear: right; margin-bottom: 1em; margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" height="640" src="http://4.bp.blogspot.com/-VGpq02Et9L8/Vqd5Q4HybEI/AAAAAAAADPk/YOVwX1ifY7w/s640/spectacular300.jpg" width="420" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">L'ultima tavola (muta) di Spectacular Spider-Man #200</td></tr>
</tbody></table>
<b>Gli ultimi albi nuovi che mi sono piaciuti sono quelli di <i>Witchfinder</i> per la Dark Horse, coi disegni di John Severin. È il migliore per quanto riguarda il vecchio West e questi lavori sono stati una vetrina per lui. Mi hanno colpito in particolare alcune pagine prive di dialoghi, poiché non c’era bisogno di aggiungerli.</b><br />
<br />
Esattamente. Una delle cose più belle che mi sono accadute, riguardo ciò che hai appena detto, è quando io e Marc DeMatteis lavoravamo su <i>Spectacular Spider-Man</i> nell’albo in cui c'è la morte di Harry Osborn. Fu molto emozionante perché Marc scrisse per me un soggetto meraviglioso da sviluppare: nell'ultimo paio di tavole c'è la parte più commovente in cui Harry muore, Peter è sopraffatto dal dolore e va verso Mary Jane, anche lei viene sopraffatta e, insomma, è stato per me un vero viaggio emozionale.<br />
<br />
Penso di aver messo molto di quel pathos nelle ultime due o tre pagine e Marc non scrisse nessun dialogo. Mi chiamò, dicendomi: «Sal, quelle pagine erano narrate in un modo così meraviglioso che non avevano bisogno di nessun dialogo, così non ce l’ho messo». È stato uno dei momenti della mia carriera di cui vado più fiero, perché il commento veniva da Marc DeMatteis che è uno scrittore eccellente, è stato molto toccante.<br />
<br />
<b>Non potevi ricevere complimento migliore.</b><br />
<br />
È quello che i fumetti dovrebbero essere: immagini che raccontano una storia. L'ideale che stavamo seguendo lavorando mese per mese era di raccontare la storia in modo che non ci fosse bisogno di parole. Certamente si trattava un sogno impossibile, dato che devi avere i dialoghi, devi avere le descrizioni e così via, ma era comunque ciò per cui lavoravamo. Non ho idea di come lavorino attualmente: se guardo le pagine, vedo vignette piene di teste che parlano l'una con l'altra, non ho idea di cosa stia accadendo e nemmeno mi interessa <i>(risata)</i>.<br />
<br />
È tutto molto triste: è un mezzo meraviglioso ma sta morendo di una morte lenta, o forse adesso addirittura abbastanza rapida. Grazie a Dio ci sono i film che ci fanno divertire e la maggior parte di essi sono bellissimi. Non me ne perdo uno e pochi mi hanno davvero deluso, quasi tutti sono stati realizzati molto bene.<br />
<br />
<table cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="float: right; margin-left: 1em; text-align: right;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="http://2.bp.blogspot.com/-1bVMs7QoBuw/Vqd5p43R9cI/AAAAAAAADPs/NO_dS8OtL4w/s1600/231230_20110720234221_large.jpg" imageanchor="1" style="clear: right; margin-bottom: 1em; margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" height="400" src="http://2.bp.blogspot.com/-1bVMs7QoBuw/Vqd5p43R9cI/AAAAAAAADPs/NO_dS8OtL4w/s400/231230_20110720234221_large.jpg" width="260" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">Retroactive Flash 1970's, <a href="http://www.comicbookdb.com/">fonte</a></td></tr>
</tbody></table>
<b>Hai collaborato a un progetto recente che ritengo interessante, fare le chine del <i>Retroactive Flash</i> degli anni Settanta per la DC.</b><br />
<br />
L'albo con i gorilla?<br />
<br />
<b>Proprio quello.</b><br />
<br />
Oh, sì. Le matite erano di un ragazzo spagnolo: credo che una delle ragioni per cui mi hanno chiesto di fare le chine è che lui aveva fatto un lavoro molto frettoloso. Devono avergli dato una scadenza assurda e, se non vado errato, si trattava di una storia di 28 pagine o comunque più di 22. Essenzialmente volevano che le aggiustassi un po': la mia impressione era che l'altro aveva tirato via proprio a causa di una scadenza impossibile.<br />
<br />
È un bravo disegnatore e per quello che ho potuto vedere anche un narratore niente male, ma le matite in qualche caso lasciavano a desiderare. Dato che anch'io disegno a matita ho pensato volessero da parte mia qualche modifica delle tavole. In un certo senso è stato un lavoro divertente: ero molto riluttante a fare una cosa del genere sulle matite di un altro, perché non mi piaceva quando facevano la stessa cosa con le mie; in questo caso era però necessario perché in alcune vignette sembrava che molte cose mancassero, mettiamola così. È stato interessante e, quando ho visto il lavoro finito, sembrava ok.<br />
<br />
<b>Lo penso anche io ed è stato interessante per me vederti al lavoro su un albo DC, anche se certamente non è il tuo unico lavoro per quell’editore. Prima hai parlato del tuo nuovo impegno con la IDW, come ci sei arrivato?</b><br />
<br />
La collaborazione con la Marvel e la DC mi aveva praticamente prosciugato e volevo solo continuare a lavorare. Non per necessità finanziarie, ma perché sono un tipo strambo: prima di tutto mi diverto così tanto che non riesco a considerarla una vera occupazione, ma anche perché penso che il lavoro sia una cosa positiva per l’individuo.<br />
<br />
Quando vai in pensione, cosa fai in un giorno di 24 ore? Dunque, dormi per 8 ore e ti diverti per altre 8, ma cosa fare allora nelle 8 che rimangono? Dopo un po' mi è venuta l’angoscia e mi sono detto: «devo trovarmi qualcosa da fare». Rimanere impegnato. Ho deciso che avrei continuato a lavorare fino a che qualcuno me lo avesse permesso, anche soltanto per mantenere la mia sanità mentale.<br />
<br />
<table cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="float: right; margin-left: 1em; text-align: right;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="http://3.bp.blogspot.com/-fezVN5boV3w/Vqd582n19QI/AAAAAAAADP0/RNZqqpEgjLY/s1600/257736_20120926112401_large.jpg" imageanchor="1" style="clear: right; margin-bottom: 1em; margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" height="400" src="http://3.bp.blogspot.com/-fezVN5boV3w/Vqd582n19QI/AAAAAAAADP0/RNZqqpEgjLY/s400/257736_20120926112401_large.jpg" width="257" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">G.I. Joe #182 di Frenz e Buscema, <a href="http://www.comicbookdb.com/">fonte</a></td></tr>
</tbody></table>
Conoscevo uno degli editor della IDW, per lui avevo fatto una copertina o qualche altro piccolo lavoro che mi aveva richiesto quando aveva lavorato in Marvel, così lo chiamai senza trovarlo: lasciai un messaggio in segreteria spiegandogli la situazione, che cercavo un'occupazione perché volevo lavorare. Non ricevetti alcuna risposta e cinque o sei settimane dopo invece mi ha chiamato Chris Ryall, l'editor in chief della IDW. Mi disse che avevano sentito il messaggio arrivato all’altro editor: lui non lavorava più per la compagnia, ma non avevano ancora cambiato la segreteria ed erano molto dispiaciuti per non avermi richiamato prima.<br />
<br />
Così avevano appena scoperto il messaggio che avevo lasciato e sarebbero stati più che felici di affidarmi dei lavori: io ho risposto che ero molto lieto di sentirlo e così eccoci qua. Sto lavorando per la IDW ora. Sebbene sia una società più piccola sembrano sapere il fatto loro: sto collaborando con Ron Frenz su <i>G.I. Joe</i> e con un giovane disegnatore davvero bravo, Lee Ferguson, che ha molto talento. Stiamo facendo un albo chiamato <i>Forgotten Realms</i>, che è un prodotto su licenza relativo al gioco di ruolo <i>Dungeons & Dragons</i>.<br />
<br />
Si tratta di un buon prodotto e mi sto divertendo un mondo. Davvero. È bello inchiostrare disegnatori diversi. La mia filosofia è che o ti tieni impegnato oppure ti metti a sedere e firmi la tua condanna a morte. Il corpo e il cervello devono rimanere attivi.<br />
<br />
<b>Fai anche disegni su commissione?</b><br />
<br />
Oh, sì. Ho un agente che si occupa di questo settore da 25 anni e mi procura delle <i>commissions</i> abbastanza di frequente.<br />
<b><br /></b>
<b>Hai mai provato a dipingere?</b><br />
<br />
Ci ho provato in passato ed è qualcosa che ho sempre desiderato fare, ma per qualche motivo non ho mai proseguito. Ma accadrà. So che succederà perché tutto ciò che devo fare è aprire uno dei miei libri di John Singer Sargent per ispirarmi e iniziare a pensare: «Devo fare qualcosa, dipingere un ritratto, o un paesaggio, oppure altro ancora». Ci tornerò sopra uno di questi giorni.<br />
<br />
<b>So che tra i tuoi interessi c'è qualcosa che condividi con un paio di tuoi colleghi, Frank Springer e Joe Rubinstein, che hanno calcato le scene occasionalmente.</b><br />
<br />
Oh, stai parlando del <i><a href="http://en.wikipedia.org/wiki/Regional_theater_in_the_United_States">community theater</a></i>. Sono stato un attore per un sacco di tempo. Avevo fatto delle cose quando ero a scuola e, da quarantenne, ho deciso che sarebbe stata una cosa carina. Stavo cercando un’altra attività da fare e ho pensato: «Perché non provare il <i>community theater</i>?» e ho proseguito per oltre vent'anni. È stato divertente finché è durato, ho incontrato molta gente fantastica e mi sono fatto un sacco di amici. Un'esperienza meravigliosa.AndreaPhttp://www.blogger.com/profile/16469452467698698115noreply@blogger.com2tag:blogger.com,1999:blog-5993243963647744234.post-32601901605428011132015-12-04T14:52:00.003+01:002022-01-05T13:27:52.390+01:00Star Wars (o meglio, "Guerre Stellari") nel 1977 in Italia<b><i>di Andrea Pachetti</i></b><br />
<br />
<table cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="float: right; margin-left: 1em; text-align: right;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="http://4.bp.blogspot.com/-vR3aMh3vIso/VmBxnR5xfeI/AAAAAAAADN8/WgaS7Du0YMw/s1600/guerrestellari_flano.jpg" imageanchor="1" style="clear: right; margin-bottom: 1em; margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" height="640" src="https://4.bp.blogspot.com/-vR3aMh3vIso/VmBxnR5xfeI/AAAAAAAADN8/WgaS7Du0YMw/s640/guerrestellari_flano.jpg" width="387" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">(Fonte: Stampa Sera)</td></tr>
</tbody></table>
Nel dicembre di quest'anno l'ambizioso progetto di George Lucas relativo ai film di <i>Star Wars</i>, cioè la "trilogia di trilogie", inizierà a essere completato senza il suo autore originale, con la programmazione nei cinema del settimo episodio. Pur affermando il mio totale disinteresse verso questi recenti film, penso sia utile notare come la nuova serie sarà la prima a muoversi nel mondo 2.0 dei <i>social media</i>, con pubblicità martellanti, <i>teaser</i> e <i>trailer</i> sin dall'anno scorso.<br />
<br />
Tutto ciò ha acceso (e utilizzo "acceso" come eufemismo) l'entusiasmo dei (vecchi, vecchissimi) fan, che covano la speranza di un ritorno alle origini dopo le critiche mosse ai <i>prequel</i>. E magari sperano anche di tornare un po' più giovani, chissà. La trilogia <i>prequel</i>, curata da Lucas in persona, appare in questo senso ormai obsoleta e cristallizzata in discussioni rabbiose di newsgroup e forum: <i>Episodio I</i> uscì nel 1999, mentre <i>Episodio III</i> nel 2005 quando è stato creato YouTube; il social network Facebook invece nacque giusto l'anno precedente.<br />
<br />
Ragionando in prospettiva storica, in questo articolo vedremo come è stato accolto il primo <i>Guerre Stellari</i> in Italia, riferendoci come d'abitudine alla stampa d'epoca. Noteremo soprattutto la dicotomia tra il deciso entusiasmo del pubblico e certe prese di posizione pretestuose della critica, accanto alla difficoltà di incasellare questo film in un preciso genere o filone. Troppo frettolosamente accostato alla fantascienza, in realtà risultò maggiormente orientato verso una dimensione fiabesca, suggerita già dalle ripetizioni presenti nell'incipit ("La galassia lontana lontana"), assieme a una collocazione temporale posta in un indefinito (mitico) passato remoto ("Tanto tempo fa"). Ritengo che si tratti un errore analogo a chi tuttora continua a inserire nel genere fantasy, per certi accostamenti tematici e interpretazioni superficiali, <a href="http://atarimagari.blogspot.it/2012/03/riflessioni-sul-senso-e-le-aberrazioni.html"><i>Il Signore degli Anelli</i> di J.R.R. Tolkien </a>.<br />
<br />
<a name='more'></a>Troviamo i primi accenni a questo film, sul quotidiano <i>L'Unità</i>, già nel 1974-1975: Lucas era reduce dal successo di <i>American Graffiti</i>, dunque considerato un regista votato al nostalgico <i>revival</i>. Il suo primo lungometraggio di fantascienza <i>THX 1138</i> (1971) sarebbe uscito nel nostro Paese solo nel 1976. L'articolista del quotidiano riporta dunque che:<br />
<br />
<blockquote class="tr_bq">
«George Lucas, il regista di <i>American Graffiti</i>, realizzerà un film ambientato nel mondo delle stazioni radiofoniche americane degli anni trenta. In seguito, se le trattative andranno in porto, Lucas si cimenterà con <i>Star wars</i> ("Guerre stellari"), un film di fantascienza basato sui personaggi di Flash Gordon e definito "una via di mezzo tra <i>2001 odissea nello spazio</i>, i film della serie <i>Agente 007</i> e <i>Lawrence d'Arabia</i>".»<sup><b>[1]</b></sup></blockquote>
<br />
In questo primo trafiletto del luglio 1974 sono da notare (a parte l'errore relativo a Flash Gordon) le segnalazioni cinematografiche utili a far comprendere al pubblico la trama di <i>Guerre Stellari</i>: se certamente era giustificata la citazione di <i>2001</i>, era quantomeno curioso l'accostamento con i personaggi di James Bond e Lawrence D'Arabia. Il film relativo alle stazioni radiofoniche, <i><a href="https://en.wikipedia.org/wiki/Radioland_Murders">Radioland Murders</a></i>, sarà realizzato solo molti anni più tardi, nel 1994.<br />
<br />
Poi, nel 1975:<br />
<br />
<blockquote class="tr_bq">
«Il regista George Lucas, d'accordo con il produttore Gary Kurtz, con il quale ha realizzato <i>American Graffiti</i>, si accinge a girare un film di fantascienza. Lucas sceneggerà e dirigerà <i>Star wars</i> ("Guerre stellari") su un soggetto proprio, il racconto <i>The adventures of Luke Starkiller</i>. <i>Star wars</i> era in preparazione dall'inizio del '74, ma soltanto adesso è stata stabilita la data di inizio delle riprese, che sarà il giorno di Natale del 1976. Il film sarà girato un po' in tutto il mondo.»<sup><b>[2]</b></sup></blockquote>
<br />
Luke Starkiller era il nome originale del personaggio di Luke Skywalker; viene inoltre citata <a href="http://hem.bredband.net/wookiee/development/">una delle tante sceneggiature su cui Lucas aveva lavorato</a>, prima di arrivare alla stesura della trama definitva.<br />
<br />
Riportando informazioni provenienti dal settimanale americano <i>Time</i>, <i>Stampa Sera</i> presentò ai suoi lettori <i>Guerre Stellari</i> come una specie di «"Via col vento" galattico» nel giugno del 1977. Lucas dichiarò che si trattava di «un compendio di tutti i film e i libri d'avventure che ho visto e letto. La trama è elementare, i buoni contro i cattivi, ma è condita con tutti gli elementi fantastici che attraverso gli anni si erano appiccicati alla mia testa.»<br />
<br />
Ancora, il <i>Time</i> definì il film come «una combinazione tra <i>Flash Gordon</i> e <i>il Mago di Oz</i>, tra i fanfaroni alla Errol Flynn degli Anni Trenta e Quaranta e i western, una fiaba di suspense e di avventura, senza "messaggi", senza suggestioni sessuali, con appena un po' di sangue qua e là, destinato al ragazzo che c'è in ciascuno di noi»<sup><b>[3]</b></sup><br />
<br />
Continuando a sfogliare questo quotidiano, nelle pagine dedicate all'inserto estivo comparvero due articoli curati da <a href="https://it.wikipedia.org/wiki/Riccardo_Valla">Riccardo Valla</a>, che proponevano le parti iniziali della sceneggiatura come un racconto originale e che servivano, in sostanza, ad anticipare un po' la trama del film e incuriosire i possibili spettatori. <i>Stampa Sera</i> non era nuova a esperimenti di questo tipo, infatti per tutta l'estate del 1977 aveva presentato racconti fantastici e di fantascienza, <a href="http://atarimagari.blogspot.it/2014/09/clark-ashton-smith-su-stampa-sera-1977.html">come quelli di Clark Ashton Smith</a>. Vale la pena riprodurli integralmente e leggerli, per notare quantomeno la presenza dei nomi originali (Darth Vader, See Treephio, Artoo Detoo e altri).<br />
<br />
<div style="text-align: center;">
<a href="http://1.bp.blogspot.com/-ADFjAzPZqzE/VmBjJjDC-wI/AAAAAAAADNc/qYemvXzf7xA/s1600/guerrestellari_scenegg1.jpg" imageanchor="1"><img border="0" height="400" src="https://1.bp.blogspot.com/-ADFjAzPZqzE/VmBjJjDC-wI/AAAAAAAADNc/qYemvXzf7xA/s400/guerrestellari_scenegg1.jpg" width="187" /></a> <a href="http://3.bp.blogspot.com/-oiePOl0Wevw/VmBjY5LHGHI/AAAAAAAADNk/_htOfaC9HtY/s1600/guerrestellari_scenegg2.jpg" imageanchor="1"><img border="0" height="400" src="https://3.bp.blogspot.com/-oiePOl0Wevw/VmBjY5LHGHI/AAAAAAAADNk/_htOfaC9HtY/s400/guerrestellari_scenegg2.jpg" width="187" /></a></div>
<div style="text-align: center;">
<i>(fonte: Stampa Sera)</i></div>
<br />
La conferenza stampa di presentazione di <i>Guerre Stellari</i> si svolse a Roma il 3 ottobre, come riportato dal giornalista Ernesto Baldo<sup><b>[4]</b></sup>, alla presenza di Mark Hamill (Luke Skywalker), Carrie Fisher (Leia Organa) e il produttore Gary Kurtz. Dovevano comparire anche i due droidi C3PO e R2D2, ma furono costretti a disertare perché «trattenuti in dogana a Fiumicino». Hamill, a riguardo, commentò divertito che un simile contrattempo non sarebbe accaduto negli Stati Uniti, perché i due droidi erano ormai «più famosi del presidente Carter». Il film sarebbe stato presentato in anteprima per l'Europa a Parigi il 19 ottobre e a Roma, Milano e Torino il 20, per poi andare in tutto il territorio nazionale durante il periodo natalizio (negli Stati Uniti il film era uscito alla fine di maggio).<br />
<br />
Tra le varie dichiarazioni rilasciate, la Fisher segnalò che i guadagni sul territorio americano erano stati tali che i produttori avevano fatto omaggio agli attori, fuori contratto, di una piccola percentuale sugli utili. Hamill parlò di un film con un messaggio positivo, una favola spaziale come <i>Cenerentola</i> o <i>Biancaneve</i>, nella quale il buono ha la meglio sul cattivo. Il produttore Kurtz ricordò che la fortuna di <i>Guerre Stellari</i> si doveva ricollegare all'accresciuto interesse nel mondo per i fenomeni spaziali, e ovviamente all'abilità di Lucas per aver saputo mettere insieme molti ingredienti spettacolari.<br />
<br />
In effetti, tra il 1977 e il 1978 la rinnovata curiosità del pubblico nei confronti del fenomeno UFO certamente contribuì al successo globale di pellicole come <i>Guerre Stellari</i> e <i>Incontri ravvicinati del terzo tipo</i> di Steven Spielberg, accrescendo peraltro l'interesse complessivo nei temi fantascientifici nella narrativa, nei fumetti e nei cartoni animati, generando una nuova piccola golden age della <i>science fiction</i> come genere. Non è da escludere che anche il successo <a href="http://atarimagari.blogspot.it/2014/11/imputato-goldrake-alzatevi-1980.html">dell'anime Ufo Robot Goldrake</a> e l'inizio dell'invasione dei cartoni animati giapponesi a tema robot siano dovuti a questo momentaneo clima culturale.<br />
<br />
<a href="https://it.wikipedia.org/wiki/Franco_Scaglia">Franco Scaglia</a>, in un approfondimento<sup><b>[5]</b></sup> sul <i>Radiocorriere TV</i>, individuò appunto i due filoni cui attinsero Spielberg e Lucas per la creazione delle proprie opere, rispettivamente quello dell'ufologia e quello del sogno e della fiaba. Parlando di Lucas infatti Scaglia sottolineò che <i>Guerre Stellari</i> si rifaceva «al genere letterario "sword and sorcery" (letteralmente "spada e stregoneria")» e aggiunse:<br />
<br />
<blockquote class="tr_bq">
«<i>Guerre stellari</i> è una grande favola che vede una principessa interstellare rapita da malvagi usurpatori. Due suoi fedeli organizzano la riscossa e convincono un eroe solare ad aiutarli. L'eroe viene anche a sapere che questi stessi ursurpatori sono gli assassini di suo padre e quindi scendendo in campo contro di loro, oltre a ristabilire la giustizia tra le stelle, vendicherà la memoria paterna. Pare una storia tratta dall'<i><a href="https://it.wikipedia.org/wiki/Amadigi_di_Gaula">Amadigi di Gaula</a></i> o dalla saga della <i>Tavola rotonda</i>, È una favola insomma.»</blockquote>
<br />
<table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto; text-align: center;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="http://1.bp.blogspot.com/-AYv5NQiHfLg/VmBxCbn5ZQI/AAAAAAAADN0/b1Up_eEpakc/s1600/guerrestellari_radiocorriere1977.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" height="393" src="https://1.bp.blogspot.com/-AYv5NQiHfLg/VmBxCbn5ZQI/AAAAAAAADN0/b1Up_eEpakc/s640/guerrestellari_radiocorriere1977.jpg" width="640" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">(fonte: Radiocorriere TV)</td></tr>
</tbody></table>
<br />
Come detto in precedenza, il film uscì in tre città italiane il 20 ottobre e quindi iniziarono a essere pubblicati i primi commenti critici sui quotidiani. Su <i>La Stampa</i> apparve una critica piuttosto equilibrata<sup><b>[6]</b></sup>, a firma "S. C.", nella quale si faceva notare la vicinanza di <i>Guerre Stellari</i> al mondo delle fiabe. Infatti cambiavano «soltanto le armi dei duelli, i costumi dei personaggi, gli sfondi spaziali, la cornice tecnologica: l'eroe maneggia una micidiale spada-laser, cavalca astronavi più veloci di un raggio di sole, l'orco ha lasciato il castello gotico e le mele avvelenate per una stazione spaziale grande come una luna e mortifera come una milione di bombe ai neutroni. Ma lo scontro tra il bene e il male, la lotta tra buoni e cattivi, con l'ottimistica vittoria dei perseguitati sui feroci tiranni, rimane intatta nel suo antagonismo naturale e nella sua dialettica ideologica, unica grande molla del progresso nella storia dell'uomo.»<br />
<br />
Si tentava ancora una volta un paragone con il famoso <i>2001 Odissea nello spazio</i>: riducendo «la sostanza filosofica e morale del film di Kubrick a una favola di significati elementari che una nonna dell'anno 3000 racconta al suo nipotino, in tutina di alluminio e pistola disintegrante, avrete i toni e le atmosfere narrative di <i>Guerre stellari</i> (...)» Secondo "S. C." lo stile era «esplicitamente copiato dai colossi cinematografici dell'avventura: si comincia dal western (i primi desertici paesaggi), si passa attraverso i <i>Sette samurai</i> o <i>I magnifici sette</i>, per arrivare allo scontro astronavale conclusivo che ricorda una <i>Battaglia delle Midway</i> spaziale», rinoscendo comunque al film la valenza di ponte culturale tra cultura occidentale e orientale, con la rielaborazione di certi temi del cinema di <a href="https://en.wikipedia.org/wiki/Akira_Kurosawa">Kurosawa Akira</a>. Il critico segnalò anche che «gli effetti ottici sembrano quelli delle macchinette elettroniche di certe sale-gioco per ragazzi», legando il film anche al crescente interesse per i videogiochi, cosa che poi sarà sempre più evidente negli anni a venire.<br />
<br />
Simile il giudizio di "a. vald."<sup><b>[7]</b></sup> su <i>Stampa Sera</i>: il film venne definito una «fantafavola», lodando gli effetti speciali che davano «alla composita realizzazione un'attendibilità e una suggestione che vanno al di là del racconto per ragazzi e toccano il vertice dell'efficienza spettacolare, capace di impressionare e avvincere pure gli adulti. George Lucas ha governato con abilità la materia da lui stesso ideata, facendo in modo che i tanti e continui exploits tecnici non soverchiassero eccessivamene la sua opera di regista (...)» Un giudizio positivo, sebbene si noti un soggetto «in sé fanciullesco e a tratti rudimentale e affastellato.»<br />
<br />
Sprezzante e pretestuoso invece l'anonimo commento<sup><b>[8]</b></sup> su <i>L'Unità</i>, probabilmente dovuto a una matrice ideologica contraria a certi meccanismi del cinema hollywoodiano: <i>Guerre Stellari</i> «non è un film, bensì un prodotto, un giocattolone per super minorenni che non lascia scampo alla fantasia (...) Il cinema fantastico, quello che ha diritto di chiamarsi così, vive in funzione della metafora, quindi è inviso alla grande fabbrica dell'evasione e, di conseguenza, anche ai suoi milioni di spettatori beati e sottomessi.» Forse si dovrebbe spendere qualche parola per far capire quanto la tendenza al Fantastico sia ben più ampia e totalizzante della limitata visione come metafora del Reale, ma non crediamo ne valga neanche la pena.<br />
<br />
Ancora più delirante un commento preso da <i>La Repubblica</i> e citato su <i>Stampa Sera</i> che, notando nel film un improbabile «autoritarismo galattico»<sup><b>[9]</b></sup>, arrivava a inserire (come da tipica abitudine dell'epoca, peraltro) <i>Guerre Stellari</i> nel dibattito politico tutto italiano destra-sinistra, dandogli una lettura ideologica fino a sfiorare il risibile:<br />
<br />
<blockquote class="tr_bq">
«In <i>Guerre stellari</i>, paradossalmente, il trionfo della supertecnica è contrappuntato da quella "rivolta contro il mondo moderno" cara <a href="https://it.wikipedia.org/wiki/Julius_Evola">al filosofo</a> che Almirante definisce "il nostro Marcuse". Infatti la pacificazione dell'universo viene affidata ai portatori dell'<i>auctoritas</i>, a un'alta gerarchia di valori eterni che si incarnano antidemocraticamente nel chiuso circolo dei cavalieri Jedi: un nuovo "Herrenklub" di proporzioni galattiche?<br />
Non vorremmo, insomma, che <i>Guerre stellari</i> diventasse una specie di "Campo Hobbit" multinazionale, per richiamarci al nome tratto da Tolkien con cui i fascisti nostrani battezzarono il loro festival l'estate scorsa. "Che la Forza sia con voi" augura la pubblicità. Per carità, tocchiamo ferro un'altra volta. Si comincia esaltando Ben Kenobi, si finisce in Vietnam con <a href="https://it.wikipedia.org/wiki/William_Calley">il tenente Calley</a>.»</blockquote>
<br />
Ci fu anche una polemica generata da uno scritto del noto autore <a href="http://www.giorgiomanganelli.it/">Giorgio Manganelli</a> sul <i>Corriere della Sera</i>: in «L'oroscopo? No, meglio Guerre Stellari. Omaggio alla fantascienza, letteratura analfabeta» (10 novembre 1977) il Manganelli, usando come spunto il film di Lucas, sparò a zero su tutto il genere fantascientifico, etichettandolo come «genere letterario infimo, infantile, fracassone e demente, sintomo di schizofrenia, che è una infinita e infima proliferazione di liquami maniacali, che sfama la nostra fama di follia».<br />
<br />
Delle dichiarazioni così forti ebbero molta eco nella stampa specializzata (ad esempio sulla rivista <i>Robot</i> dell'Armenia). Una risposta efficace a tanto livore fu quella fornita dall'esperto Valla e citata da <a href="http://www.fantascienza.com/847/emio-donaggio">Emio Donaggio</a> in un suo articolo su <i>Stampa Sera</i>, che merita di essere riportata integralmente per il suo alto valore e per la capacità di spiegare con efficacia l'evoluzione della fantascienza dagli esordi:<br />
<br />
<blockquote class="tr_bq">
«In generale, le accuse alla fantascienza sono passate di moda: se un libro è brutto, è quel libro che è brutto, e se è bello, bello. Comunque, di solito si tendeva a distinguere tra la produzione popolare e di consumo e i romanzi più impegnativi. La posizione tipica è quella di <a href="https://it.wikipedia.org/wiki/Arthur_Koestler">Arthur Koestler</a> che, a proposito di <i>Gulliver</i>, <i>Il mondo nuovo</i> di Huxley e <i>1984</i> di Orwell, nell'agosto del '53 su <a href="https://en.wikipedia.org/wiki/Harper%27s_Bazaar"><i>Harper's Bazar</i></a> scriveva: "Sono grandi opere di letteratura perché in esse le stramberie di altri mondi servono unicamente come scenario o come pretesto per un messaggio sociale. In altre parole sono letteratura perché non sono fantascienza, perché sono opere di immaginazione disciplinata e non di sfrenata fantasticheria". Negli anni seguenti, la polemica è caduta, perché la "sf" stessa è cambiata».</blockquote>
<blockquote class="tr_bq">
«Prima si è orientata verso il tipo di commedia satirica brillante di autori come Sheckley, Pohl e Vonnegut, poi ha rinunciato al dogmatismo e si è aperta ad autori come Delany e Zelazny negli Usa, e Ballard e Aldiss in Inghilterra: storie ricche di immaginazione, legate alla vecchia tradizione di Poe e Hoffmann, più ancora che a quella di Verne e Wells.»</blockquote>
<blockquote class="tr_bq">
«Oggi si scrivono sotto il nome di "sf" vari tipi di romanzi che meritano rispetto, e non solo le avventure e i drammoni sulle catastrofi. Si scrivono storie surrealiste come quelle di Lafferty; romanzi filosofici (o meglio, epistemologici, dato che spesso al loro centro hanno una riflessione sulla scienza e la conoscenza) come quelli di Lem e di Dick; utopie positive come quelle di Ursula Le Guin e utopie negative come quelle di Brunner. Si scrivono anche molte storie avventurose, certo, ma il numero di opere di qualità è aumentato rispetto a trent'anni fa.»</blockquote>
<blockquote class="tr_bq">
«Che poi la fantascienza sia "analfabeta" come letteratura, non è detto. Molte opere di fantascienza sono scritte in modo piatto e monodimensionale, altre sono ricche anche dal punto di vista linguistico: ad esempio Fritz Leiber, Sturgeon, Bradbury, Brunner.»<sup><b>[10]</b></sup></blockquote>
<br />
Rimane comunque il problema della limitazione del Fantastico come metafora del Reale che citavamo in precedenza, accanto alla manifesta incapacità della critica di veicolare positivamente una produzione che abbia come intento non la comunicazione di qualche "messaggio sociale", ma l'intrattenimento e il divertimento. A prescindere da tutto ciò, il pubblico del 1977 con <i>Guerre Stellari</i> (fortunatamente) si divertì moltissimo. Nelle classifiche del <i>Radiocorriere TV</i> dell'estate del 1978 il film (complici le allora numerose seconde e terze visioni) risultava ancora il campione d'incassi.<br />
<br />
<table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto; text-align: center;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="http://2.bp.blogspot.com/-9XK4gw00k4c/VmGQrS9IpcI/AAAAAAAADOM/3swuR6J7HLA/s1600/guerrestellari_classifica.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" height="345" src="https://2.bp.blogspot.com/-9XK4gw00k4c/VmGQrS9IpcI/AAAAAAAADOM/3swuR6J7HLA/s400/guerrestellari_classifica.jpg" width="400" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">(fonte: Radiocorriere TV)</td></tr>
</tbody></table>
<br />
La gente rispose sin da subito con grande entusiasmo, come commentava il giornalista Gianni Pennacchi: «se è vero che il cinema è spettacolo, questo <i>Guerre stellari</i> passerà alla storia come un capolavoro, anzi, come IL capolavoro, perché un film fatto solo di spettacolo, effetti e scene stupefacenti come <i>Star Wars</i> non si era mai visto». In effetti così è stato: «(...) le reazioni del pubblico sono sempre uguali, si tratti di ragazzi o anziani signori dell'ultimo spettacolo. Applausi a scena aperta, mormorii corali, atmosfera da "arrivano i nostri!" e poi, alla fine, visi allegri, veramente soddisfatti (...)»<sup><b>[11]</b></sup><br />
<br />
Segnaliamo dunque alcune delle impressioni a caldo che il Pennacchi raccolse tra i primi fortunati spettatori:<br />
<blockquote class="tr_bq">
Olga, universitaria ventenne, non ama la letteratura SF e questo è il primo film di fantascienza che va a vedere. Gli è piaciuto molto, è rimasta affascinata dalla sequenza del bar galattico e dalle battaglie spaziali. <i>«È stato divertente, come giocare con le macchinette del Luna Park. Certo, come storia è una fesseria - continua - però molto divertente, come i primi film di James Bond. Certi effetti, tutte quelle trovate, sono proprio affascinanti.»</i></blockquote>
<blockquote class="tr_bq">
A un gruppo di liceali chiediamo cosa ne pensano, cosa li ha impressionati maggiormente di questo film: <i>«Quello che colpisce </i>- rispondono -<i> è vedere i mostri muoversi sullo stesso piano degli umani. I veri personaggi, quelli più interessanti, sono proprio gli androidi e i mostri: gli uomini sono i meno umani».</i> Dunque si sono divertiti? <i>«Sì, molto. La trama non esiste, il film è fatto di tanti momenti, uno più spettacolare dell'altro, ed è proprio questo che avvince. È un kolossal molto ben riuscito, e non è affatto terrificante. Forse </i>- concludono -<i> è il meno fantascientifico dei film di fantascienza».</i></blockquote>
<blockquote class="tr_bq">
Per un gruppetto di giovanissimi risponde Kicca. Perché le è piaciuto? <i>«Perché è veramente un film diverso dal solito, strano, colorato. È stato esattamente quello che ci aspettavamo»</i>. Ma un film come questo, lo rivedrebbero per la seconda volta? <i>«No. Una volta basta </i>- risponde -<i> perché in una volta ti dà tutto quello che doveva darti: non c'è più nulla da scoprire. Non è </i>Odissea nello spazio<i>, che ogni volta che lo rivedi ci scopri cose nuove».</i></blockquote>
<blockquote class="tr_bq">
Vito, giovane operaio Fiat, conosce la SF, ama Isaac Asimov: <i>«</i>Odissea nello spazio<i> mi aveva irritato, questo mi ha divertito».</i> Nulla di eccezionale, comunque? <i>«È divertente, l'ho detto. Ma siamo sinceri: non è più tanto facile divertirsi al cinema».</i></blockquote>
<br />
Il pubblico, dunque, si è divertito ed emozionato così tanto da far sopravvivere l'universo di <i>Star Wars</i> al passare dei decenni: anzi, con la propria mitologia accresciuta e aggiornata è arrivato fino al 2015 in gran forma, pronto per nuovi incassi miliardari grazie alle produzioni Disney di J. J. Abrams. E, si spera, per affascinare nuove generazioni di spettatori.<br />
<br />
© Andrea Pachetti 04/12/2015<br />
<br />
Una versione di questo articolo è stata poi pubblicata (in digitale e cartaceo) sul <a href="http://www.yavinquattro.net/2016/02/living-force-magazine-n-46-anno-12-2015/">n. 46 di Living Force Magazine</a>, rivista ufficiale di <a href="http://www.yavinquattro.net/">Yavin 4</a>, fan club italiano di Guerre Stellari.<br />
<br />
Ringrazio Salvatore Proietti per aver citato questo saggio nel suo articolo <i>«Star Wars e il nuovo pubblico della fantascienza»</i> sulla rivista <a href="https://books.google.it/books?id=KOX9CwAAQBAJ">Robot 77 (primavera 2016)</a>.<br />
<br />
Ringrazio Giorgio E. S. Ghisolfi per aver citato questo saggio nel suo volume <a href="https://books.google.it/books?id=1OnrDwAAQBAJ">«I mondi di Star Wars»</a>, pubblicato da Mimesis nel 2019.<br /><br />
__________<br />
<b>Note:</b><br />
<br />
<sup><b>[1]</b></sup> <i>«Molto lavoro per George Lucas»</i>, l'Unità, 4 luglio 1974, p. 9<br />
<sup><b>[2]</b></sup> <i>«George Lucas girerà un film di fantascienza»</i>, l'Unità, 25 luglio 1975, p. 9<br />
<sup><b>[3]</b></sup> <i>«"Via col vento" tra le galassie»</i>, Stampa Sera, 2 giugno 1977, p. 21<br />
<sup><b>[4]</b></sup> E. Baldo, <i>«"Robot" e navi spaziali nella galassia per una fiaba moderna senza violenza»</i>, La Stampa, 4 ottobre 1977, p. 7<br />
<sup><b>[5]</b></sup> F. Scaglia, <i>«Il cinema riattinge alla mercanzia più antica: il sogno»</i>, Radiocorriere TV, anno LIX n. 31, 31 luglio/6 agosto 1977, pp. 80-81<br />
<sup><b>[6]</b></sup> <i>«Cavalieri e tiranni nello spazio per una favola di fantascienza»</i>, La Stampa, 21 ottobre 1977, p. 9<br />
<sup><b>[7]</b></sup> <i>«Guerre stellari un film, una moda»</i>, Stampa Sera, 21 ottobre 1977, p. 12<br />
<sup><b>[8]</b></sup> <i>«Cinema - Guerre Stellari»</i>, L'Unità, 21 ottobre 1977, p. 9<br />
<sup><b>[9]</b></sup> <i>«Autoritarismo galattico»</i>, Stampa Sera, 21 ottobre 1977, p. 13<br />
<sup><b>[10]</b></sup> E. Donaggio, <i>«La fantascienza è di nuovo da bruciare?»</i>, Stampa Sera, 14 novembre 1977, p. 7<br />
<sup><b>[11]</b></sup> G. Pennacchi, <i>«È come al Luna Park»</i>, Stampa Sera, 22 novembre 1977, p. 24AndreaPhttp://www.blogger.com/profile/16469452467698698115noreply@blogger.com14tag:blogger.com,1999:blog-5993243963647744234.post-74041513759125465082015-11-06T12:21:00.001+01:002018-08-31T19:17:08.642+02:00Intervista a Claude Moliterni (anni Settanta)<b><i>di Andrea Pachetti</i></b><br />
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Tra i libri e i saggi pubblicati durante gli anni Settanta in Italia ho sempre trovato molto interessante il piccolo cartonato «Il Fumetto», presentato sulla collana «Grandi Temi» dell'Istituto Geografico De Agostini. Questa collana era la traduzione di un'omologa serie spagnola intitolata «Biblioteca Salvat de Grandes Temas», uscita appunto per la Salvat Editores.<br />
<br />
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="http://2.bp.blogspot.com/-s7pv72Z0s9c/VjyM4y3nBdI/AAAAAAAADMI/enUr459uOMQ/s1600/fumetto.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" src="http://2.bp.blogspot.com/-s7pv72Z0s9c/VjyM4y3nBdI/AAAAAAAADMI/enUr459uOMQ/s1600/fumetto.jpg" /></a></div><br />
In particolare, il volume «Il Fumetto» fu curato da <a href="http://www.romangubern.com/">Román Gubern</a> e nell'edizione originale si intitolava «Literatura de la imagen»; pur in parte adattato alla realtà italiana, sia nei testi che nella cornice iconografica, il saggio conservava anche da noi la struttura bipartita dell'originale spagnolo: da una parte si analizzavano la funzione e il linguaggio dei fumetti, dall'altra se ne tracciava un'evoluzione storica, dagli inizi fino agli autori contemporanei.<br />
<br />
Una delle parti più interessanti del volume a mio parere era una lunga intervista a Claude Moliterni, grande esperto francese dell'argomento. Dato che uno degli scopi di questo blog è sempre stato, sin dall'inizio, analizzare la memoria storica degli eventi per evitarne l'oblio, ho pensato di fare cosa gradita riproducendo e rielaborando l'intervista in toto, come omaggio a questo ricercatore e divulgatore dei comics. Ho notato infatti che non sono presenti molti approfondimenti in Rete a riguardo, aggiungendo a questo <a href="http://lucaboschi.nova100.ilsole24ore.com/2010/01/05/dove-finita-la-collezione-di-claude-moliterni/">la triste fine di parte del suo materiale di studio</a>, documentata fotograficamente poco dopo la sua morte.<br />
<br />
<a name='more'></a>La rielaborazione di cui parlavo consiste nella correzione di alcuni errori di stampa e l'aggiunta di note chiarificatrici a piè di pagina; a ciò si aggiungono i rimandi a varie fonti esterne (soprattutto Wikipedia inglese e francese) ogni volta che viene citata una certa opera o autore. Sperando di non ledere i diritti di copyright di alcuno proponendo questo scritto che ha oltre quarant'anni di età e che viene presentato esclusivamente per motivi di studio, segnalo che gli spunti d'interesse suscitati dal testo sono molteplici, non ultime le previsioni sul futuro dei fumetti, alcune delle quali puntualmente avverate. L'intervista è stata probabilmente realizzata nel 1973, anno di pubblicazione del volume spagnolo.<br />
<br />
Intervista a cura di Pierre Kister<br />
Traduzione a cura di Marco Massoli<br />
(c) 1973 Salvat Editores S.A.<br />
(c) 1976 Istituto Geografico De Agostini S.p.A.<br />
<br />
<b>Claude Moliterni</b><br />
<br />
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="http://1.bp.blogspot.com/-BrqmhzBdyi0/VjyLkForqPI/AAAAAAAADL8/n09xLTgU0Vs/s1600/moliterni.JPG" imageanchor="1" style="clear: right; float: right; margin-bottom: 1em; margin-left: 1em;"><img border="0" src="http://1.bp.blogspot.com/-BrqmhzBdyi0/VjyLkForqPI/AAAAAAAADL8/n09xLTgU0Vs/s1600/moliterni.JPG" /></a></div>Nato il 21 novembre 1932; è autore di comics e di storie illustrate, e redattore insieme a Pierre Couperie e a Henry Filippini della <i><a href="http://www.bedetheque.com/BD-DOC-Encyclopedies-diverses-Tome-91-Encyclopedie-de-la-bande-dessinee-A-C-ap-73608.html">Encyclopédie de la Bande Dessinée</a></i> (ottobre 1974); fondatore e redattore capo di <i><a href="https://fr.wikipedia.org/wiki/Ph%C3%A9nix_(revue_de_bande_dessin%C3%A9e)">Phénix</a></i>, l'unica rivista francese specializzata in fumetti; direttore letterario della edizioni <i><a href="https://fr.wikipedia.org/wiki/Dargaud">Dargaud</a></i>; redattore capo di <i>Lucky Luke</i>, direttore letterario di <i><a href="https://fr.wikipedia.org/wiki/Pilote_(p%C3%A9riodique)">Pilote</a></i>, e collaboratore di <i>Tin Tin</i>; dirige inoltre la collezione <i>Serg</i>, una collana di ristampe delle opere più significative dell'epoca d'oro del <i>comic</i>.<br />
<br />
Moliterni dedica molto del suo tempo a presentare e propagandare il comic di qualità e la migliore letteratura per immagini. Dal novembre 1964 ha organizzato 117 mostre di fumetti, presentate in tutto il mondo complessivamente in 11 musei tra i quali è doveroso ricordare il <i>Musée des Arts Décoratifs</i> di Parigi, la <i>Kunsthalle</i> di Berlino e il <i>Museo de Arte</i> di San Paolo del Brasile.<br />
<br />
Si occupa attivamente dell'organizzazione professionale: infatti è presidente della <i>Société Française des Bandes Dessinées</i> e della SOCERLID (<a href="https://fr.wikipedia.org/wiki/Soci%C3%A9t%C3%A9_civile_d%27%C3%A9tude_et_de_recherche_des_litt%C3%A9ratures_dessin%C3%A9es">Société d'étude et de recherche des Littératures Dessinées</a>); ha organizzato, da solo o in collaborazione con altri esperti, il Congresso di Lucca - di cui si è tenuta <a href="http://www.immaginecentrostudi.org/saloni/salone11.asp">nel 1975 l'undicesima edizione</a> -, il salone di Angoulême, le <i>Soirées</i> della <i>Société Française des Bandes Dessinées</i> presso il <i>Musée des Arts Décoratifs</i> e la Convenzione del <i>Comic</i> Alla <i><a href="https://fr.wikipedia.org/wiki/Maison_de_la_Mutualit%C3%A9">Mutualité</a></i> di Parigi (per il sesto anno consecutivo).<br />
<br />
<i>Nel campo dell'immagine esiste un tipo di letteratura, il comic, che ha avuto un grande successo fin dalla sua prima comparsa. La sua vitalità è enorme e, fino a oggi, ha saputo adattarsi a tutti i cambiamenti, sia formali che ideologici, che si sono succeduti vertiginosamente nel nostro tempo. Sul significato del comic, sulla sua situazione oggi e sui suoi problemi, ci parla una persona altamente qualificata come Claude Moliterni.</i><br />
<br />
<b>Quali sono le origini del <i>comic</i>?</b><br />
<br />
Il <i>comic</i> apparve per la prima volta in Germania alla fine del secolo scorso; si tratta di un grande classico del <i>comic</i> intitolato <i><a href="http://germanstories.vcu.edu/mm/mmmenu.html">Max und Moritz</a></i>, di <a href="https://en.wikipedia.org/wiki/Wilhelm_Busch">Wilhelm Busch</a>, che divertì i tedeschi per alcuni anni e che in seguito ispirò un autore americano, Knarr<sup><b>[1]</b></sup>, il creatore de <i>The Katzenjammer Kids</i>. Alcuni storici sostengono invece che il comic nacque negli Stati Uniti con <i>Yellow Kid</i>, una sorta di cinesino vestito di giallo, presentato su pagina intera; in realtà, però, non si trattava assolutamente di un <i>comic</i>.<br />
<br />
In Francia e in Germaia ebbero un successo strepitoso rispettivamente <a href="https://fr.wikipedia.org/wiki/Christophe_(auteur)">Christophe</a> (<a href="https://fr.wikipedia.org/wiki/La_Famille_Fenouillard">"La Famille Fenouillard"</a>, <a href="https://fr.wikipedia.org/wiki/Les_Fac%C3%A9ties_du_sapeur_Camember">"Le Sapeur Camember"</a>) e Busch. Quindi possiamo affermare che il fumetto è nato in Europa, ma poi fu abilmente recuperato agli inizi del secolo dagli statunitensi con autori favolosi, come <a href="https://en.wikipedia.org/wiki/Winsor_McCay">Windsor McKay</a>, creatore di una delle più belle serie, il sempre attuale <i><a href="https://en.wikipedia.org/wiki/Little_Nemo">Little Nemo in Slumberland</a></i>. Di questo capolavoro ho curato la riedizione quattro anni fa<sup><b>[2]</b></sup> <a href="http://www.bedetheque.com/BD-Little-Nemo-in-Slumberland-Tome-1-Little-Nemo-1905-1910-26481.html">presso la casa editrice Pierre Horay</a>.<br />
<br />
Le storie illustrate hanno preso il nome di comics poiché, per 25 anni, furono essenzialmente di argomento comico. Fu solo nel 1929, infatti, che apparve il primo <i>comic</i> realistico, <i><a href="https://en.wikipedia.org/wiki/Tarzan_(comics)">Tarzan</a></i> di <a href="https://en.wikipedia.org/wiki/Hal_Foster">Harold Foster</a>, ispirato all'opera di <a href="https://en.wikipedia.org/wiki/Edgar_Rice_Burroughs">Burroughs</a>.<br />
<br />
Negli Stati Uniti l'epoca d'oro dei <i>comics</i> abbraccia il periodo che va dal 1929 al 1940. Potrei ricordare, ad esempio, <i><a href="https://en.wikipedia.org/wiki/Flash_Gordon">Flash Gordon</a></i>, un'opera straordinaria di fantascienza, in cui già non appaiono più le classiche vignette. Poi fanno la loro comparsa anche le grandi storie di avventure, con serie come quella di <i><a href="https://en.wikipedia.org/wiki/Jungle_Jim">Jungle Jim</a></i> (il <i>white hunter</i> della giungla, sempre a caccia di belve), le storie di banditi, in linea con la tradizione del romanzo popolare dell'epoca, così come la serie poliziesca <i><a href="https://en.wikipedia.org/wiki/Secret_Agent_X-9">Secret Agent X-9</a></i>, scritta da <a href="https://en.wikipedia.org/wiki/Dashiell_Hammett">Dashiell Hammett</a>, uno degli autori più prestigiosi del romanzo poliziesco.<br />
<br />
Pertanto tra il cinema e la letteratura degli anni Trenta (<a href="https://en.wikipedia.org/wiki/James_M._Cain">James Cain</a>, <a href="https://en.wikipedia.org/wiki/Raymond_Chandler">Raymond Chandler</a>) e i <i>comics</i> esiste un rapporto davvero molto stretto. Ed è proprio in questo periodo che i fumetti hanno cominciato ad acquistare una loro rilevanza, ad abbracciare l'avventura poliziesca e di fantascienza, mentre continuava a essere coltivato, naturalmente, il primitivo genere comico.<br />
<br />
<b>A quale livello e in quale genere della letteratura nel suo complesso collocherebbe il <i>comic</i>?</b><br />
<br />
Questo è un problema che pone grosse difficoltà. Credo che il <i>comic</i> sia una forma di arte popolare che non può essere classificata con precisione. dato che presenta diversi moduli espressivi: esistono storie per ragazzi, per bambini, per adulti... Comunque bisogna riconoscere che oggi alcuni autori si sforzano di dare al fumetto dignità letteraria.<br />
<br />
Quali sono questi autori? Abbiamo ad esempio <a href="https://en.wikipedia.org/wiki/Hugo_Pratt">Hugo Pratt,</a> un autore eccezionale, che ha scritto un <i>comic</i> dal titolo <i><a href="https://en.wikipedia.org/wiki/Corto_Maltese">Corto Maltese</a></i>, collocabile nella tradizione di Melville e di Stevenson, e <a href="https://en.wikipedia.org/wiki/Jean-Claude_Forest">Jean-Claude Forest</a>, il creatore di <i><a href="https://en.wikipedia.org/wiki/Barbarella_(comics)">Barbarella</a></i>, che oggi scrive con un linguaggio molto preciso e ricercato un fumetto dal titolo <i><a href="https://fr.wikipedia.org/wiki/Hypocrite">Hypocrite</a></i>. Autori simili possiedono un profondo senso del linguaggio.<br />
<br />
Accanto a essi c'è poi un numeroso gruppo di "intellettuali": ad esempio l'italiano <a href="https://en.wikipedia.org/wiki/Guido_Crepax">Crepax</a> e <a href="https://en.wikipedia.org/wiki/Jules_Feiffer">Jules Feiffer</a>, i cui testi possono essere paragonati tranquillamente a qualunque lavoro letterario.<br />
<br />
<b>All'inizio il fumetto era un fenomeno marginale, poi la gente è rimasta colpita dal suo aspetto dinamico. Qual è oggi la reazione del pubblico?</b><br />
<br />
Su questo aspetto, parto dal principio che la gente legge il <i>comic</i> senza "vederlo" veramente, date le ridotte dimensioni delle immagini. Proprio per questo motivo, infatti, fotografai e ingrandii le immagini fino a farne dei pannelli di notevole formato, poi organizzammo le mostre; la gente vide cose che non aveva mai osservato veramente con attenzione e scoprì l'esistenza di grandi artisti tra gli autori a fumetti.<br />
<br />
Alcuni possiedono tecniche identiche a quelle dei grandi pittori italiani del Rinascimento. Ecco che si scopre che Hogarth, il disegnatore di <i>Tarzan</i>, lavorava applicando la <a href="https://it.wikipedia.org/wiki/Sezione_aurea">"sezione aurea"</a>; Milton Caniff, che si rivelò uno dei maestri del disegno in bianco e nero, ha presentato una mostra delle sue creazioni ad Angoulême nel 1973. I giornalisti e i critici d'arte che intervennero alla mostra rimasero stupefatti nel vedere la qualità grafica ed estetica dei suoi disegni ingranditi fino a tre metri di lato.<br />
<br />
Abbiamo tenuto mostre nei maggiori musei del mondo: al <i>Louvre</i> di Parigi, al <i>Metropolitan</i> di New York, al <i>Museo de Arte</i> di San Paolo in Brasile, all'<i>Akademie der Kunst</i> a Berlino, All'<i>Instituto de Arte Contemporáneo</i> di Madrid, a Helsinki, in Giappone; insomma, in ogni parte del mondo. Le dimostrazioni che abbiamo dato sul piano storico, tecnico, estetico e sociologico hanno provato che il <i>comic</i> è un'arte popolare con propri mezzi espressivi.<br />
<br />
Fino a poco tempo fa si diceva: «è dannoso, è scritto male...» Ma questo accade anche con la letteratura e il cinema: ci sono cose buone e cose cattive.<br />
<br />
<b>Quindi il fumetto sarebbe un genere artistico-letterario, poiché non è soltanto letterario...</b><br />
<br />
Goscinny e Uderzo, per esempio, sono autori che si completano a vicenda in maniera meravigliosa. Gli albi di <i>Astérix</i> hanno raggiunto un milione e mezzo di copie in Francia, un milione e trecentomila in Italia, e così ovunque. Quindi non si tratta di un fenomeno locale... Questo successo internazionale è dovuto al fatto che abbiamo un grande umorista, <a href="https://en.wikipedia.org/wiki/Ren%C3%A9_Goscinny">René Goscinny</a>, e un grande disegnatore, <a href="https://en.wikipedia.org/wiki/Albert_Uderzo">Albert Uderzo</a>. Oggi Goscinny pubblica, su un giornale della domenica, le strisce di uno dei suoi personaggi. <i><a href="https://en.wikipedia.org/wiki/Iznogoud">Iznogoud</a></i>. Come risultato, la tiratura di questo giornale è aumentata in misura considerevole.<br />
<br />
<b>Com'è possibile stabilire la qualità di un <i>comic</i>? Esiste un criterio determinato?</b><br />
<br />
Sul piano letterario, indubbiamente, è molto difficile stabilire un criterio. Dal punto di vista della grafica, se si ha un certo gusto, almeno si può giudicare il valore di un disegno; quanto al contenuto, già si entra in un campo più difficile. Come nel caso di un film possiamo domandarci: il soggetto, i dialoghi sono buoni? Un criterio può essere dato dal successo, dall'accoglienza generale del pubblico.<br />
<br />
Se prendiamo, ad esempio, <i><a href="https://en.wikipedia.org/wiki/Blueberry_(comics)">Blueberry</a></i>, scritto da <a href="https://en.wikipedia.org/wiki/Jean-Michel_Charlier">Jean-Michel Charlier</a> e disegnato da <a href="https://en.wikipedia.org/wiki/Jean_Giraud">Giraud</a>, sappiamo che questo <i>comic</i> riscuote successo notevole nel mondo intero. Nel fumetto non è sufficiente collocare un disegno dopo l'altro, esistono altri mezzi di scrittura: il soggettista costruisce il testo secondo tecniche molto precise, mentre l'autore del disegno racconta in una determinata maniera con mezzi espressivi personalissimi.<br />
<br />
Inoltre bisogna tener presente l'inquadratura della vignetta. Certi critici dicono: «I <i>comics</i> sono uguali alle immagini del cinema di animazione: hanno copiato tutto di lì». Ma è un'affermazione falsa, perché il cinema è apparso molto più tardi dei fumetti. La cinepresa è rimasta con l'obiettivo fisso per 25 anni. Se esaminiamo con attenzione <i>Little Nemo</i>, pubblicato nel 1905, troviamo già la ripresa panoramica, lo schermo brillante, le immagini multiple con lo sdoppiamento delle figure.<br />
<br />
Prendiamo, dunque, l'immagine narrativa in sé, l'immagine senza testo che annuncia un'azione o ne prefigura altre diverse; e nel momento in cui noi operiamo la sintesi del testo della nuvoletta, dell'inquadratura o dell'immagine narrativa, osserviamo che il <i>comic</i> combina due forme di racconto: quella del soggettista e quella del grafico.<br />
<br />
<b>Come spiega il successo di massa e l'enorme diffusione dei <i>comics</i>?</b><br />
<br />
Finora non è stato possibile dare una valutazione neppure approssimativa del numero dei lettori, ad eccezione degli Stati Uniti dove, nel 1952, vennero fatte alcune stime da parte di un sociologo di nome Barcus<sup><b>[3]</b></sup>. In Europa non disponiamo ancora di mezzi adeguati per farlo e quindi non voglio assolutamente arrischiarmi su un terreno tanto delicato.<br />
<br />
<b>Lei crede che i <i>comics</i> riscuotano maggior successo tra le persone più sprovvedute sul piano culturale?</b><br />
<br />
Esistono fumetti di basso livello, prodotti con frettolosa approssimazione e con intenti bassamente commerciali, destinati a un pubblico di scarsa preparazione culturale. Esiste poi un pubblico di ragazzi, che tende però a scomparire, perché ho l'impressione che si senta molto più attratto dagli audiovisivi. C'è ancora comunque una categoria di adulti che ha nostalgia della produzione fumettistica degli anni Cinquanta, per non parlare di chi rimpiange addirittura gli anni Trenta e che resta quindi fedele al <i>comic</i>.<br />
<br />
Alle grandi manifestazioni, alle mostre, vediamo soltanto persone dai diciassette anni in su; i più piccoli non si fanno vedere perché sono i genitori che si preoccupano degli acquisti. Non si riesce a sapere se il bambino preferisce un determinato personaggio o un altro. Soltanto dai dodici anni in su possiamo sapere realmente se il bambino si interessa dei <i>comics</i>.<br />
<br />
<b>Quale differenza trova tra il <i>comic</i> e il fotoromanzo?</b><br />
<br />
Fino a oggi il fotoromanzo si è limitato a illustrare un certo tipo di romanzo rosa oppure storico, L'estetica pura del <i>comic</i> non ha niente a che vedere con il fotoromanzo; questo può essere realizzato con cinquanta fotografi diversi, per cui non si riesce mai a sapere qual è il "tocco" del maestro, mentre guardando un <i>comic</i> firmato da Jean Giraud, da Albert Uderzo, <a href="https://en.wikipedia.org/wiki/Jij%C3%A9">da Jijé</a> o da Hugo Pratt, si scopre tutto un universo creato dalla grafica. È questa la fondamentale differenza.<br />
<br />
<b>Le sue affermazioni implicano che il <i>comic</i> ha un suo peso culturale...</b><br />
<br />
Indubbiamente, ne sono convinto. Per esempio da una lettura attenta di una storia di Hugo Pratt si può imparare come dalla lettura di un testo letterario.<br />
<br />
<b>L'enorme diffusione del mezzo televisivo e il fascino che esso esercita non svolgono un ruolo preciso nell'evoluzione dei <i>comics</i>?</b><br />
<br />
Negli anni Trenta il cinema, o meglio l'incidenza del cinema, era limitata; non c'era la televisione e i giovani vivevano quasi esclusivamente di fumetti. Le tirature erano favolose: in Francia, ad esempio, si parlava di settecento o ottocentomila copie settimanali per ogni titolo, e di questi ve ne esistevano più di quindici. Poi è arrivata la televisione, ha condizionato i giovani offrendo loro storie complete, racconti che durano mezz'ora o un'ora al massimo, con un eroe che in questo spazio di tempo inizia e conclude la sua avventura. Ecco perché il pubblico non accettava più di leggere una, due o tre pagine alla settimana, voleva una storia completa.<br />
<br />
Con il passare del tempo i lettori si sono comunque resi conto che in questo modo diminuiva moltissimo l'interesse per i personaggi. Spiegare tutta una storia in dieci pagine è difficilissimo: bisogna introdurre l'azione, rappresentare i vari personaggi, il protagonista... e quando è tutto fatto siamo già alla fine della storia. Il pubblico allora ha cambiato di nuovo il suo atteggiamento, ora accetta storie divise in episodi di dieci pagine sulle quali può seguire i suoi <i>comics</i> preferiti per settimane o per mesi addirittura.<br />
<br />
La televisione ha formato tutto un suo pubblico di giovani. Sono ormai dieci anni che teniamo annualmente <a href="http://www.immaginecentrostudi.org/">il festival di Lucca</a>, e sono tre anni che abbiamo inserito nel programma i cartoni animati, per cui pensiamo che entro cinque o sei anni, quando saranno più diffusi il <i>video-disco</i> e il <i>video-tape</i>, potremo cambiare sistema. Forse abbandoneremo la carta per lavorare sul disco e sulla banda magnetica. Sarà un altro tipo di narrazione. Comunque rimarranno sempre gli albi a fumetti, così come continueranno a esistere le opere letterarie dei grandi autori.<br />
<br />
Attualmente il giovane esita. Quando vediamo alla televisione il trionfale successo di vecchie serie dei <i>comics</i>, se ne deduce che si sta producendo un cambiamento fra i giovani, i quali preferiscono assestarsi su posizioni di passività: per i giovani d'oggi è più comodo premere un pulsante che voltare le pagine di un albo.<br />
<br />
L'audiovisivo sta trasformando tutto un pubblico. Io dico agli editori di <i>comics</i>: «preoccupiamoci; dobbiamo prevedere, per l'avvenire, altri sistemi di diffusione oltre alle tradizionali pubblicazioni settimanali o mensili, altrimenti un giorno saremo completamente superati».<br />
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<b>Lei crede che esista una differenza nella concentrazione dell'informazione, dati i mezzi impiegati dagli audiovisivi, tra la storia vista una sola volta alla televisione e quella che uno compra e può vedere e leggere varie volte?</b><br />
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Sì, certamente. Se affrontiamo la questione da un punto di vista pedagogico basta riflettere su quanto accade durante una lezione di scienze naturali che tratti, per esempio, del volo di un'anitra: il libro in cui sia raffigurata un'anitra che vola permette di tornare indietro e soffermarsi sull'immagine quante volte sia necessario. Si immagini l'incidenza che un sistema di questo tipo può avere!<br />
<br />
L'utilizzazione dei <i>comics</i> nella didattica è una questione che mi sta molto a cuore. Presto comincerò a collaborare con un editore di testi scolastici. Appronteremo strisce da brani scelti, per esempio, dalla <a href="https://en.wikipedia.org/wiki/La_Farce_de_ma%C3%AEtre_Pierre_Pathelin">Farce de Maître Pathelin</a> e poi dalla <a href="https://en.wikipedia.org/wiki/The_Song_of_Roland">Chanson de Roland</a>. Stiamo preparando un personaggio ce spiegherà ai giovani come si può mettere in funzione un impianto telefonico. Abbiamo anche progettato un corso di lezioni propedeutiche al latino. Ormai si è cominciato a utilizzare <i>comics</i> a scopo didattico: alcuni autori di grammatiche li impiegano già.<br />
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<b>Qual è la sua opinione sull'influenza dei movimenti <i>underground</i> nel campo dei <i>comics</i>?</b><br />
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Il movimento <i>underground</i> è in atto negli Stati Uniti dal 1959 anche se certi storici ne fanno risalire la nascita soltanto al 1964. In quel paese, il <i>comic</i> è nelle mani dei <i>Syndicates</i>, potenti agenzie di stampa che ne esercitano un vero e proprio monopolio. Ma è apparsa una nuova scuola di giovani disegnatori, con una diversa opinione politica ecc., i quali, quando hanno tentato di esprimersi, hanno dovuto fae i conti con i <i>Syndicates</i> e ne sono stati respinti. Allora questi nuovi autori hanno creato i loro giornali e propri canali di distribuzione.<br />
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Tra loro vanno ricordati: <a href="http://www.crumbproducts.com/">Robert Crumb</a>, <a href="https://en.wikipedia.org/wiki/Victor_Moscoso">Moscoso</a>, Vod Bonnie<sup><b>[4]</b></sup> e altri. Hanno pubblicato numeri come <i>Zap</i>, <i>Zap number one</i>, <i>two</i> ecc. e hanno rivoluzionato il <i>comic</i> negli Stati Uniti. Gli iniziatori del movimento non erano più di dieci, ma molti altri li hanno copiati e in un certo modo deformati. Ora il pubblico si trova di fronte a una vera a propria fioritura di giornali che giustificano qualunque cosa e alterano il messaggio politico degli autori originali.<br />
<br />
Attualmente si può affermare che il <i>comic underground</i> non esiste più negli Stati Uniti, o meglio, che è stato abilmente "recuperato" dai <i>Syndicates</i>. Il movimento <i>underground</i> è stato un'esplosione e un fallimento. Comunque alcuni autori sono rimasti fedeli alle loro idee, come ad esempio Robert Crumb, che è tornato a fumare <i>hascisc</i> e vive in miseria a San Francisco, lasciandosi sfruttare in modo vergognoso da astuti agenti letterari.<br />
<br />
Uno dei suoi successi è stato <i><a href="https://en.wikipedia.org/wiki/Fritz_the_Cat">Fritz the Cat</a></i>, venduto in tutto il mondo. Hanno sfruttato il personaggio e l'autore non ha avuto mai un centesimo. Crumb è l'unico ad aver avuto il coraggio di resistere e di rimanere fedele alle proprie idee.<br />
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<b>Cosa pensa del <i>comic</i> di tipo rivoluzionario così frequente in certi paesi del Terzo Mondo?</b><br />
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È il mezzo più idoneo per arrivare alle masse e credo che, se ben maneggiato, possa farsi portatore di idee politiche.<br />
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<b>Se un libro è in grado di suscitare la discussione, l'immagine - secondo Truffaut - ha un così alto potere di suggestione che la manipolazione può avere un effetto addirittura dirompente.</b><br />
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Sono completamente d'accordo. Questa manipolazione ha già funzionato e funziona a livello concreto specialmente nell'ambito della lotta politica. Abbiamo visto come in Portogallo e in Grecia, prima della caduta dei rispettivi regimi dittatoriali, il <i>comic</i> veniva impiegato a questi fini. Comunque tutto è cominciato negli Stati Uniti con l'<i>underground</i>, che ha creato fumetti politici molto aggressivi.<br />
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<b>Signor Moliterni, lei afferma che i <i>comics</i> sono destinati sempre di più ai lettori adulti. Non esiste tra gli autori una corrente favorevole al ritorno ai bambini?</b><br />
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Io scrivo testi e insieme al mio disegnatore, <a href="https://en.wikipedia.org/wiki/Robert_Gigi">Robert Gigi</a>, mi sono posto anch'io il problema. Noi facciamo comics per bambini, con molti elementi fantastici, sogni, immagini oniriche... Dunque ci rivolgiamo direttamente ai piccoli, e li raggiungiamo, dato che la madre compra questo prodotto che, secondo il suo parere (che è anche i nostro), è adatto a suo figlio.<br />
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Tuttavia questo evidenzia il fatto che ancora non abbiamo trovato una soluzione corretta perché, come si deduce da quanto ho detto, non è il bambino che <i>decide</i> quando compra un fumetto, ma i genitori.<br />
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<b>In certi fumetti esistono dosi eccessive di erotismo, di sadomasochismo e di violenza. Si pone, quindi, il problema dell'autocontrollo, della censura. Qual è la sua opinione in merito?</b><br />
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Io credo che per anni siamo stati vittime della censura, una censura rigida che non comprendeva i problemi dei fumetti e che ha agito in maniera assolutamente assurda. Ci furono strisce che vennero proibite perché il colore era aggressivo! Poi questa censura è divenuta più blanda e questo ha permesso allora la comparsa degli eccessi. Così sono comparsi <i>comics</i> che eccedevano in particolari catastrofici, per esempio, o orrorifici. In Francia vennero pubblicati <i>comics</i> abbastanza deliranti che, naturalmente, riscossero un successo enorme.<br />
<br />
Inizialmente io ero contrario, ma ora non lo sono più, perché questi fumetti ormai si sono sfogati e adesso, dato che è permesso tutto, sono diventati quasi normali. Incontriamo di nuovo gli autori che erano scomparsi per raccontarci queste storie "deliranti", ma ora ritornano col sorriso sulle labbra a raccontarci storie piacevoli.<br />
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<b>Qual è la prevedibile evoluzione dei <i>comics</i> e cosa ci riserva il futuro?</b><br />
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Sembra che la tendenza del <i>comic</i> vada verso una politicizzazione crescente e verso livelli di maggiore qualità. Ad esempio, in Francia, dal 1968, gli autori di fumetti si sono inseriti nella politica, ed esiste una sorta di rivoluzione che li ha spinti a esprimersi con più maturità. Ritengo che in futuro questi autori - che sono grandi artisti - miglioreranno ancora la loro arte. Durante gli ultimi sei anni l'evoluzione è stata notevole, sia in Europa che negli Stati Uniti. E l'Europa ha prodotto <i>comics</i> di grande qualità.<br />
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__________<br />
<sup><b>[1]</b></sup> In realtà il creatore di <i>Katzenjammer Kids</i> fu <a href="https://en.wikipedia.org/wiki/Rudolph_Dirks">Rudolph Dirks</a>, <a href="https://en.wikipedia.org/wiki/Harold_Knerr">Harold Knerr</a> subentrò solo a partire dal 1914.<br />
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<sup><b>[2]</b></sup> Quindi nel 1969.<br />
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<sup><b>[3]</b></sup> Ci si riferisce in tutta probabilità allo scritto <i>The World of Sunday Comics</i> di Francis E. Barcus, presente sul volume <i><a href="http://comicsresearch.org/entries/white.html">The Funnies: An American Idiom</a></i> del 1963 e citato anche da Umberto Eco in <i>Apocalittici e integrati</i>.<br />
<br />
<sup><b>[4]</b></sup> Forse ci si riferisce a <a href="https://en.wikipedia.org/wiki/Vaughn_Bod%C4%93">Vaughn Bodē</a> (1941-1975).AndreaPhttp://www.blogger.com/profile/16469452467698698115noreply@blogger.com2tag:blogger.com,1999:blog-5993243963647744234.post-26260493964612736742015-03-16T16:47:00.001+01:002018-08-31T19:12:14.889+02:00Ragnarök, due chiacchiere con Walter Simonson<b><i>di Andrea Pachetti</i></b><br />
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<table cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="float: right; margin-left: 1em; text-align: right;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="http://3.bp.blogspot.com/-nUmQigVXQGk/VQb5Lwaz6fI/AAAAAAAAC-Y/EylsHU7Qa08/s1600/simonson01.jpg" imageanchor="1" style="clear: right; margin-bottom: 1em; margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" src="https://3.bp.blogspot.com/-nUmQigVXQGk/VQb5Lwaz6fI/AAAAAAAAC-Y/EylsHU7Qa08/s1600/simonson01.jpg" width="400" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">(c) Walter Simonson</td></tr>
</tbody></table>
Walter Simonson, per gli appassionati di fumetti, è un nome che non ha certo bisogno di presentazioni. La sua <i>run</i> sul Thor della Marvel è ancora oggi celebrata come una delle migliori della storia, per la capacità di innovare il personaggio (attingendo ai miti Norreni) pur restando coerente con il canone di Kirby e Lee. Nello stesso modo i suoi disegni e le possenti onomatopee si sposavano alla perfezione con la grandiosità di un personaggio che ha sempre necessitato, per forza di cose, di una narrazione maestosa.<br />
<br />
Attualmente Simonson si sta occupando di un nuovo progetto, <i>Ragnarök</i>, che vede una nuova incarnazione personale di Thor e che è il completamento ideale (e maturo) dell'opera svolta molti anni prima. Nel momento in cui scrivo (16/03/2015) negli Stati Uniti è uscito il numero 4 (si tratta di un bimestrale) e non c'è nessuna notizia di una futura pubblicazione nel nostro Paese.<br />
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In un momento storico in cui i siti italiani commerciali a fumetti tendono a copiare e rielaborare piccole porzioni di annunci e novità dai maggiori portali statunitensi, ho pensato fosse interessante invece proporre ai lettori un'intervista completa molto recente a Walter Simonson, riguardante questo suo nuovo importante progetto. Ringrazio dunque <b>John A. Wilcox</b> di <a href="http://progsheet1.hypermart.net/simonson.html">Progsheet</a> per avermi autorizzato a tradurre e pubblicare l'intervista da lui realizzata, ricordando anche (repetita iuvant) che questo testo cade sotto una licenza <a href="http://creativecommons.org/licenses/by-nc-nd/4.0/">Creative Commons</a>, per cui l'unico uso che può esserne fatto è la riproduzione integrale (compresa questa introduzione), la corretta attribuzione di tutti i <i>credits</i> e il link all'originale. Buona lettura.<br />
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<h1>
<a name='more'></a>Due chiacchiere con... Walter Simonson</h1>
<br />
<b><i>Intervista di John A. Wilcox</i></b><br />
<b><i>Traduzione di Andrea Pachetti</i></b><br />
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Lo scrittore/disegnatore/artista Walter Simonson ha portato il suo talento in moltissime serie a fumetti, da <i>Thor</i> a <i>Orion</i>, fino ai <i>Metal Men</i>. Ma questo lo sapevate già. In questo momento Simonson sta concentrando i suoi sforzi su una nuova serie per la IDW, <i>Ragnarök</i>. <i><a href="http://progsheet1.hypermart.net/">Progsheet</a></i> lo ha intervistato per conoscere i dettagli privati del suo nuovo entusiasmante progetto. Riempite i vostri boccali di birra e ascoltate...<br />
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<b>Come si sono mossi gli ingranaggi che hanno portato alla nascita di <i>Ragnarök</i>?</b><br />
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Circa 16 o 17 anni fa <a href="http://en.wikipedia.org/wiki/Scott_Dunbier">Scott Dunbier</a>, un amico di vecchia data e allora Editor-in-Chief della Wildstorm (quando era ancora un editore indipendente), mi chiese se potevo essere interessato a realizzare una serie a fumetti basata sui miti Norreni. Risposi di sì, certo, ma al tempo avevo ancora alcuni impegni di lavoro da terminare. Diciamo che mi ci sono voluti 15 anni per terminare quei lavori.<br />
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Di tanto in tanto parlavo con Scott della fattibilità della serie, ma è stato solo circa tre anni fa, più o meno, che sono stato folgorato dall'idea di una storia: era basata sui miti Norreni, ma andava in una direzione piuttosto diversa rispetto a tutti i lavori fatti da me o da chiunque altro in precedenza. Ne ho discusso di nuovo con Scott: nel frattempo lui si era spostato alla IDW e lì sono stati entusiasti all'idea di pubblicare la storia <i>creator-owned</i> che stavo sviluppando. Ecco come è nato <i>Ragnarök</i>.<br />
<br />
<b>Hai mai pensato all'auto-pubblicazione, oppure hai contattato altri editori nelle fasi iniziali?</b><br />
<br />
No, non ho mai pensato all'auto-pubblicazione. C'è un tipo di lavoro in più da fare che preferisco evitare, a meno che io non ne sia costretto: quello che mi piace fare è scrivere e disegnare. Dato che ero riuscito a dribblare l'auto-pubblicazione, penso di aver trovato una soluzione che sembra racchiudere il meglio dell'editoria tradizionale e dell'auto-pubblicazione stessa, continuando però a trattarsi di un editore vero e proprio. Così posso fare le cose che amo di più, cioè creare delle storie che mi piacciano, ma potendo lasciare a qualcun altro le incombenze della promozione e delle scartoffie <i>(risata)</i><br />
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<table cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="float: right; margin-left: 1em; text-align: right;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="http://1.bp.blogspot.com/-t3RGnx6tjuU/VQb5nPMXtUI/AAAAAAAAC-g/cNCAmANgeQQ/s1600/simonson06.jpg" imageanchor="1" style="clear: right; margin-bottom: 1em; margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" src="https://1.bp.blogspot.com/-t3RGnx6tjuU/VQb5nPMXtUI/AAAAAAAAC-g/cNCAmANgeQQ/s1600/simonson06.jpg" width="400" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">(c) Walter Simonson</td></tr>
</tbody></table>
<b>Chi sta lavorando con te a questo progetto?</b><br />
<br />
Laura Martin è la colorista, mentre John Workman si occupa del lettering: non potrei essere più felice. Inoltre la IDW mi ha permesso di poter fare il lettering direttamente sulle tavole, un metodo con cui mi trovo a mio agio. Penso che questo approccio produca delle tavole di qualità migliore, almeno per quanto riguarda il mio lavoro.<br />
<br />
<b>Quali aspetti delle leggende Norrene stai introducendo nel tuo fumetto? Il terreno da esplorare è molto vasto.</b><br />
<br />
Non mi sono posto dei limiti a riguardo. Se penso che un certo tema possa essere incorporato nella mia storia lo farò senz'altro, sia negli archi narrativi più brevi che nello schema complessivo delle cose. C'è moltissimo materiale, in gran parte frammentario, in questo modo i miti sono sia fonte d'ispirazione come guida al mio lavoro, ma anche abbastanza aperti da permettermi ampie manovre partendo da essi. Così sono pronto ad andare in ogni direzione possibile.<br />
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<b>Dimmi qualcosa in più dei personaggi principali e ciò che li guida.</b><br />
<br />
Ovviamente, Thor è il personaggio principale. Come nella mitologia, è un personaggio molto aperto e ritengo che, più scoprirà cosa è accaduto mentre lui era "altrove", più le sue motivazioni saranno del tutto chiare. E, per molti, letali.<br />
<br />
Al momento ho una coppia di Elfi Neri, padre e figlia, che si muovono sotto la superficie delle trame. Ho dei piani per loro, di farli emergere entro qualche numero, nel prossimo arco narrativo. A questi si unirà un altro personaggio significativo che abbiamo visto molto brevemente nel primo numero e del quale sapremo molte più cose col passare del tempo.<br />
<br />
E, onestamente, mi piace il Troll presente nel quarto numero di <i>Ragnarök</i>. Inizialmente non lo avevo pensato come un personaggio particolarmente significativo: nella prima bozza della trama del numero 4 era il solito Troll cattivone; la bozza era piuttosto noiosa (chiedetelo a mia moglie Weezie), così l'ho riscritta da capo e il Troll è diventato un personaggio più importante. Spero di poterlo rielaborare completamente in futuro, anche se adesso non so dire quando. E non vedo l'ora di riproporre lo scoiattolo, <a href="http://en.wikipedia.org/wiki/Ratatoskr">Ratatosk</a>. <br />
<br />
D'altro canto, mi aspetto che appaiano anche nuovi personaggi mentre scrivo, e immagino che alcuni di loro mi saranno utili per le trame future.<br />
<br />
<b>Questo tuo fumetto ha ancora un finale aperto, oppure hai già in mente un numero preciso di albi per concludere la storia?</b><br />
<br />
Penso che la storia andrà avanti per un po', ma ho già pensato a un obiettivo a lungo termine. La cosa più simile che mi viene in mente, su due piedi, è il fumetto giapponese <i>Lone Wolf and Cub</i>, ma non aspettatevi che <i>Ragnarök</i> duri altrettanto.<br />
<br />
<b>Da cosa è nata la storia iniziale?</b><br />
<br />
Da un disegno. Diversi anni fa ho fatto un paio di disegni di una mia versione personale di Thor, per puro divertimento. Un mio amico, Jerry Ma, ha messo una delle immagini su una t-shirt e il risultato è stato molto bello. Al tempo non avevo nessuna storia per quel Thor, ma solo il disegno.<br />
<br />
Circa un anno dopo mi è venuta l'ispirazione e ho buttato giù qualche appunto: non si trattava di una vera storia, ma di una specie di vignetta che mi sembrava funzionasse parecchio. Non ho idea di cosa significasse e non aveva alcun contesto intorno, si trattava di una singola vignetta.<br />
<br />
Così passano ancora sei mesi, o più; ero in macchina, vicino casa mia e all'improvviso, dal nulla, ho avuto una serie di pensieri riguardanti quella vignetta e il genere di mondo che l'avrebbe resa significativa: era l'idea dell'ambiente post-Ragnarök presente poi nel fumetto. Avevo un sacco di idee in testa così ho dovuto fare marcia indietro, dirigermi verso casa e scrivere tutto prima di dimenticarlo. La vignetta così è diventata il primo numero della serie, mentre il fumetto e il mondo in cui le storie si evolvono hanno seguìto la direzione indicata dalle idee avute in macchina.<br />
<br />
Ho aggiunto poi tonnellate di materiale alle idee iniziali, incluse quelle che potrebbero essere dozzine di archi narrativi separati. Vedremo come si svilupperanno le cose: io mi auguro molto bene. Ma se dovessi riassumere il tutto in un'unica frase, sarebbe qualcosa come: «fino a quando Thor rimarrà in vita, il Ragnarök continuerà!»<br />
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<table cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="float: right; margin-left: 1em; text-align: right;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="http://3.bp.blogspot.com/-M6TozOvacmI/VQb51XleeiI/AAAAAAAAC-o/ZFkPI4rPWP4/s1600/simonson05.jpg" imageanchor="1" style="clear: right; margin-bottom: 1em; margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" src="https://3.bp.blogspot.com/-M6TozOvacmI/VQb51XleeiI/AAAAAAAAC-o/ZFkPI4rPWP4/s1600/simonson05.jpg" width="400" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">(c) Walter Simonson</td></tr>
</tbody></table>
<b>Quali sono le caratteristiche di Thor che ti intrigano di più?</b><br />
<br />
Thor mi è sempre sembrato il più accessibile tra gli dèi Norreni: ha un interesse particolare per Midgard e i mortali e spesso, nei miti, è stato il loro protettore. Questa connessione lo rende più vicino a noi, penso. Possiede anche un martello meraviglioso difficile da perdere, e abbastanza potere da scuotere la terra quando necessario. Inoltre il tuono e il fulmine possiedono un aura drammatica piuttosto piacevole.<br />
<br />
<b>Cosa hai potuto fare con il "tuo" Thor che non avresti mai potuto realizzare con il Thor supereroistico della Marvel?</b><br />
<br />
<i>(Risata)</i> Praticamente tutto, partendo dalla capacità di poter parlare senza la mascella inferiore. Possiede dei lati molto più rudi e, sebbene possa provare compassione, è capace di maggiore crudeltà rispetto della sua controparte supereroistica. In conclusione, spero di creare un personaggio che derivi più dai miti che dall'universo dei supereroi.<br />
<br />
<b>Mentre hai un potenziale infinito per quanto riguarda le storie future, su cosa ti focalizzerai nei prossimi albi in uscita, senza rivelarci troppo della trama?</b><br />
<br />
Il prossimo arco narrativo riguarderà Regn e Drifa, gli Elfi Neri che sono stati presentati nel primo arco. Esplorerà il loro rapporto con Thor, che è responsabile della morte della loro moglie/madre. Inoltre, saranno rivelati diversi particolari sul Signore dei Morti che abbiamo potuto vedere brevemente nel primo numero, e sulle sue interazioni coi vivi e coi defunti.<br />
<br />
<b>Che cosa hai pensato inizialmente riguardo l'approccio al design della serie? È senz'altro un fumetto che ti appartiene, ma anche stilisticamente diverso.</b><br />
<br />
Non sto cercando di rendere <i>Ragnarök</i> una descrizione accurata di un genuino mondo Vichingo, ma sto comunque usando molti riferimenti Vichinghi come base per il design delle mie illustrazioni. C'è altrettanto lavoro che parte da un design medievale, certo; diciamo che, rispetto ad altri mie opere, sono partito da una base diversa per l'ispirazione: come prima cosa, una volta tanto non dovrò disegnare New York City.<br />
<br />
Penso ancora a visioni apocalittiche su larga scala e simili, sono ancora interessato a trasmettere un senso di energia attraverso i miei disegni; questo lavoro è in linea con ciò che ho fatto in passato, solo un po' più "metal" <i>(sorride)</i>.<br />
<br />
<b>Qual è stata la tua scelta di matite / pennarelli / pennelli / inchiostri per questo progetto?</b><br />
<br />
Generalmente uso una matita automatica <i>Pentel</i>, con la punta da 9 mm; a volte uso punte più piccole per i dettagli. Gli inchiostri li faccio ancora con una <i>Hunt 102</i>, le uso da quando sono diventato un professionista. Uso pennelli <i>Raphael 8404</i>, di solito il n. 2, a volte il 3. Per quanto riguarda gli inchiostri preferisco la china <i>Pelikan</i>, anche quella ormai è la mia scelta da anni.<br />
<br />
<b>Per quanto riguarda le tavole originali, disegni in rapporto 1.5 o 2<sup>[1]</sup>?</b> <br />
<br />
Ho lavorato al "doppio" per alcune cose in passato, ma per questo progetto sono tornato alle mie vecchie abitudini con l'1.5. Quindi per disegnare ci sono circa 10 pollici per 15 a disposizione.<br />
<br />
<b>Quando penso agli elfi mi vengono in mente degli allegri piccoletti intenti a cuocere biscotti. I tuoi di sicuro non sono così. Dimmi qualcosa in più riguardo la mentalità e le motivazioni di questi Elfi Neri.</b><br />
<br />
Nell'Europa del Nord e nelle isole della Gran Bretagna il popolo fatato possiede numerose incarnazioni, ma tra le più serie c'è l'idea secondo la quale sono esseri pericolosi e spesso capricciosi. A volte ci si riferisce a loro come "Popolo della Pace", poiché bisogna stare molto attenti a non offenderli, tendono a non perdonarti mai. La mitologia Norrena parla di Elfi della Luce ed Elfi Oscuri o Neri. È possible che gli Elfi Neri siano in realtà Nani, ma è questo il bello delle fonti frammentarie, puoi adattarle secondo il tuo desiderio.<br />
<br />
Nel mio caso, ho pensato di usare il nome Elfo Nero per esseri di taglia umana e... letali, nelle mie storie volevo presentare il lato pericoloso del popolo fatato. La piccola famiglia di padre e figlia che ho introdotto si è guadagnata da vivere con l'assassinio, pensando in futuro alla "pensione" e a ritirarsi in pace. È sempre difficile arrivarci, vero? Vedremo come andranno le cose, per loro.<br />
<br />
<b>Prima hai parlato di energia. Che tipo di energia hai sfruttato e incanalato in <i>Ragnarök</i>?</b><br />
<br />
Be', utilizzare un Dio del Tuono mi ha aiutato a muovermi in una certa direzione sin dall'inizio. E se si ha l'intenzione di seguire la storia di un protagonista così potente, saranno necessari molti nemici altrettanto potenti da contrastare. Così l'energia in qualche modo si sviluppa da sola, naturalmente.<br />
<br />
<b>Per un lettore che non ha nessuna idea su cosa aspettarsi da <i>Ragnarök</i>, prova a suscitare il suo interesse con una sola frase!</b><br />
<br />
Gli dèi sono morti, i Grandi Nemici dominano sulle Lande del Crepuscolo; Thor, che non era presente al momento della battaglia finale, è finalmente tornato a casa e gliela farà pagare molto cara<sup><b>[2]</b></sup>!<br />
<br />
<b>Dato che <i><a href="http://progsheet1.hypermart.net/">Progsheet</a></i> si occupa di musica, dimmi i titoli di sei dischi che non ti stancheranno mai...</b><br />
<br />
Eccone sette, potevano essere anche di più. Pensali come la "mezza dozzina" del panettiere<sup><b>[3]</b></sup>, in ordine alfabetico per artista: Charlie Haden & Pat Metheny - Beyond The Missouri Sky; Bo Hansson - Music Inspired By The Lord Of The Rings; Van Morrison - Hard Nose The Highway; Poco - From The Inside; Tom Rush - The Circle Game; Al Stewart - Modern Times; Joy Lynn White - Wild Love.<br />
<br />
<b>Artwork by kind permission of Walter Simonson</b><br />
<b>Ragnarok & all images thereof are copyright & tm Walter Simonson</b><br />
__________<br />
<sup><b>[1]</b></sup> Ci si riferisce al <a href="http://www.artofthecomicbook.com/history/art-reduction.htm">rapporto di dimensioni</a> tra la tavola originale e il fumetto effettivamente stampato (Ndt)<br />
<br />
<sup><b>[2]</b></sup> Simonson qui fa un gioco di parole intraducibile con l'espressione idiomatica <i>there'll be hell to pay</i>, sostituendo "hell" con <a href="http://en.wikipedia.org/wiki/Hel_(location)">l'Hel</a> dei miti Norreni (Ndt)<br />
<br />
<sup><b>[3]</b></sup> In americano, <i>Baker's dozen</i> significa 13 invece che 12, poiché il panettiere tende sempre ad aggiungere qualcosa a quanto richiesto (Ndt)AndreaPhttp://www.blogger.com/profile/16469452467698698115noreply@blogger.com4tag:blogger.com,1999:blog-5993243963647744234.post-27572371154701040912015-02-25T13:54:00.000+01:002018-08-31T19:17:08.599+02:00Anime e manga su Eureka della Corno (1979-1980)<b><i>di Andrea Pachetti</i></b><br />
<br />
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="http://3.bp.blogspot.com/-BG6adHtVS6g/VO2xWVtS5HI/AAAAAAAAC60/WWplLNk83gU/s1600/golgo13.jpg" imageanchor="1" style="clear: right; float: right; margin-bottom: 1em; margin-left: 1em;"><img border="0" height="400" src="https://3.bp.blogspot.com/-BG6adHtVS6g/VO2xWVtS5HI/AAAAAAAAC60/WWplLNk83gU/s1600/golgo13.jpg" width="302" /></a></div>
Se <i>Barefoot Gen</i> <a href="http://atarimagari.blogspot.it/2015/02/barefoot-gen-di-keiji-nakazawa-e-il.html">è stato uno dei primi esempi di manga</a> tradotto e adattato negli Stati Uniti, per quanto riguarda il nostro Paese la situazione è stata condizionata dall'invasione di cartoni animati avvenuta a partire dal 1978 sugli schermi della Rai e delle private. In quegli anni nelle edicole si avvicendarono freneticamente decine di testate a fumetti (sia <a href="http://www.robozzy.com/cataloghi_giornali/cat_giorn_mono.htm">monografiche</a> che <a href="http://www.robozzy.com/cataloghi_giornali/cat_giorn_cont.htm">antologiche</a>), che presentavano storie per bambini tratte dalle avventure dei personaggi giapponesi.<br />
<br />
Nella maggior parte dei casi queste storie erano realizzate da disegnatori italiani senza nessuna autorizzazione da parte degli autori giapponesi; alcune traevano ispirazione dalle vicende narrate nel cartone, altre invece narravano addirittura storie completamente inventate. L'unica eccezione a questa tendenza fu rappresentata dalla Fabbri che, per la propria pubblicazione relativa <a href="http://www.robozzy.com/cataloghi_giornali/GrandeMazinga/grandemazinga.htm">al Grande Mazinga</a>, acquistò regolarmente i diritti della serie originale a fumetti di Go Nagai e Gosaku Ota. Successivamente una cosa analoga avvenne anche per la testata di <a href="http://www.robozzy.com/cataloghi_giornali/Candy/giorn_candy.htm">Candy Candy</a>, che negli anni diventò una delle riviste più longeve e durature per la Fabbri, arrivando a presentare anche i serial di Georgie e Lady Oscar.<br />
<br />
Il <i>Grande Mazinga</i>, sebbene sia stato colorato, ribaltato per la lettura occidentale e adattato/tagliato in modo opinabile, rappresenta dunque <b>il primo manga</b> serializzato in Italia. Manga che, peraltro, è stato riproposto da vari editori: dall'edizione anni Novanta della Granata Press a quelle più recenti (e con lettura alla giapponese) di D/Visual e J-Pop.<br />
<br />
<a name='more'></a>Per quanto riguarda invece il mondo "maturo" dei lettori adulti, la situazione era ovviamente diversa. Le riviste antologiche, che avevano dominato il mercato per gran parte degli anni Sessanta e Settanta, stavano perdendo la loro importanza, un trend che poi proseguirà implacabile anche successivamente, fino alla loro progressiva scomparsa.<br />
<br />
<i>Linus</i>, per esempio, ridusse il suo formato a un brossurato tascabile nel 1979 ed <i>Eureka</i> lo seguì nel 1981. Fu proprio <i>Eureka</i>, nell'ambito del rinnovamento tematico voluto da Luciano Secchi per il 1980, a <b>ospitare dei manga</b> all'interno delle sue pagine. Un fenomeno limitato nel tempo e che ebbe peraltro poca eco presso il pubblico dei lettori, ma che riveste comunque una notevole importanza per quanto riguarda la storia del fumetto giapponese in Italia.<br />
<br />
Secchi annunciò su <i>Eureka</i> 198 (dicembre 1979) che dal mese successivo la rivista avrebbe avuto «una nuova impostazione, più dinamica, più attuale», segnalando che secondo lui «i contenuti ultimamente si erano un po' cristallizzati». Poi, nell'editoriale del 199, parlò dei fumetti giapponesi (ovviamente ancora senza usare il termine <i>manga</i>) come una delle «principali novità di questo Eureka rivestito e mutato secondo le necessità dei tempi». Secchi descrisse i manga da lui presentati come "neo-realisti", accomunandoli così a Will Eisner, pubblicato su quelle pagine nello stesso periodo.<br />
<br />
I fumetti presentati durante il 1980 possono essere divisi in due sezioni: nella prima parte dell'anno abbiamo una serie di storie autoconclusive.<br />
<br />
Gennaio 1980: <i>Good-bye</i> di Yoshihiro Tatsumi, pp. 87-102<br />
Febbraio 1980: <i>La portantina</i> di Shotaro Ishinomori (allora Ishimori), pp. 59-90<br />
Marzo 1980: <i>Il telescopio</i> di Yoshihiro Tatsumi, pp. 77-84<br />
Aprile 1980: <i>L'ospedale infernale</i> di Saburo Kitagawa e Tadashi Matsumori, pp.69-95<br />
Maggio 1980: <i>Il donatore di sperma</i>, di Yoshihiro Tatsumi, pp. 59-66<br />
<br />
La seconda parte dell'anno è dominata invece dalla prima storia completa di <b>Golgo 13</b>, uno dei manga più longevi nella storia del Giappone: proprio in questi giorni l'autore <a href="http://www.animenewsnetwork.com/news/2015-02-06/golgo-13-assassin-manga-heads-towards-conclusion/.84162">sta concludendo</a> le avventure del personaggio con il capitolo 550, e 175 tankobon già all'attivo.<br />
<br />
Agosto 1980: <i>Golgo 13 Capitolo 1 - Assassino</i>, di Takao Saito, pp. 58-78<br />
Settembre 1980: <i>Golgo 13 Capitolo 2 - Gran Bretagna party</i>, di Takao Saito, pp. 58-73<br />
Ottobre 1980: <i>Golgo 13 Capitolo 3 - Il Picchio Verde</i>, di Takao Saito, pp. 42-57<br />
Novembre 1980: <i>Golgo 13 Capitolo 4 - Esplosione</i>, di Takao Saito, pp. 42-59<br />
Dicembre 1980: <i>Golgo 13 Capitolo 5 - Addio al Picchio Verde</i>, di Takao Saito, pp. 46-52<br />
<br />
<table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto; text-align: center;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="http://1.bp.blogspot.com/-6qp6jHeF8pc/VO3COTBhpbI/AAAAAAAAC78/mRwA5sre8P4/s1600/golgo13_eureka1.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" src="https://1.bp.blogspot.com/-6qp6jHeF8pc/VO3COTBhpbI/AAAAAAAAC78/mRwA5sre8P4/s1600/golgo13_eureka1.jpg" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">Le prime vignette di Golgo 13 su Eureka</td></tr>
</tbody></table>
<br />
La selezione di <i>Eureka</i> offrì dunque spazio ad autori classici come Ishinomori (<i>La portantina</i> è una storia tratta dalla serie <a href="http://en.wikipedia.org/wiki/Sabu_to_Ichi_Torimono_Hikae">Sabu to Ichi Torimono Hikae</a>), ma anche esponenti <a href="http://www.tcj.com/saito-takao-and-the-%E2%80%9Cgekiga-factory%E2%80%9D/">del gekiga</a>, come Yoshihiro Tatsumi e lo stesso Saito. Tra le storie presentate senz'altro riveste un certo valore <i>Good-bye</i>, in cui in poche tavole vengono mostrati il dramma e l'umiliazione del popolo giapponese per l'occupazione americana del Dopoguerra, col gusto tendente all'eccesso e all'iperbole tipico di Tatsumi.<br />
<br />
Le traduzioni di tutti questi fumetti (a differenza di quanto accadde successivamente per la Granata Press di Bologna) furono realizzate <b>dal francese</b>. La rivista originale fu una pubblicazione trimestrale dal titolo <a href="http://www.bedetheque.com/serie-21000-BD-Cri-qui-tue.html"><i>Le cri qui tue</i></a> (Il grido che uccide, un riferimento al <a href="http://en.wikipedia.org/wiki/Kiai">Kiai</a> delle arti marziali), di scarso successo ma di grande importanza per il mercato francofono realizzata da <a href="http://www.animeland.com/articles/voir/220/Atoss-TAKEMOTO-lambassadeur-manga">Atoss Takemoto</a>, un giapponese emigrato in Svizzera. È un peccato che in Italia non siano stati tradotti anche <a href="http://japon.canalblog.com/archives/2009/01/29/12278073.html">i capitoli del manga</a> <i>Le systeme de super-oiseaux</i> (鳥人大系, <a href="http://en.wikipedia.org/wiki/Birdman_Anthology">Chōjin Taikei</a>) di Osamu Tezuka.<br />
<br />
<table cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="float: right; margin-left: 1em; text-align: right;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="http://3.bp.blogspot.com/-m_9Cl-7v6Ys/VO2pKUud7sI/AAAAAAAAC6Y/56WA6vAELLU/s1600/mazinga_eureka1.jpg" imageanchor="1" style="clear: right; margin-bottom: 1em; margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" height="320" src="https://3.bp.blogspot.com/-m_9Cl-7v6Ys/VO2pKUud7sI/AAAAAAAAC6Y/56WA6vAELLU/s1600/mazinga_eureka1.jpg" width="285" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">Fonte: Eureka giugno 1980</td></tr>
</tbody></table>
I commenti dei lettori sul tema furono davvero pochi: spicca la lettera (sul numero di luglio) di un giovanissimo <a href="http://it.wikipedia.org/wiki/Marco_Marcello_Lupoi">Marco Marcello Lupoi</a>, per il quale «i racconti giapponesi non si possono definire "porno" ma poco ci manca (...) c'è modo e modo di parlare di certi argomenti». Certo la carica rivoluzionaria e prorompente di certe tavole appariva senz'altro ancora più forte in una rivista che continuava a ospitare le strisce di Andy Capp e Ziggy.<br />
<br />
Sempre una lettera introdusse in <i>Eureka</i> il tema degli <i>anime</i> televisivi. Da notare come il lettore riproponga cronologicamente i temi della protesta, partendo dall'esposto dei 600 genitori di Imola e poi il dibattito sulla stampa nazionale. Particolarmente interessante la citazione di <i>Tutti Insieme Compatibilmente</i>, un programma di Nanni Loy andato in onda dal gennaio all'aprile del 1980. Sarebbe utile identificare la puntata "incriminata" per capire come avvenne la "protesta" contro Mazinga e Goldrake. La risposta di Secchi al quesito è netta e, a suo modo, lungimirante, sottolineando il fatto che un discorso sulla violenza mediatica ha senso solo se affrontato globalmente e non limitando l'attenzione al mondo dei cartoni animati.<br />
<br />
<table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto; text-align: center;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="http://3.bp.blogspot.com/-lX0sDb8KP8E/VO2rrQrVpDI/AAAAAAAAC6k/5Am2E6nrTgs/s1600/mazinga_eureka2.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" src="https://3.bp.blogspot.com/-lX0sDb8KP8E/VO2rrQrVpDI/AAAAAAAAC6k/5Am2E6nrTgs/s1600/mazinga_eureka2.jpg" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">Fonte: Eureka giugno 1980</td></tr>
</tbody></table>
<br />
Che i commenti sulla presenza dei manga fossero stati pochi lo confermò lo stesso Secchi molti anni dopo sulla sua rivista <i>Super Comics</i> (pag. 45 del n. 12), in risposta a una lettera. Si parla in questo caso del settembre del 1991, quindi in piena espansione dei manga in edicola con le proposte dalla Granata Press: «Nel 1980 fui il primo a pubblicare in Italia materiale giapponese ("Golgo 13" e altri racconti senza personaggio fisso). Al tempo l'accoglienza fu piuttosto freddina, mentre ora pare che abbiano suscitato un certo interesse. La mia opinione personale è che si tratti di materiale certamente godibile ma molto ripetitivo, specialmente nella grafica.»<br />
<br />
Tornando a <i>Eureka</i>, particolarmente interessanti dal punto di vista dei cartoni giapponesi sono due interventi di <a href="http://www.lfb.it/fff/fumetto/aut/z/zanotto_piero.htm">Piero Zanotto</a> del 1979, che qui riproponiamo integralmente. Il primo, presentato nel numero di maggio, è da notare per il solito errore presente in tanta stampa dell'epoca, per cui gli <i>anime</i> erano realizzati al computer («Da quando gli animatori del paese del Sol Levante hanno scoperto che i cartoons si potevano confezionare, risparmiando lavoro e fatica, col <i>computer</i>, ragionando in termini esclusivi di battaglie spaziali»). D'altro canto, Zanotto mostrò una curiosa "nostalgia" dei tempi andati, degli Alakazan/Ercolino «che popolarono gli schermi negli anni cinquanta», e che vide contrapposti, nella loro mitologia tradizionale, alle vicende fantascientifiche dei robot.<br />
<br />
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="http://3.bp.blogspot.com/-bOYjcOGuaLQ/VO258LSc9FI/AAAAAAAAC7E/8sIHGDQEZ4w/s1600/Eureka197905_1.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" height="320" src="https://3.bp.blogspot.com/-bOYjcOGuaLQ/VO258LSc9FI/AAAAAAAAC7E/8sIHGDQEZ4w/s1600/Eureka197905_1.jpg" width="241" /></a><a href="http://1.bp.blogspot.com/-qTjHodaXOkc/VO25_j9jyzI/AAAAAAAAC7Q/ZmGKublKU9U/s1600/Eureka197905_2.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" height="320" src="https://1.bp.blogspot.com/-qTjHodaXOkc/VO25_j9jyzI/AAAAAAAAC7Q/ZmGKublKU9U/s1600/Eureka197905_2.jpg" width="243" /></a></div>
<br />
Questo testo è comunque importante perché presenta una citazione (con tanto di immagine) dell'<i>Incrociatore spaziale Galaxi</i> (sic), cioè del primo lungometraggio animato di <i><a href="http://en.wikipedia.org/wiki/Space_Battleship_Yamato">Uchū Senkan Yamato</a></i>, presentato al <a href="http://it.wikipedia.org/wiki/Festival_internazionale_del_film_di_fantascienza_di_Trieste">Festival del film di fantascienza di Trieste</a> del 1978 e sulle pagine de <i>La Stampa</i> sempre da Zanotto come <i>Incrociatore Spaziale Y</i> o ancora come <i>Incrociatore Spaziale Yamato.</i><br />
<br />
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="http://1.bp.blogspot.com/-bAl1SJfruu4/VO29fwMT58I/AAAAAAAAC7Y/Ndf-fxkkxOk/s1600/yamato_lastampa1.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" height="320" src="https://1.bp.blogspot.com/-bAl1SJfruu4/VO29fwMT58I/AAAAAAAAC7Y/Ndf-fxkkxOk/s1600/yamato_lastampa1.jpg" width="222" /></a><a href="http://4.bp.blogspot.com/-3-ZxPLbyBf0/VO29lU6RtfI/AAAAAAAAC7g/O6x4PSoSDpk/s1600/yamato_lastampa2.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" src="https://4.bp.blogspot.com/-3-ZxPLbyBf0/VO29lU6RtfI/AAAAAAAAC7g/O6x4PSoSDpk/s1600/yamato_lastampa2.jpg" /></a></div>
<br />
Questo film di montaggio precede il doppiaggio della serie <i>Star Blazers</i> operato <a href="http://starblazersblog2010.blogspot.it/2010/04/il-doppiaggio-italiano.html">dalla Sincrovox di Roma</a> e si riferisce, in tutta probabilità, alla prima edizione americana, <a href="http://www.anime-games.co.uk/VHS/anime/yamato.php">adattata dal regista Gino Tanasescu</a>. Si può verificare che <a href="http://www.annuncivintage.com/mercatino_detail.aspx?t=1&f=3&s=6&id_a=11291">nel libro pubblicato da Salani</a> i nomi dei due protagonisti furono Jason e Shane, cioè Jason Kodai e Shane O'Tool, i primi nomi attribuiti a Susumu Kodai e Daisuke Shima, che poi diventarono rispettivamente Derek Wildstar e Mark Venture in <i>Star Blazers</i>.<br />
<br />
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="http://2.bp.blogspot.com/-0Pjsq0A-N6g/VO2-Oec5FcI/AAAAAAAAC7s/sDFXIAoXyDA/s1600/Eureka197912_1.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" height="320" src="https://2.bp.blogspot.com/-0Pjsq0A-N6g/VO2-Oec5FcI/AAAAAAAAC7s/sDFXIAoXyDA/s1600/Eureka197912_1.jpg" width="243" /></a><a href="http://2.bp.blogspot.com/-8iRBSUSLZoM/VO2-SNRAaJI/AAAAAAAAC7w/2i2OiRjTwZ0/s1600/Eureka197912_2.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" height="320" src="https://2.bp.blogspot.com/-8iRBSUSLZoM/VO2-SNRAaJI/AAAAAAAAC7w/2i2OiRjTwZ0/s1600/Eureka197912_2.jpg" width="249" /></a></div>
<br />
Il secondo articolo, invece, presentato sul numero di dicembre, offriva un commento e diversi dati su Goldrake:<br />
<br />
<blockquote class="tr_bq">
<i>«(...)Goldrake, che tutti i ragazzi e adolescenti (non soltanto italiani) avevano finito col fanatizzare riconoscendo nell'invincibile robot giustiziere una sorta di loro Messia Protettore. La nostra Tv aveva deciso di non riprenderlo mai più, rendendo praticamente "orfani" centinaia di migliaia di piccoli teleutenti. Proprio quando i genitori avevano finito per accettare anch'essi la presenza in casa dell'immaginifico terrifico entusiasmante essere artificiale (vestendo i loro rampolli col suo costume di scena). Poi, la notizia: Goldrake torna! A partire dal 15 dicembre la Rete due manderà in onda venticinque nuove puntate che avranno per titolo Super-Goldrake. L'eroe-robot avrà ancora la voce di Romano Malaspina.<br />
Combinazione del nome di Goldfinger e Mandrake, questo "dio" della giustizia a tutto tondo com'è intesa dall'immaginazione infantile esaurirà così, definitivamente, il suo ciclo di vita sul piccolo schermo.»</i></blockquote>
<br />
Gli episodi trasmessi invece furono solo 22, dall'11 dicembre 1979 al 6 gennaio 1980.AndreaPhttp://www.blogger.com/profile/16469452467698698115noreply@blogger.com4tag:blogger.com,1999:blog-5993243963647744234.post-31949032273977051592015-02-11T18:09:00.000+01:002015-05-27T13:55:16.840+02:00Barefoot Gen di Keiji Nakazawa e il mondo "post-atomico" giapponese<b><i>di Andrea Pachetti</i></b><br />
<br />
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="http://2.bp.blogspot.com/-D07f0J0y9rQ/VNuKwJUNfSI/AAAAAAAAC4o/2U7mKpw8-Eg/s1600/isawit.jpg" imageanchor="1" style="clear: right; float: right; margin-bottom: 1em; margin-left: 1em;"><img border="0" src="http://2.bp.blogspot.com/-D07f0J0y9rQ/VNuKwJUNfSI/AAAAAAAAC4o/2U7mKpw8-Eg/s1600/isawit.jpg" height="400" width="261" /></a></div>
Molti commentatori, nel corso degli anni, hanno sottolineato quanto l'immaginario giapponese sia stato suggestionato e condizionato dai bombardamenti atomici su Hiroshima e Nagasaki dell'agosto 1945, che posero fine alla Seconda guerra mondiale: dalla creazione di Gojira (Godzilla) agli infiniti "funghi" nucleari posti a corollario di ogni scoppio o esplosione negli <i>anime</i>.<br />
<br />
Se il personaggio di <b>Tetsuwan Atomu</b> (Astro Boy) di Osamu Tezuka permetteva all'autore di indagare sulle discriminazioni e i pregiudizi introducendo un mondo popolato da umani e robot, senz'altro Atom aveva anche lo scopo di fornire una visione positiva degli impieghi dell'energia atomica, esorcizzando in parte il passato: peraltro, questo aspetto era riaffiorato in anni recenti in seguito alle polemiche riguardanti <a href="http://en.wikipedia.org/wiki/Fukushima_Daiichi_nuclear_disaster">l'incidente di Fukushima</a>.<br />
<br />
A tali questioni aveva risposto Rumiko Tezuka, figlia del grande mangaka, <a href="http://ajw.asahi.com/article/cool_japan/style/AJ201304080097">affermando</a> che Astro Boy semplicemente «rifletteva la società degli anni Cinquanta, quando l'energia atomica era una novità e si riteneva che il suo uso potesse rendere le persone felici».<br />
<br />
<a name='more'></a>Oltre ai fatti riguardanti Hiroshima e Nagasaki, è opportuno ricordare anche altri eventi meno noti ma altrettanto traumatici che scossero il Giappone: su tutti, la tragedia della <b>Lucky Dragon 5</b> (Daigo Fukuryū Maru, 第五福竜丸), il peschereccio giapponese <a href="http://d5f.org/">che venne investito dal fallout radioattivo</a> successivo a uno dei test nucleari americani presso l'atollo di Bikini, il 1 marzo del 1954. In particolare, il popolo giapponese seguì con apprensione la sorte del marconista <a href="http://it.wikipedia.org/wiki/Aikichi_Kuboyama">Aikichi Kuboyama</a>, purtroppo poi deceduto il 23 settembre dello stesso anno.<br />
<br />
<table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto; text-align: center;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="http://4.bp.blogspot.com/-hRgPtKqVpg8/VNt4lgwcXJI/AAAAAAAAC34/oAllsFvq6lY/s1600/kuboyama.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" src="http://4.bp.blogspot.com/-hRgPtKqVpg8/VNt4lgwcXJI/AAAAAAAAC34/oAllsFvq6lY/s1600/kuboyama.jpg" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">(fonte: La Stampa)</td></tr>
</tbody></table>
<br />
Di tutte le opere che si sono occupate della tragedia di Hiroshima, senz'altro una delle più toccanti è <i>Hadashi no Gen</i> (はだしのゲン, letteralmente "Gen a piedi nudi, senza scarpe") di Keiji Nakazawa: manga prodotto dal 1973 al 1985, a cui sono stati dedicati tre film dal vivo (di Tengo Yamada) e due lungometraggi <i>anime</i>.<br />
<br />
L'opera è interessante per molti aspetti: sia per i suoi validi contenuti, ma anche per essere stato uno dei primissimi manga a essere adattati in lingua inglese; lo sforzo fu compiuto dal Project Gen, un gruppo di pacificisti giapponesi che iniziò a lavorare alle traduzioni estere (inglese, ma anche tedesca e francese) di <i>Barefoot Gen</i> sin dal 1976, al fine di sensibilizzare e informare il maggior numero possibile di lettori.<br />
<br />
Negli Stati Uniti si interessò della questione <b>Leonard Rifas</b>, un editore indipendente già sensibile alle tematiche ambientaliste, che per esempio aveva editato titoli underground come <i>All-atomic comics</i>. Uscirono quindi nel 1980 sotto il marchio EduComics di Rifas un paio di comic book con le prime tavole di <i>Hadashi no Gen </i>oltre alla traduzione (1982) del primo manga di Nakazawa dedicato alla tragedia personale vissuta nella città natale di Hiroshima, un <i>one-shot </i>chiamato in inglese <i>I saw it</i> (in giapponese Ore wa Mita, おれは見た). Ai primi due volumi cartonati stampati da Rifas seguì poi un'edizione completa ad opera della Last Gasp, sempre con la traduzione del Project Gen.<br />
<br />
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="http://3.bp.blogspot.com/-qkh3iJcSh24/VNuCdwa-RzI/AAAAAAAAC4I/M02AM2T-mQM/s1600/n002p026_.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" src="http://3.bp.blogspot.com/-qkh3iJcSh24/VNuCdwa-RzI/AAAAAAAAC4I/M02AM2T-mQM/s1600/n002p026_.jpg" height="291" width="400" /></a></div>
<br />
Già le prime edizioni del 1980 vennero accolte positivamente dai critici: per esempio la scrittrice <a href="http://en.wikipedia.org/wiki/Catherine_Yronwode">Cat Yronwode</a> approvò questa iniziativa editoriale dalle pagine della rivista <i>Comics Feature</i>, segnalando tra l'altro le difficoltà insite in un adattamento del genere, in special modo nel «ridisegnare tutti i balloon per armonizzarsi maggiormente con la scrittura inglese (orizzontale) invece che giapponese (verticale)»<sup><b>[1]</b></sup>. In questo primo adattamento vennero aggiunti da Rifas stesso dei retini, in modo da dare al fumetto un aspetto maggiormente tridimensionale e più "americano", per usare le parole della Yronwode.<br />
<br />
<table cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="float: right; margin-left: 1em; text-align: right;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="http://1.bp.blogspot.com/-cz8eCGEpSNY/VNuKTsD46SI/AAAAAAAAC4g/6ghsWwkNGYU/s1600/gensenzascarpe1_.jpg" imageanchor="1" style="clear: right; margin-bottom: 1em; margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" src="http://1.bp.blogspot.com/-cz8eCGEpSNY/VNuKTsD46SI/AAAAAAAAC4g/6ghsWwkNGYU/s1600/gensenzascarpe1_.jpg" height="320" width="237" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">(fonte: Radiocorriere TV)</td></tr>
</tbody></table>
Parlando dell'Italia, invece, abbiamo dovuto attendere il 2015 per leggere l'opera completa di Nakazawa: un edizione in tre volumi è prevista per 001 Edizioni, con il primo già uscito. In passato un tentativo (parziale) era partito da Panini Comics, tra il 1999 e il 2001.<br />
<br />
Nonostante ciò, i telespettatori italiani avevano potuto conoscere indirettamente sin dal 1982 la toccante storia di Gen e del suo creatore, attraverso <b>i primi due film dal vivo</b> cui accennavamo all'inizio, opere del regista Tengo Yamada.<br />
<br />
Furono presentati nel pomeriggio della Prima Rete Rai ogni mercoledì e giovedì alle 17:30; per otto settimane, dal 10 marzo al 1 aprile, vennero divisi in otto "puntate" con il titolo complessivo di <i><b>Gen senza scarpe</b></i>. Questo fu il commento di Carlo Bressan sul <i>Radiocorriere TV</i>:<br />
<br />
<blockquote class="tr_bq">
<i>«(...) lo scrittore e giornalista Keiji Nakazawa ha voluto raccontare ai ragazzi, in un libro dal titolo Hadashi No Gen (Gen senza scarpe, pubblicato dall'editore Chobunsha), il dramma di Hiroshima attraverso le vicende di un bambino di nove anni e di altri suoi coetanei (...) Il narratore Nakazawa descrive con vivacità, non priva di una vena di sincera, sentita commozione, la vita e le avventure di Gen e di altri ragazzi orfani della bomba atomica (...) Il libro Hadashi No Gen ha suscitato molto interesse nei lettori giapponesi, ha avuto buona critica ed è stato classificato tra le migliori opere di letteratura giovanile degli ultimi tempi»</i><sup><b>[2]</b></sup>.</blockquote>
<br />
Se invece del generico termine "libro" fosse stata citata esplicitamente l'origine fumettistica dell'opera, magari l'accettazione di questo mezzo di comunicazione come fatto culturale avrebbe avuto dei ritmi più rapidi anche nel nostro Paese, chissà. I film di Gen vennero replicati nel 1984 (sabato 9 e 16 giugno), per poi perdersi definitivamente nei meandri della storia televisiva.<br />
<br />
__________<br />
<sup><b>[1]</b></sup> Cat Yronwode, <i>«Gen of Hiroshima review.»</i> Comics Feature Vol. 1 no. 2 (May 1980): 30-31, 60<br />
<br />
<sup><b>[2]</b></sup> Carlo Bressan, <i>«Il giapponesino che esorcizzò la bomba atomica.»</i> Radiocorriere TV, anno LIX n. 10/11 (14-20 marzo 1982): 144-145AndreaPhttp://www.blogger.com/profile/16469452467698698115noreply@blogger.com2tag:blogger.com,1999:blog-5993243963647744234.post-45228191446542339352015-01-30T17:51:00.002+01:002018-08-31T19:17:08.628+02:00"Gli intellettuali rovina dei fumetti?" (1968)<b><i>di Andrea Pachetti</i></b><br />
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<div style="text-align: right;">
<a href="http://1.bp.blogspot.com/-bbFfRHScINI/VMuZ82yJGeI/AAAAAAAAC2o/29C0d_Gfsbk/s1600/cdc_fumetti.JPG" imageanchor="1" style="clear: right; float: right; margin-bottom: 1em; margin-left: 1em;"><img border="0" height="400" src="https://1.bp.blogspot.com/-bbFfRHScINI/VMuZ82yJGeI/AAAAAAAAC2o/29C0d_Gfsbk/s1600/cdc_fumetti.JPG" width="258" /></a></div>
Se gli anni Cinquanta, per i fumetti, rappresentarono un decennio <a href="http://atarimagari.blogspot.it/2015/01/i-fumetti-al-convegno-dei-cinque-1954.html">pieno di polemiche</a> e <a href="http://atarimagari.blogspot.it/2013/10/fumetto-e-censura-cosa-leggono-i-nostri.html">demonizzazioni strumentali</a>, gli anni Sessanta possono senz'altro considerarsi invece quelli della loro <b>consacrazione</b> nell'ambito della cultura di massa: nel 1961 uscì il saggio <i>I fumetti</i> di Carlo Della Corte; nel 1964 <i>Apocalittici e integrati</i>, di Umberto Eco, nel 1965 il primo numero della rivista <i>Linus</i>. Si tenne nello stesso anno il <a href="http://www.immaginecentrostudi.org/saloni/salone01.asp">1° Salone Internazionale dei Comics</a> a Bordighera, trasferitosi poi dall'edizione successiva a Lucca dove rimase, mietendo sempre maggiori consensi, fino al 1992.<br />
<br />
Se si pensa che ciò pose fine alle polemiche si commette un <b>errore</b>, poiché risale al 1962 anche l'uscita del primo numero di <i>Diabolik</i>, archetipo del <i>fumetto nero</i> all'italiana che generò per tutto il decennio numerosi epigoni e altrettante denunce e sequestri, arrivando fino al processo di Milano dell'ottobre 1965.<br />
<br />
Nello stesso modo si amplificò anche il dibattito sulle diverse visioni relative al mondo dei fumetti: quella nuova, più impegnata ed erudita propria degli intellettuali, contrapposta alla visione classica degli appassionati, nella quale la componente di <b>divertimento</b> ed <b>evasione</b> era ancora preponderante.<br />
<br />
<a name='more'></a>Si prefiguravano quindi i prodromi di quello scontro intellettuale che prosegue ancora adesso, tra chi vuole inserire il fumetto in un contesto forzatamente letterario e chi ne rivendica le caratteristiche proprie, legate certo anche alla sua valenza popolare e di intrattenimento; i primi, spesso in modo intellettualmente scorretto, usano la semantica legata al libro e ai formati editoriali (come quello del <i>graphic novel</i>) per porre una discriminante ideologica tra cosa valga la pena leggere e cosa no, replicando nei fatti il superficiale atteggiamento intellettualistico che, molti anni prima, attribuiva con sdegno all'<b>intero</b> medium fumettistico una <b>qualifica di serie b</b>.<br />
<br />
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="http://1.bp.blogspot.com/-XHWfC8zKChA/VMu7Splpv5I/AAAAAAAAC24/TOLhHEMJNbM/s1600/rovina_fumetti.jpg" imageanchor="1" style="clear: right; float: right; margin-bottom: 1em; margin-left: 1em;"><img border="0" height="183" src="https://1.bp.blogspot.com/-XHWfC8zKChA/VMu7Splpv5I/AAAAAAAAC24/TOLhHEMJNbM/s1600/rovina_fumetti.jpg" width="320" /></a></div>
Tale dibattito si concretizzò nella manifestazione <a href="http://www.immaginecentrostudi.org/saloni/salone04.asp">di <i>Lucca 4</i>, del 1968</a>, l'anno passato poi alla storia proprio per le sue "contestazioni". Troviamo traccia della questione in un articolo del giornalista e scrittore <a href="http://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/1989/10/24/morto-stefano-reggiani.html">Stefano Reggiani (1937-1989)</a> su <i>La Stampa</i>: egli spiegava che «al recente Salone di Lucca, dedicato soprattutto ai collezionisti, un gruppo di autori e di appassionati ha "contestato" la speculazione intellettuale sui fumetti, ha rifiutato le parole difficili degli studiosi per rifugiarsi nel disimpegno»<sup><b>[1]</b></sup>.<br />
<br />
Reggiani poi proseguiva: «Hanno tirato un sospiro di sollievo coloro che si erano sempre mostrati insofferenti verso la dotta invasione degli universitari: subivano l'analisi dei fumetti come una specie di terrorismo ideologico dei colti verso gli incolti. La "fumettologia" era diventata una scienza per eletti: a leggere i <i>comics</i> non c'era più gusto, dietro ogni sorriso poteva celarsi un significato arcano, dietro ogni incomprensione una lacuna culturale».<br />
<br />
<table cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="clear: left; float: right; margin-bottom: 1em; margin-left: 1em; text-align: right;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="http://4.bp.blogspot.com/-QUI6zyWjMEk/VMuVi4ceEvI/AAAAAAAAC2c/oSSzVBwYPo8/s1600/foto_DellaCorte.jpg" imageanchor="1" style="clear: right; margin-bottom: 1em; margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" src="https://4.bp.blogspot.com/-QUI6zyWjMEk/VMuVi4ceEvI/AAAAAAAAC2c/oSSzVBwYPo8/s1600/foto_DellaCorte.jpg" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">Carlo Della Corte<br />
(fonte: <a href="http://www.unive.it/nqcontent.cfm?a_id=144632">unive.it</a>)</td></tr>
</tbody></table>
Il giornalista poi contrapponeva nel dibattito due intellettuali dell'epoca che si erano occupati di fumetti, Eco e Della Corte, che abbiamo citato all'inizio per le loro monografie sull'argomento. Se il nome di Umberto Eco risulta ancora oggi familiare ai più, forse è necessario spendere qualche parola in più sul secondo: veneziano, le sue attività spaziarono dal giornalismo televisivo alla critica, dalla letteratura alla poesia<sup><b>[2]</b></sup>.<br />
<br />
Per quanto riguarda i temi a noi più vicini, il suo saggio sul fumetto per Mondadori è la <b>prima monografia</b> italiana dedicata all'argomento, ma se ne occupò anche con numerosi articoli su quotidiani e riviste, arrivando poi alla collaborazione con l'Editoriale Corno; altrettanto degno di nota il suo interesse per la <b>fantascienza</b>, che si concretizzò soprattutto in un libro di racconti, <i>Pulsatilla Sexuata</i>, pubblicato presso Sugar nel 1962<sup><b>[3]</b></sup>.<br />
<br />
Della Corte commentava dunque su <i>La Stampa</i> che a Lucca «c'è stata una salutare reazione contro gli eccessi e gli abusi. I fumetti sono fatti prima di tutto per divertire. Le dissertazioni erudite e i pasticci culturali dettati dalla moda non hanno niente a che fare coi comics. I primi saggi di Eco sui fumetti erano acuti e divertenti, poi gli epigoni sprovveduti hanno reso tutto più falso e più noioso».<br />
<br />
Proseguì con un commento che suona oggi a suo modo profetico, poiché il tipo di atteggiamento descritto si è protratto fino alla critica attuale: si veda il caso recente della riscoperta del cinema <a href="https://it.wikipedia.org/wiki/Film_di_serie_B">"di serie b"</a>, dove tutto è improvvisamente apparso bellissimo, dopo essere stato per anni considerato mediocre. Si dunque persa, in questa come in altre situazioni, ogni capacità di discernimento in preda a un ingiustificato entusiasmo nostalgico, mescolando i Mario Bava coi <a href="https://it.wikipedia.org/wiki/Pierino_(personaggio)#Versione_cinematografica">Pierini</a>.<br />
<br />
<blockquote class="tr_bq">
<i>«Capiterà come col cinema. Da ragazzi giuravano su <a href="http://www.treccani.it/enciclopedia/bela-balazs_%28Enciclopedia_del_Cinema%29/">Béla Balázs</a> e sullo <a href="http://it.wikipedia.org/wiki/Cinema_russo_d%27avanguardia#Pudovkin">specifico filmico</a>. Poi abbiamo rivisto alcuni presunti classici del cinema e ci siamo vergognati. Non bisogna mai entusiasmarsi troppo. La nostalgia ci ha giocato un brutto tiro. Abbiamo perso il senso della prospettiva. Tutti i vecchi album ci sembrano opere da biblioteca...»</i></blockquote>
<br />
Ovviamente Eco era di diverso avviso: «Che cosa vogliono i contestatori? Che non ci occupiamo più di fumetti? Non vedo la ragione per trascurare un fenomeno che coinvolge come lettori milioni di persone. A questo livello il discorso è da irresponsabili. Se invece la protesta intende portare ad una chiarificazione può essere bene accolta».<br />
<br />
Seguì poi un botta e risposta col giornalista Reggiani:<br />
<br />
<i>«Da cosa nasce la crisi nel mondo dei fumetti?»</i><br />
<br />
«Dalla confusione delle competenze, da un equivoco di fondo. Non si possono trasportare sulla stessa barca studiosi e collezionisti, docenti universitari e disegnatori. Il dialogo è impossibile. Sarebbe come invitare a discutere in un congresso di medicina cardiologi e cardiopatici».<br />
<br />
<i>«I collezionisti, gli esperti parlano da "ammalati"?...»</i><br />
<br />
«È gente che ha confuso la nostalgia con la storiografia. Una cosa è divertirsi tra amici a ricordare i titoli dei primi albi di Topolino, un'altra cosa è studiare i fumetti».<br />
<br />
<i>«Vuol dire che l'interesse scientifico per i comics è tutt'altro che esaurito?»</i><br />
<br />
«Ci sono ampie zone ancora in ombra. Uno studio recente, per esempio, ha dimostrato che per i bambini al di sotto di una certa età è difficilissimo distinguere i tratti fisionomici dei personaggi. Quei segni che per noi vogliono dire ira, riso, stupore per loro non significano nulla. Mancano studi sui rapporti tra parole e disegno».<br />
<br />
<i>«Possiamo dire che lei contesta alla rovescia. Dei fumetti ci si occupa troppo poco seriamente...»</i><br />
<br />
«È il difetto di coloro che hanno scoperto il fumetto solo come oggetto di snobismo culturale. Non ci si può accontentare di ripetere i luoghi comuni. Se qualcuno vuol compiere uno studio indaghi, ad esempio, sulle discriminanti buoni-cattivi, personaggi positivi e negativi, eroi e perseguitati nel recente fumetto italiano. Potrebbe scoprire delle costanti singolari. L'importante è lavorare seriamente, non da improvvisatori, non da <a href="http://www.treccani.it/vocabolario/orecchiante/">orecchianti</a>. Pensi che sono state fatte dotte dissertazioni sulle storie dell'avaro Paperon de' Paperoni come specchio deformante di certa società capitalistica americana, prima di scoprire che il fumetto in questione era disegnato in Italia»<sup><b>[4]</b></sup>.<br />
<br />
__________<br />
<sup><b>[1]</b></sup> Tutte le citazioni presentate provengono dunque da Stefano Reggiani, «<i>Polemica nel mondo di Topolino.»</i> La Stampa Anno 102 Numero 292 (20 dicembre 1968): 9<br />
<br />
<sup><b>[2]</b></sup> A Carlo Della Corte è stato dedicata <a href="http://www.istitutoveneto.it/flex/cm/pages/ServeBLOB.php/L/IT/IDPagina/746">una Giornata di studio nel 2012</a>. Rimando a essa il lettore interessato ad approfondire, in particolare è da notare <a href="https://www.youtube.com/watch?v=uBonpOBuIwQ">l'intervento di Eugenio Burgio</a> dedicato ai fumetti.<br />
<br />
<sup><b>[3]</b></sup> Si veda in proposito l'approfondimento curato da Vittorio Catani e Renato Pestriniero su <a href="http://www.fantascienza.com/delos/delos64/radici.html">Delos 64</a>.<br />
<br />
<sup><b>[4]</b></sup> Eco si riferisce quasi sicuramente ad alcune delle relazioni presentate durante <a href="http://www.immaginecentrostudi.org/saloni/salone01.asp">la 1° tavola rotonda internazionale sulla stampa a fumetti</a> a Bordighera.AndreaPhttp://www.blogger.com/profile/16469452467698698115noreply@blogger.com4tag:blogger.com,1999:blog-5993243963647744234.post-44852733225209820592015-01-19T15:27:00.000+01:002018-08-31T19:17:08.620+02:00"I «fumetti» al convegno dei Cinque" (1954)<i><b>di Andrea Pachetti</b></i><br />
<br />
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="http://1.bp.blogspot.com/-UmwbT32GWhQ/VL0Jr-x8o9I/AAAAAAAAC0M/u7aDPjjP0w0/s1600/radiocorriere_fumetti_titolo.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" src="http://1.bp.blogspot.com/-UmwbT32GWhQ/VL0Jr-x8o9I/AAAAAAAAC0M/u7aDPjjP0w0/s1600/radiocorriere_fumetti_titolo.jpg" /></a></div>
<br />
Dopo aver analizzato <a href="http://atarimagari.blogspot.it/2014/11/imputato-goldrake-alzatevi-1980.html">il dibattito su Goldrake e i cartoni animati giapponesi</a>, torniamo nuovamente agli anni Cinquanta per fornire un altro contributo allo studio delle polemiche sui fumetti, uno dei primi settori coinvolti nel <b>conflitto generazionale</b> tra adulti e ragazzi.<br />
<br />
<a name='more'></a>Il frammento qui presentato è estratto dal <i>Radiocorriere TV</i> ed è interessante poiché, essendo comparso sul più noto periodico di allora relativo ai mezzi di comunicazione di massa, mostra quanto il tema fosse sentito anche nel nostro Paese, oltre che negli Stati Uniti. Scritto da Filippo Raffaelli e presentato sotto forma di dibattito (ovvero "convegno") tra alcune personalità del tempo, il pezzo nacque a causa della lettera di un abbonato, che poneva la seguente questione:<br />
<br />
<blockquote class="tr_bq">
<i>«La stampa per ragazzi continua ad esser intessuta di violenze e assurdità. Le famiglie si rendono conto di ciò? Cosa si può fare per metterle in guardia contro gravissimi pericoli? In che modo formare una corrente di opinione pubblica che favorisca le buone iniziative?»</i><sup><b>[1]</b></sup></blockquote>
<br />
Il Raffaelli si preoccupò di fornire un breve ed efficace excursus sulla storia del dibattito, passato in sostanza attraverso tre fasi distinte: 1) sulle pagine di quotidiani; 2) nelle sale di conferenza a cura «di preoccupate signore e padri di famiglia pieni di buone intenzioni»; 3) sui banchi di Camera e Senato «senza pervenire ad un apprezzabile conclusione».<br />
<br />
Riguardo il punto 2, cioè le "sale di conferenza", ricordiamo soprattutto la «Mostra dei periodici per ragazzi», organizzata nel <b>1951</b> dal Fronte della Famiglia a Roma presso Palazzo Marignoli, i cui contenuti <a href="http://atarimagari.blogspot.it/2013/10/fumetto-e-censura-cosa-leggono-i-nostri.html">abbiamo analizzato attentamente in passato</a>.<br />
<br />
Il tema tornò in auge anche in Italia nel <b>1954</b>, in seguito all'eco mediatica dovuta alla formazione dell'<a href="http://en.wikipedia.org/wiki/Comics_Code_Authority">Authority americana per il Comics Code</a>, il comitato di censura preventiva sui fumetti creato negli Stati Uniti dagli editori stessi, «ventisei editori violentemente criticati per il loro cattivo gusto e l'influenza nociva che la loro produzione aveva sulla gioventù».<br />
<br />
Tra i cinque partecipanti al dibattito del <i>Radiocorriere </i>vi fu <a href="http://storia.camera.it/deputato/maria-federici-18990919/#nav">Maria Federici (1899-1984)</a>, deputata della Democrazia Cristiana, colei che si batté per l'approvazione del suo progetto di legge "anti-fumetti", il n. 995 presentato il 19 dicembre 1949 come <b>«Vigilanza e controllo della stampa destinata all'infanzia e all'adolescenza»</b>, che venne approvato nel 1952 dalla Camera ma non passò mai all'analisi del Senato, poiché nel frattempo (1953) la I Legislatura si era conclusa.<br />
<br />
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="http://3.bp.blogspot.com/-pSrk0G7CQ20/VL0ImSE8eeI/AAAAAAAAC0A/ShaxZkqMCQk/s1600/radiocorriere_fumetti002.jpg" imageanchor="1" style="clear: right; float: right; margin-bottom: 1em; margin-left: 1em;"><img border="0" src="http://3.bp.blogspot.com/-pSrk0G7CQ20/VL0ImSE8eeI/AAAAAAAAC0A/ShaxZkqMCQk/s1600/radiocorriere_fumetti002.jpg" height="320" width="228" /></a></div>
Ritratta (come gli altri partecipanti) dal famoso caricaturista <a href="http://www.onorato-caricature.it/">Umberto Onorato</a>, la Federici espose con forza il suo pensiero:<br />
<br />
<i>«In tutta Italia le famiglie spendono circa 800 milioni al mese per far dimenticare ai figli la lingua italiana, per abituarli ad esprimersi con suoni gutturali indecifrabili e per far apprendere loro il sistema brevettato di uccidere la vecchia zia senza che nessuno se ne accorga. Se si dicesse a questi genitori di spendere lo stesso denaro per migliorare l'attrezzatura scolastica probabilmente troverebbero l'iniziativa troppo onerosa. Occorrerebbe mettere al bando la "fumettistica".»</i><br />
<br />
Tornavano dunque due temi tipici: da una parte l'incitamento alla violenza, secondo il quale i fumetti suggerivano modalità e meccanismi per commettere i crimini più efferati; dall'altra l'imbarbarimento culturale portato dalla presunta povertà letteraria dei fumetti e, in particolare, dalle loro <b>onomatopee</b>. Il timore che questi nuovi costrutti, importati dalle lingue anglosassoni, portassero all'impoverimento della lingua italiana era allora piuttosto sentito.<br />
<br />
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="http://1.bp.blogspot.com/-_SIlPlvB7OY/VL0LlzlaL1I/AAAAAAAAC0Y/Yl7LRmxeFnQ/s1600/radiocorriere_fumetti005.jpg" imageanchor="1" style="clear: right; float: right; margin-bottom: 1em; margin-left: 1em;"><img border="0" src="http://1.bp.blogspot.com/-_SIlPlvB7OY/VL0LlzlaL1I/AAAAAAAAC0Y/Yl7LRmxeFnQ/s1600/radiocorriere_fumetti005.jpg" /></a></div>
Alla Federici si contrappose parzialmente il pensiero di <a href="http://storia.camera.it/deputato/michele-cifarelli-19130808#nav">Michele Cifarelli (1913-1998)</a>, avvocato e successivamente anch'egli deputato e senatore della Repubblica.<br />
<br />
<i>«Ciò che si è detto per i "fumetti" può valere anche per il cinema; lo stato d'animo più diffuso in tutte le classi sociali è che ormai i ragazzi possano leggere e vedere tutto (o quasi tutto). Io non penso però che la legge potrebbe farci qualcosa: ne verrebbero fuori provvedimenti faziosi di pochissima efficacia. Chi può influire molto è invece la scuola, strumento di grande prestigio con il quale lo Stato potrebbe esercitare un continuo e proficuo controllo. E dopo tutto è necessario contrapporre alla stampa bacata qualcosa che non solo sia ispirato a sani principi morali, ma sia espresso in modo attraente, così come si faceva una volta.»</i><br />
<br />
Dunque non doveva essere la legge a occuparsi del settore con <b>una censura preventiva</b>, ma si trattava piuttosto, a parere del Cifarelli, di una questione prettamente educativa, legata al sistema scolastico.<br />
<br />
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="http://4.bp.blogspot.com/-Awqtd9oBA3s/VL0O3XzoQhI/AAAAAAAAC0k/6EwT5HV8x3I/s1600/radiocorriere_fumetti004.jpg" imageanchor="1" style="clear: right; float: right; margin-bottom: 1em; margin-left: 1em;"><img border="0" src="http://4.bp.blogspot.com/-Awqtd9oBA3s/VL0O3XzoQhI/AAAAAAAAC0k/6EwT5HV8x3I/s1600/radiocorriere_fumetti004.jpg" /></a></div>
Gli fece eco il giornalista <a href="http://it.wikipedia.org/wiki/Luigi_Barzini_%281908-1984%29">Luigi Barzini junior (1908-1984)</a>, il quale affermò che anche lui non era <i>«d'accordo con la censura: provocherebbe solo un contrabbando di "fumetti" ed una borsa nera di avventure di fantascienza.»</i> Da notare la vicinanza tematica che il Barzini pose tra fumetti e fantascienza, un genere allora molto noto soprattutto grazie alla collana Urania, nata alla fine del 1952.<br />
<br />
Aggiunse poi un ricordo del padre, continuando: <i>«Quarant'anni fa non c'era scrittore, anche dei massimi, che non dedicasse pare della sua attività letteraria a pubblicazioni per ragazzi. Vi ricorderete di "Fiammiferino", il pupazzetto di legno con l'anima dell'antico samurai che meravigliava tutti per il suo alto senso del dovere. Fu mio padre a inventarlo»</i>.<br />
<br />
Peraltro parte della vita avventurosa di <a href="http://it.wikipedia.org/wiki/Luigi_Barzini_%281874-1947%29">Luigi Barzini senior (1874-1947)</a>, quella riguardante <a href="http://it.wikipedia.org/wiki/Raid_Pechino-Parigi">il raid automobilistico Pechino-Parigi</a>, è stata descritta in anni recenti proprio in un fumetto: <a href="http://www.sergiobonelli.it/sezioni/636/gli-occhi-e-il-buio"><i>Gli occhi e il buio</i> di Gigi Simeoni</a>, pubblicato dalla Sergio Bonelli Editore.<br />
<br />
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="http://3.bp.blogspot.com/-w8Hn9i596vM/VL0RBihqMHI/AAAAAAAAC0w/Xh8_ykZVeRA/s1600/radiocorriere_fumetti003.jpg" imageanchor="1" style="clear: right; float: right; margin-bottom: 1em; margin-left: 1em;"><img border="0" src="http://3.bp.blogspot.com/-w8Hn9i596vM/VL0RBihqMHI/AAAAAAAAC0w/Xh8_ykZVeRA/s1600/radiocorriere_fumetti003.jpg" /></a></div>
Intervenne poi il professor <a href="http://it.wikipedia.org/wiki/Arturo_Carlo_Jemolo">Arturo Carlo Jemolo (1891-1981)</a>, giurista, a ricordare che <i>«delitti di minorenni ne sono accaduti molto prima che apparissero questi giornali»</i>, negando dunque la tesi secondo la quale erano i fumetti a far compiere ai ragazzi attività criminali.<br />
<br />
Egli fece notare la funzione primaria della famiglia per quanto riguarda l'educazione dei figli, rispetto ai compiti della scuola:<br />
<br />
<i>«Io sono dell'opinione che dove ci sono genitori educati, lì entri solo stampa buona che fatalmente rimane fuori delle case di adulti ineducati e amanti di letture scandalistiche. Per quanto riguarda la scuola temo che il suo conformismo non le consenta di esercitare quel controllo di cui ha parlato l'avvocato Cifarelli».</i><br />
<br />
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="http://2.bp.blogspot.com/-TMpqKa0xPHw/VL0TxXiPGxI/AAAAAAAAC08/P6Z0wUhwy8g/s1600/radiocorriere_fumetti001.jpg" imageanchor="1" style="clear: right; float: right; margin-bottom: 1em; margin-left: 1em;"><img border="0" src="http://2.bp.blogspot.com/-TMpqKa0xPHw/VL0TxXiPGxI/AAAAAAAAC08/P6Z0wUhwy8g/s1600/radiocorriere_fumetti001.jpg" /></a></div>
Fu dunque compito del critico teatrale <a href="http://it.wikipedia.org/wiki/Silvio_D%27Amico">Silvio D'Amico (1887-1955)</a> concludere con le sue parole questo dibattito:<br />
<br />
<i>«Io credo da parte mia che accanto alle famiglie buone e quelle corrotte esistano moltissimi indifferenti. Le cifre offerte dall'on. Federici lo dimostrano. In questo campo penso che la scuola potrebbe far moltissimo: compito degli insegnanti è educare non solo i ragazzi ma, soprattutto, i genitori».</i><br />
<br />
Una discussione interessante, certamente figlia del suo tempo, che coinvolgeva personalità del mondo della politica e della cultura ma che, stranamente, tenne fuori tutti coloro che operavano direttamente nel settore sia dal punto di vista commerciale che da quello creativo; coloro che, successivamente, diedero vita al comitato di Garanzia Morale (equivalente italiano del Comics Code) proprio per evitare ogni ulteriore polemica sul loro operato.<br />
<br />
__________<br />
<sup><b>[1]</b></sup> Questo e gli altri virgolettati sono dunque tratti da Filippo Raffaelli, <i>I «fumetti» al convegno dei Cinque</i>. Radiocorriere TV Anno XXIX n. 51 (19-25 dicembre 1955): 15AndreaPhttp://www.blogger.com/profile/16469452467698698115noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-5993243963647744234.post-30257736247345290542014-11-06T19:10:00.001+01:002018-08-31T19:17:08.612+02:00"Imputato Goldrake alzatevi!" (1980)<b><i>di Andrea Pachetti</i></b><br />
<br />
<table cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="float: right; margin-left: 1em; text-align: right;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="http://3.bp.blogspot.com/-syHX6fpDJto/VFu42EjRNqI/AAAAAAAACu0/EzAwRgP1TX4/s1600/198011_3_1.jpg" imageanchor="1" style="clear: right; margin-bottom: 1em; margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" src="http://3.bp.blogspot.com/-syHX6fpDJto/VFu42EjRNqI/AAAAAAAACu0/EzAwRgP1TX4/s1600/198011_3_1.jpg" width="300" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">(Fonte: Bollettino Salesiano)</td></tr>
</tbody></table>
Abbiamo affrontato brevemente la questione della censura sui fumetti <a href="http://atarimagari.blogspot.it/2013/10/fumetto-e-censura-cosa-leggono-i-nostri.html">in un vecchio articolo</a>, nel quale descrivevamo il rapporto conflittuale tra il mondo degli "adulti" e quello dell'infanzia, quando nel contesto sociale si inseriscono nuovi contenuti in cui i fruitori sono principalmente i giovani.<br />
<br />
Il fenomeno descritto si è senz'altro riproposto in modo analogo tra la fine degli anni <b>Settanta</b> e l'inizio degli <b>Ottanta</b>, con l'importazione in Italia di alcune serie di <i>anime</i> giapponesi: in particolare con la cosiddetta invasione robotica, iniziata sul Secondo Canale della Rai il 4 aprile 1978 da <i>Goldrake</i> (UFOロボ·グレンダイザー UFO Robo Gurendaizā), serie conosciuta inizialmente come <i>Atlas Ufo Robot</i>.<br />
<br />
Le polemiche coinvolsero molti àmbiti sociali, dalla <b>politica</b> (si veda la lettera al quotidiano La Repubblica del deputato <a href="http://www.rapportoconfidenziale.org/?p=24833">Silverio Corvisieri</a> e la sua presunta interpellanza parlamentare) al mondo della <b>scuola</b>, con le note proteste dei <a href="http://imagorecensio.blogspot.it/2013/08/i-genitori-di-imola-e-fossano-vs.html">"600 genitori di Imola"</a> che aprirono il dibattito sui quotidiani e i periodici nel nostro Paese.<br />
<br />
<a name='more'></a>Non è certo nostra intenzione descrivere l'intero processo mediatico che coinvolse (suo malgrado) l'animazione giapponese di allora: ci sono già buoni testi a riguardo, a cui rimandiamo per una trattazione organica. Si vedano a titolo di esempio il capitolo 3 del libro <i>Ufo Robot Goldrake</i>, di Alessandro Montosi, oppure il capitolo II (Parte II) de <i>Il Drago e la Saetta</i>, di Marco Pellitteri.<br />
<br />
Piuttosto, il nostro intento è quello di presentare e commentare <b>un documento</b> ancora inedito in rete, che mostra l'atteggiamento tenuto dalla Chiesa Cattolica (in particolare, dei Salesiani) nei confronti di questo fenomeno.<br />
<br />
Riteniamo che questo documento sia davvero interessante, inserito nel suo contesto storico, soprattutto per comprendere tutte le dinamiche in atto in quel periodo: non vuole essere né un atto di accusa, né un motivo per criticare la condotta morale di chicchessia. Vedremo infatti, tra l'altro, come vi sia tutto sommato un certo equilibrio (a differenza di molti casi analoghi) tra atti di accusa e tentativi di difesa.<br />
<br />
L'articolo, a firma Ferruccio Voglino, venne pubblicato sul <i>Numero 11 Anno 104</i> del <i>Bollettino Salesiano</i>, uscito il 1 luglio 1980 ed è qui riproposto integralmente.<br />
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
<a href="http://1.bp.blogspot.com/-Ktz0qihd9tw/VFu1yZZg6yI/AAAAAAAACuQ/dHQ_WTH1Vgo/s1600/198011_1.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" src="http://1.bp.blogspot.com/-Ktz0qihd9tw/VFu1yZZg6yI/AAAAAAAACuQ/dHQ_WTH1Vgo/s1600/198011_1.jpg" height="150" /></a><a href="http://2.bp.blogspot.com/-CZdYmdAhQus/VFu1zilNNMI/AAAAAAAACuY/XZ8ya8rRsUs/s1600/198011_2.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" src="http://2.bp.blogspot.com/-CZdYmdAhQus/VFu1zilNNMI/AAAAAAAACuY/XZ8ya8rRsUs/s1600/198011_2.jpg" height="150" /></a><a href="http://4.bp.blogspot.com/-FCErLE0IM7M/VFu1zJpdXGI/AAAAAAAACuU/0hWg7K5iB90/s1600/198011_3.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" src="http://4.bp.blogspot.com/-FCErLE0IM7M/VFu1zJpdXGI/AAAAAAAACuU/0hWg7K5iB90/s1600/198011_3.jpg" height="150" /></a><a href="http://3.bp.blogspot.com/-rYA6zXaT5Dk/VFu11T9OtcI/AAAAAAAACug/xi2P9UR1KPw/s1600/198011_4.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" src="http://3.bp.blogspot.com/-rYA6zXaT5Dk/VFu11T9OtcI/AAAAAAAACug/xi2P9UR1KPw/s1600/198011_4.jpg" height="150" /></a></div>
<br />
Il testo si inserisce in un periodo in cui vi erano già numerosi cartoni animati in programmazione sulle reti Rai e private: la "terza serie" di Goldrake era terminata nel gennaio del 1980 e nello stesso mese era iniziato Mazinga Z (マジンガーZ, Majingā Zetto). Durante il mese di febbraio era comparso anche Gundam (機動戦士ガンダム, Kidō Senshi Gandamu) su Tele Monte Carlo.<br />
<br />
Durante la lettura si notano tutte le paure e le proteste tipiche del periodo: si riportano ad esempio i già citati Corvisieri e i genitori di Imola. In particolare si cita <b>Dario Ciani</b>, estensore della lettera di protesta: «Non vogliamo che i nostri figli vengano su tutti uguali, tutti storditi come tanti polli da mangime.»<br />
<br />
È interessante notare il dibattito che si svolse nel corso dell'articolo, tra interventi pro e contro.<br />
<br />
A difesa della trasmissione di Goldrake e Mazinga intervenne la curatrice <a href="http://alemontosi.blogspot.it/2014/02/nicoletta-artom-la-cinefila-che.html">Nicoletta Artom</a>:<br />
<blockquote class="tr_bq">
<i>«I bambini urlano, picchiano, saltano, emettono strani suoni, ma è un divertimento innocuo. Non è violenza. È un modo di scaricarsi, di giocare, del tutto surreale...»</i></blockquote>
Alla sua voce si unì quella dell'intellettuale <a href="http://it.wikipedia.org/wiki/Mario_Carpitella">Mario Carpitella</a>, allora in Rai:<br />
<blockquote class="tr_bq">
<i>«Non c'è violenza più astratta e inoffensiva di quella dei robot spaziali. Considero le proteste dei genitori frutto di immaturità pedagogica.»</i></blockquote>
Certamente gli strali contro i cartoni robotici erano comunque molti. A Carpitella rispose subito Aldo Agazzi, della Cattolica di Milano:<br />
<blockquote class="tr_bq">
<i>«C'è stato un certo periodo in cui si credeva che uno spettacolo di violenza scaricasse e liberasse; oggi sappiamo tutti che non è così, che anzi avviene il contrario. E c'è di più: la violenza trascina, specie quando è di massa.»</i></blockquote>
Ad Agazzi si aggiunse anche il commento negativo di Annafranca Converso:<br />
<blockquote class="tr_bq">
<i>«La suggestione televisiva specialmente a colori si impadronisce in maniera totalmente avvincente dei due principali organi di senso, la vista e l'udito, proprio perché il bambino è più vulnerabile.»</i></blockquote>
<blockquote class="tr_bq">
<i>«Il risultato sarà un ragazzo chiuso in se stesso, egocentrico, aggressivo, che parla soltanto con il televisore e non con i coetanei, che imposta i suoi rapporti con gli adulti sulla prepotenza e il capriccio, perché ha imparato la lezione da Goldrake.»</i></blockquote>
Una critica <i>tranchant</i> che non lascia spazio ad alcuna forma di dibattito e che certo risulta eccessiva. Certamente la Rai aveva una posizione ambigua nel contesto in esame, dovendo necessariamente tenere il piede in due staffe: da una parte presentava alcuni dei cartoni oggetto di critiche, dall'altra tendeva di volta in volta a <b>minimizzarne la portata</b> e quasi contrastarli dall'interno.<br />
<br />
Esemplare, in questo caso, l'inserimento di <i>Mazinga Z</i> all'interno del contenitore <i><a href="http://it.wikipedia.org/wiki/3,_2,_1..._contatto!">3, 2, 1... Contatto</a></i>, in cui avvenne una sorta di dibattito e concorso (nella sezione "Game") su quale fosse il migliore tra Mazinga e Pinocchio: un dualismo totalmente pretestuoso giocato sul contrasto tra novità e tradizione, ovviamente vòlto a far prevalere la seconda sulla prima. Ritorneremo su questo argomento in un altro approfondimento.<br />
<br />
Dino Basilli, l'allora capo Ufficio stampa della Rai minimizzò laconicamente: «Non è un uovo che fa male, ma una frittata di venti uova.»<br />
<br />
Legato a <i>Mazinga Z</i> persiste tuttora l'interrogativo sul perché non furono acquistati i restanti episodi della serie e se, soprattutto, <b>furono davvero le proteste</b> a far desistere la Rai. L'articolo si esprime in questo modo a riguardo. Effettivamente le ultime puntate delle 52 acquistate (sulle 92 totali) andarono in onda solo nel settembre del 1980:<br />
<blockquote class="tr_bq">
<i>«L'ente televisivo italiano (...) anche attento alle proteste dell'opinione pubblica, ha diradato molto gli appuntamenti dei bambini con i robot. In particolare la Rete 1, che aveva in serbo 52 puntate di Mazinga da trasmettere di seguito, ne ha rimandato la seconda parte all'autunno.»</i></blockquote>
A completamento dell'intervento, inseriamo anche il citato articolo del <i>Radiocorriere TV</i>, scritto da Carlo Bressan, <i>Non si vive di soli robot</i>, nel quale si analizza l'atteggiamento di numerose reti televisive europee in merito alle produzioni per l'infanzia e le <b>alternative</b> agli anime giapponesi.<br />
<br />
<a href="http://3.bp.blogspot.com/-zrqHFifVIVY/VFu1aV02nMI/AAAAAAAACuA/MLKS-GT59Kc/s1600/radiocorriere1.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" src="http://3.bp.blogspot.com/-zrqHFifVIVY/VFu1aV02nMI/AAAAAAAACuA/MLKS-GT59Kc/s1600/radiocorriere1.jpg" height="320" width="230" /></a> <a href="http://1.bp.blogspot.com/-QkyHXU-lhKE/VFu1bKozmiI/AAAAAAAACuE/YhZXssdp67k/s1600/radiocorriere2.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" src="http://1.bp.blogspot.com/-QkyHXU-lhKE/VFu1bKozmiI/AAAAAAAACuE/YhZXssdp67k/s1600/radiocorriere2.jpg" height="320" width="230" /></a>AndreaPhttp://www.blogger.com/profile/16469452467698698115noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-5993243963647744234.post-64313226861643885672014-09-08T19:47:00.000+02:002018-08-31T19:12:14.940+02:00Clark Ashton Smith su "Stampa Sera" (1977-1980)<b><i>di Andrea Pachetti</i></b><br />
<br />
<table cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="float: right; margin-left: 1em; text-align: right;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="http://2.bp.blogspot.com/-no_duksod84/VA3pfpTtReI/AAAAAAAACnA/4sLgSbR7q84/s1600/cas_sentinel.jpg" imageanchor="1" style="clear: right; margin-bottom: 1em; margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" src="http://2.bp.blogspot.com/-no_duksod84/VA3pfpTtReI/AAAAAAAACnA/4sLgSbR7q84/s1600/cas_sentinel.jpg" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">(Fonte: <a href="http://www.eldritchdark.com/">Eldritch Dark</a>)</td></tr>
</tbody></table>
La letteratura fantastica sarebbe stata sicuramente diversa senza il fondamentale contributo della rivista <b><i>Weird Tales</i></b>, appartenente all'epoca d'Oro dei p<i>ulp magazines</i>. Dei tre autori principali di <i>Weird Tales</i>, H.P. Lovecraft, Robert E. Howard e <b>Clark Ashton Smith</b>, quest'ultimo in Italia è senz'altro meno noto. Negli anni non ha certo ricevuto l'interesse tributato <a href="http://atarimagari.blogspot.it/2014/06/il-lovecraft-dimenticato-della-rai-tra.html">a Lovecraft</a>, né tantomeno l'eco pubblicitaria della cinematografia che ha dato fama imperitura<a href="http://atarimagari.blogspot.it/2011/07/conan-la-piu-importante-creazione-di.html"> a Conan</a>, principale creazione artistica di Howard.<br />
<br />
Alcuni suoi racconti comparvero su antologie e in appendice a <i>Urania</i> a partire dalla seconda metà degli Sessanta, ma è durante gli anni Settanta che l'interessamento degli editori specializzati si fece più concreto: in particolare, alla fine del 1975, il curatore Carlo Bosco segnalò che Clark Ashton Smith avrebbe fatto parte della collana <b>Saga</b>, per i tipi della MEB. Nell'introduzione al primo volume della serie, Bosco commentò che lo scopo era quello di «valorizzare al massimo un genere letterario che è sempre stato considerato figlio illegittimo della letteratura ufficiale»<sup><b>[1]</b></sup>.<br />
<br />
<a name='more'></a><table cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="float: left; margin-right: 1em; text-align: left;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="http://1.bp.blogspot.com/-CQXCWeQtx2Q/VA3optyJOTI/AAAAAAAACm4/GXZvXweSpIY/s1600/finlay2.jpg" imageanchor="1" style="clear: left; margin-bottom: 1em; margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" src="http://1.bp.blogspot.com/-CQXCWeQtx2Q/VA3optyJOTI/AAAAAAAACm4/GXZvXweSpIY/s1600/finlay2.jpg" height="400" width="250" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">(Fonte: Stampa Sera)</td></tr>
</tbody></table>
In un articolo che rifletteva sulle produzioni fantascientifiche del 1976 il giornalista Bruno Faussone, oltre a commentare le prime due uscite della «piccola casa torinese MEB», segnalò che l'editore aveva «ambizioni per il futuro» e preannunciava «tra le prossime opere "Genius Loci", l'importante romanzo di Clark Ashton Smith», autore che venne definito in quella sede «uno dei grandi maestri della fantasia americana»<sup><b>[2]</b></sup>. La raccolta venne poi effettivamente pubblicata nella collana, assieme ad altri tre volumi (precisamente i nn. 20-29-32-33), tra il 1978 e il 1979.<br />
<br />
Ma probabilmente è con l'inclusione di Smith nella <b>Fantacollana</b> della Nord che egli ottenne il maggior successo: il ciclo di <i>Zothique</i> comparve come diciassettesimo volume della serie, nel 1977. Tale ciclo è emblematico dell'intera produzione di questo autore, dato che ne presenta tutte le suggestioni stilistiche: le atmosfere esotiche, inquietanti e decadenti della civiltà al tramonto, che furono ispirazione primaria per il cosiddetto genere della <b>Terra Morente</b>, di cui <a href="http://atarimagari.blogspot.it/2011/07/alcuni-dei-motivi-per-cui-jack-vance.html">Jack Vance</a> fu poi l'esponente più illustre.<br />
<br />
Ruggero Bianchi, nella sua recensione su TuttoLibri lo descrisse così: «Zotique <i>(sic)</i>, l'ultimo continente di una Terra prossima all'estinzione, circondato da oceani che hanno ormai sommerso le altre terre abitate e illuminato da un sole malato e quasi privo di calore, è un luogo al di fuori del tempo che si affida a strutture politiche e socioeconomiche di tipo medioevale o addirittura primitivo»<sup><b>[3]</b></sup>.<br />
<br />
Proprio al ciclo di <i>Zothique</i> appartengono tutti i racconti che furono presentati nell'<i>inserto vacanze</i> di <b>Stampa Sera</b> durante l'estate del 1977. Ricordiamo che l'uscita di tali inserti era prassi comune dell'epoca: si trattava di supplementi da leggere durante le ferie, alternando notizie leggere, curiosità, giochi d'enigmistica e racconti. Dobbiamo quindi fare un piccolo sforzo d'immaginazione e calarci nella mentalità di un lettore dell'epoca che, tra un cruciverba e l'altro, ebbe la possibilità di leggere su un quotidiano nazionale i racconti suggestivi di quello che veniva presentato enfaticamente come un «maestro dell'orrore».<br />
<br />
<table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto; text-align: center;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="http://4.bp.blogspot.com/-bVO0FWnDOUs/VA3nLfc1RxI/AAAAAAAACmk/O9ctac0rkJw/s1600/adompha.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" src="http://4.bp.blogspot.com/-bVO0FWnDOUs/VA3nLfc1RxI/AAAAAAAACmk/O9ctac0rkJw/s1600/adompha.jpg" width="500" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">(Fonte: Stampa Sera)</td></tr>
</tbody></table>
<br />
I racconti, ciascuno spezzato in due episodi, furono <i>La morte di Ilalotha</i> (8-9 luglio), <i>Il giardino di Adompha</i> (15-16 luglio) e <i>Io sono Morthylla</i> (22-23 luglio), corredati dalle suggestive illustrazioni di Virgil Finlay. Non fu questo l'unico rapporto tra Ashton Smith e <i>Stampa Sera</i>: sempre tratto da <i>Zothique</i>, <i>L'abate nero</i> venne presentato in sei puntate, tra il 21 e il 26 novembre dello stesso anno. È possibile notare come tali racconti avessero conquistato anche nel nostro Paese, seppur tardivamente, la loro originaria dimensione pulp, episodica e d'appendice.<br />
<br />
<table cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="float: right; margin-left: 1em; text-align: right;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="http://4.bp.blogspot.com/-Nzj5Jg2sKxQ/VA3nS8Dj_YI/AAAAAAAACms/ERkvwe_xzz8/s1600/abatenero.jpg" imageanchor="1" style="clear: right; margin-bottom: 1em; margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" src="http://4.bp.blogspot.com/-Nzj5Jg2sKxQ/VA3nS8Dj_YI/AAAAAAAACms/ERkvwe_xzz8/s1600/abatenero.jpg" height="284" width="320" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">(Fonte: Stampa Sera)</td></tr>
</tbody></table>
L'esperienza venne replicata nuovamente nel 1980: altri due racconti (<i>L'ultimo incantesimo</i> e L<i>a partenza di Afrodite</i>) furono pubblicati a tutta pagina il 9 e 24 luglio nella <i>pagina dell'avventura</i> dell'inserto vacanze, presi stavolta dalle succitate pubblicazioni della MEB.<br />
<br />
Senz'altro si trattò un'interessante e costruttiva sinergia pubblicitaria tra stampa periodica e libri di genere, al fine di raggiungere il massimo pubblico possibile. Senza ricorrere a un'eccessiva semplificazione, segnaliamo che sarebbe interessante trovare anche al giorno d'oggi <b>iniziative analoghe</b>, piuttosto che contare esclusivamente zoccolo duro degli appassionati e sopravvivere grazie alle pubblicazioni a loro destinate.<br />
<br />
Nessuna monografia di Clark Ashton Smith è reperibile a stampa da oltre venti anni: dopo l'uscita di sette volumi per la Fanucci (1987-1990), vi fu una ristampa economica di <i>Zothique</i> sempre per la Nord nel 1992; da allora un <b>immeritato oblio</b> per questo grande del fantastico, un silenzio tombale interrotto solo da uno speciale curato da Piero Guarriello (<i>Ombre dal Cosmo</i>, 1999) per Yorick.<br />
<br />
<div style="text-align: center;">
<a href="http://2.bp.blogspot.com/-DtYSllvunvE/VA3qAyGuLDI/AAAAAAAACnI/hGkwcFKSfEQ/s1600/cas3_.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" src="http://2.bp.blogspot.com/-DtYSllvunvE/VA3qAyGuLDI/AAAAAAAACnI/hGkwcFKSfEQ/s1600/cas3_.jpg" height="400" width="185" /></a><a href="http://3.bp.blogspot.com/-yhxWlbp5nBI/VA3qKFf4e7I/AAAAAAAACnQ/VbdysNa1ULI/s1600/cas4_.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" src="http://3.bp.blogspot.com/-yhxWlbp5nBI/VA3qKFf4e7I/AAAAAAAACnQ/VbdysNa1ULI/s1600/cas4_.jpg" height="400" width="185" /></a></div>
__________<br />
<sup><b>[1]</b></sup> Carlo Bosco, Introduzione a <i>«Creature della luce e delle tenebre»</i> (MEB, Torino, 1975), 7-8<br />
<sup><b>[2]</b></sup> Bruno Faussone, <i>«Fantascienza.»</i> TuttoLibri, anno II n. 13 (3 aprile 1976): 18<br />
<sup><b>[3]</b></sup> Ruggero Bianchi, <i>«L'ultima terra.»</i> TuttoLibri, anno III n. 33 (10 settembre 1977): 9AndreaPhttp://www.blogger.com/profile/16469452467698698115noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-5993243963647744234.post-29098242001804642862014-06-27T15:03:00.003+02:002018-08-31T19:12:14.895+02:00Il Lovecraft dimenticato della Rai, tra radio e televisione<b><i>di Andrea Pachetti</i></b><br />
<br />
<table cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="float: right; margin-left: 1em; text-align: right;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="http://1.bp.blogspot.com/-12SoLjiFsP0/U61ssWY-K3I/AAAAAAAAChY/9nS9ezU-MzE/s1600/1934-A.jpg" imageanchor="1" style="clear: right; margin-bottom: 1em; margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" height="320" src="https://1.bp.blogspot.com/-12SoLjiFsP0/U61ssWY-K3I/AAAAAAAAChY/9nS9ezU-MzE/s1600/1934-A.jpg" width="240" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;"><a href="http://www.hplovecraft.com/life/gallery.aspx?PhotoID=57">fonte</a></td></tr>
</tbody></table>
Parlare dei propri autori preferiti rischia sempre di essere controproducente: per questo, nel testo che segue, ho deciso di concentrare l'attenzione del mio contributo alla critica lovecraftiana esclusivamente su alcune opere derivate dai lavori di HPL che, al momento, risultano irreperibili: la ricerca è stata quindi effettuata solo sulle fonti testuali dell'epoca, <i>Radiocorriere TV</i> e quotidiani.<br />
<br />
La tesi che voglio portare avanti in questa sede è che l'influenza di Lovecraft sulle produzioni artistiche del secondo Novecento è stata <b>cospicua e tangibile</b>, ancora tutta da analizzare nella sua portata reale e presente anche in luoghi apparentemente assai distanti.<br />
<br />
Ho cercato per quanto possibile di limitare i riferimenti e le note bibliografiche ma, a causa della lunghezza di questo scritto, consiglio comunque la lettura <i>offline</i>. Avrei certo potuto dividerlo in sottoinsiemi per moltiplicare gli accessi al blog, ma questi stratagemmi commerciali esulano dai miei intenti.<br />
<br />
<a name='more'></a><h3>
<b><u>1. Introduzione</u></b></h3>
<br />
H.P. Lovecraft, come ogni autore del resto, può essere giudicato in modo diretto o indiretto, se cioè affidarsi esclusivamente alla critica letteraria e scrutare minuziosamente ogni suo singolo lavoro scritto, analizzandone stili, temi e capacità narrative, oppure notare quante siano state nel corso degli anni le opere dal quale hanno attinto ispirazione: sia tutte quelle che citano esplicitamente luoghi, personaggi, divinità e «mostri», sia le altre che semplicemente rievocano le atmosfere suggerite dallo scrittore di Providence, spesso definite di «orrore cosmico».<br />
<br />
Se la validità dello scrittore ancora oggi è dibattuta da alcuni, certo tutti devono prendere atto dell'immenso numero di opere derivate, al punto che esistono interi testi dedicati all'analisi di alcuni sottoinsiemi di esse, dal cinema alla musica, per arrivare ai videogiochi e ai fumetti. C'è da dire che Lovecraft, in vita, si è occupato attivamente di tutto ciò, invitando gli scrittori amici di <i>Weird Tales</i> a inserire il Necronomicon e Cthulhu nelle loro composizioni, e nello stesso modo egli aggiunse particolari e citazioni provenienti dagli scritti di Clark Ashton Smith, Robert E. Howard e altri ancora: semplificando, si potrebbe affermare che Lovecraft abbia dato vita a uno dei primi <b>universi condivisi</b>, per quanto riguarda il mondo della narrativa.<br />
<br />
La fortuna editoriale di questo scrittore in Italia ha un percorso piuttosto lento, e non ancora del tutto compiuto: nella bibliografia redatta da Giuseppe Lippi<sup><b>[1]</b></sup>, il primo racconto di Lovecraft sicuramente pubblicato nel nostro paese è <i>I topi nel muro</i> (<i>The Rats in the Walls</i>) nell'antologia <i>Un secolo di terrore</i> (luglio 1960) per i tipi di Sugar, a cura di Bruno Tasso.<br />
<br />
Tra i maggiori artefici dell'iniziale successo letterario di Lovecraft devono essere annoverati senz'altro Fruttero e Lucentini, che hanno inserito tre suoi racconti nell'antologia <i>Storie di fantasmi</i> per Einaudi, nel dicembre 1960. Poi, come curatori di Urania, hanno presentato un fascicolo monografico nel giugno del 1963, <i>Colui che sussurrava nel buio</i>, e accluso il romanzo breve <i>La maschera di Innsmouth</i> (<i>The Shadow Over Innsmouth</i>) nell'omnibus cartonato di fantascienza <i>Universo a sette incognite</i>.<br />
<br />
Del 1966 invece è la fondamentale antologia<i> I mostri all'angolo della strada</i> (sempre per Mondadori) che diventerà negli anni uno dei testi di riferimento per leggere Lovecraft, con tutti i suoi limiti riguardanti da una parte la bontà delle traduzioni, dall'altro la completezza filologica dei testi originari e la loro corretta attribuzione; dello stesso anno è anche il primo volume monografico per Sugar, <i>Le montagne della follia</i>.<br />
<br />
<h3>
<b><u>2. Radio</u></b></h3>
<br />
La radio italiana ha ovviamente una lunghissima tradizione di adattamenti letterari, sia per quanto riguarda la semplice lettura operata da un singolo narratore, sia la drammatizzazione mediante l'uso di attori. Certamente anche Lovecraft è stato protagonista di una serie di trasmissioni, soprattutto a partire dalla fine degli anni Settanta: ricordiamo ad esempio <i>L'illustrazione della casa</i> (1979), <i>L'uomo di pietra</i> (1980), <i>L'estraneo</i> (1984), <i>La cosa sulla soglia</i> (1987), <i>La finestra della soffitta</i> (1990).<br />
<br />
Già da questa lista è possibile notare che la confusione generata dagli scritti letterari si ripercuoteva negli adattamenti, dato che si attribuiva esclusivamente a Lovecraft <i>L'uomo di pietra</i>, in realtà una revisione per Hazel Heald, ma soprattutto <i>La finestra sulla soffitta</i>, comparso inizialmente proprio nel volume sopracitato <i>I mostri all'angolo della strada</i> e che è un racconto (<i>The gable window</i>) a esclusiva firma August Derleth, una delle disgraziate «collaborazioni postume» che tanti danni hanno creato alla filologia lovecraftiana nel corso degli anni.<br />
<br />
Andando a ritroso, notiamo poi due trasmissioni degli anni Sessanta che meritano una particolare attenzione e che analizziamo singolarmente.<br />
<br />
<u><b>2.1 Le montagne allucinate</b></u><br />
<br />
Domenica 26 giugno 1960 alle 19,15, per mezz'ora, è andata in onda sul Terzo Canale radio della RAI una riduzione di <i>At the Mountains of Madness</i>, a cura di Renato Giani. Per la precisione, all'interno della rubrica «Biblioteca» è stato presentato <i>Le montagne allucinate</i> di di P. H. Lovecraft <i>(sic).</i><br />
<br />
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="http://1.bp.blogspot.com/-FkmkDRyuDuc/U6w109SUv_I/AAAAAAAACfY/l_NOH-FaCXM/s1600/lovecraft1960.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" height="100" src="https://1.bp.blogspot.com/-FkmkDRyuDuc/U6w109SUv_I/AAAAAAAACfY/l_NOH-FaCXM/s1600/lovecraft1960.jpg" width="400" /></a></div>
<br />
Non abbiamo notizie esatte sulle modalità dell'adattamento, ma Giani si era già distinto nello stesso anno per aver tradotto dei racconti di Ambrose Bierce (<i>L'assassino che preferisco</i>, <i>Ol. can.</i>, <i>A prova di fuoco</i>) sempre per il Terzo Canale, nell'àmbito dei «racconti tradotti per la radio».<br />
<br />
Vi è quindi da supporre anche per Lovecraft un'autonomia del testo, non derivante cioè da una precedente pubblicazione cartacea; inoltre la prima traduzione italiana del 1966 (cfr. Cap. 1) recava un titolo diverso, <i>Le montagne della follia,</i> rimasto poi costante (con piccolissime variazioni) in tutte le edizioni successive.<br />
<br />
Certamente al momento rimaniamo a livello di ipotesi sul suo contenuto, ma è possibile comunque affermare che è <b>documentata</b> una traduzione italiana di Lovecraft <b>che precede leggermente</b> <i>I topi nel muro</i>.<br />
<br />
<u><b>2.2 La vera fantascienza</b></u><br />
<br />
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="http://1.bp.blogspot.com/-gZFjiRSIg0g/U6w2nFxXr7I/AAAAAAAACfg/BSNmLVRVvOU/s1600/lovecraft1967.jpg" imageanchor="1" style="clear: right; float: right; margin-bottom: 1em; margin-left: 1em;"><img border="0" height="400" src="https://1.bp.blogspot.com/-gZFjiRSIg0g/U6w2nFxXr7I/AAAAAAAACfg/BSNmLVRVvOU/s1600/lovecraft1967.jpg" width="183" /></a></div>
È andato in onda, sempre sul Terzo Canale della RAI, alle 21 di venerdì 24 novembre 1967 <i>La vera fantascienza</i>, un programma di un'ora a cura di Francesco Calderone e Franco Scaglia, per la regia di Gastone Da Venezia. In tale trasmissione gli autori si preoccupavano di mostrare una «serie di libri allucinanti», in grado di interpretare lo stato di angoscia che, a loro parere, si era sostituito negli anni al «senso di ottimismo che aveva accompagnato le scoperte scientifiche del secolo scorso».<br />
<br />
Accanto a famosi autori di SF come Bradbury, Asimov, Pohl e Knight, compariva tra i testi <i>Nyarlathohep</i> <i>(sic)</i> di Howard Pillips Lovercraft <i>(sic)</i>. A prescindere dagli errori, la questione è comunque interessante poiché conferma che Lovecraft era comunemente associato al registro della fantascienza, in quell'epoca: ricordiamo infatti (cfr. Cap. 1) la sua presenza nel 1963 sul periodico Urania e sull'Omnibus <i>Universo a sette incognite</i>, mostrato in tale selezione accanto ad altri autori di confine come William Hope Hodgson.<br />
<br />
<h3>
<b><u>3. Televisione</u></b></h3>
<br />
Numerosi sceneggiati RAI hanno trattato i temi del fantastico, del magico e dell'occulto: basti pensare al famoso <i>Belfagor</i> (1966) oppure i fasti tutti italiani de <i>Il segno del Comando</i> (1971), per arrivare ai tardi anni Novanta di <i>Voci Notturne</i>, scritto da Pupi Avati. Analizzeremo nel dettaglio tre produzioni italiane dedicate a Lovecraft che, come da prassi dell'epoca, appartengono a tre cicli tematici di trasmissioni.<br />
<br />
<b><u>3.1 Giorgio Bandini (1978)</u></b><br />
<br />
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="http://3.bp.blogspot.com/-p3L3rnr_QuU/U61L7KniouI/AAAAAAAACgk/kVrrG8YILdw/s1600/cittavampira.jpg" imageanchor="1" style="clear: right; float: right; margin-bottom: 1em; margin-left: 1em;"><img border="0" height="320" src="https://3.bp.blogspot.com/-p3L3rnr_QuU/U61L7KniouI/AAAAAAAACgk/kVrrG8YILdw/s1600/cittavampira.jpg" width="134" /></a></div>
Giorgio Bandini era un autore e regista che proveniva dalla radio e dal teatro: tra i suoi maggiori successi è certamente da citare il radiodramma <i>Nostra casa disumana</i>, che vinse il <a href="http://www.prixitalia.rai.it/">Premio Italia</a> nel 1968 e venne portato anche sullo schermo televisivo dallo stesso Bandini nel 1977. Sempre nel 1977 iniziò la direzione delle opere che andranno a comporre il suo <i>Teatro televisivo</i>. Le notizie sulla lavorazione provengono da due articoli di Ernesto Baldo, per la <i>Linea diretta</i> del Radiocorriere TV (nn. 23/1977 e 45/1977).<br />
<br />
La registrazione di quattro episodi, o meglio «atti unici», si concluse nel giugno di quell'anno: ne era previsto un quinto per settembre, dal titolo<i> La signorina ciminiera nella città vampira</i>, ma che poi non è stato girato. I tre interpreti principali erano sempre gli stessi per tutte le produzioni: Flavio Bucci, Micaela Pignatelli e Alessandro Haber.<br />
<br />
Bandini dichiarò così i suoi intenti: «Questi racconti, essendo popolati da fantasmi e vampiri dovrebbero appartenere al filone nero, cioè ispirare orrore e paura. Invece non risulteranno del tutto neri perché sono trattati con ironia.»<br />
<br />
<u>3.1.1 Il ciclo <i>Nella città vampira</i></u><br />
<br />
Il ciclo assunse il titolo di <i>Nella città vampira</i> nel 1978 e venne presentato da un lungo articolo di Franco Scaglia, atto a ripercorrere storicamente i fasti del mito del vampiro da Stoker in poi, e sottolineare ancora una volta il carattere ironico dell'opera di Bandini, sin dal titolo del pezzo, <i>Adesso gli ridono in faccia</i>.<sup><b>[2]</b></sup><br />
<br />
<a href="http://1.bp.blogspot.com/-baqnbAGYo2E/U61KQcMu4vI/AAAAAAAACgQ/9jaz8ntEFDs/s1600/lovecraft1978g.jpg" imageanchor="1" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" height="320" src="https://1.bp.blogspot.com/-baqnbAGYo2E/U61KQcMu4vI/AAAAAAAACgQ/9jaz8ntEFDs/s1600/lovecraft1978g.jpg" width="171" /></a>La messa in onda avviene in questo modo, sempre sul Primo Canale della Rai:<br />
<br />
1) <i>Ma è un vampiro</i>, da un racconto di Luigi Capuana, giovedì 13 luglio 1978 alle 20,40;<br />
2) <i>Kaiserstrasse</i> o <i>del demone femminile</i>, dai racconti di George Oliver Onions e Hanns Ewers, giovedì 20 luglio 1978 alle 20,40;<br />
3) <i>Casa delle streghe</i>, da Howard Phillips Lovecraft, venerdì 4 agosto 1978 alle 21,35.<br />
<br />
Il quarto episodio girato, <i>Diario di un pazzo</i> di Gogol, venne invece inspiegabilmente saltato. La cosa fu notata da molti telespettatori, tra il quali la signora M. P. di Grottaferrata, che scrisse al Radiocorriere segnalando il fatto. <i>Diario di un pazzo</i> fu infine trasmesso circa un anno dopo, martedì 5 giugno 1979.<br />
<br />
<u>3.1.2 <i>Casa delle streghe</i></u><br />
<br />
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="http://4.bp.blogspot.com/-RbPklFGoQyM/U61K-E36KpI/AAAAAAAACgY/1WxxESilYKY/s1600/lovecraft1978f.jpg" imageanchor="1" style="clear: right; float: right; margin-bottom: 1em; margin-left: 1em;"><img border="0" height="320" src="https://4.bp.blogspot.com/-RbPklFGoQyM/U61K-E36KpI/AAAAAAAACgY/1WxxESilYKY/s1600/lovecraft1978f.jpg" width="130" /></a></div>
<i>Casa delle streghe</i> si avvalse, come attori protagonisti, dei già citati Bucci, Pignatelli e Haber. Interessante notare come nell'articolo di presentazione Lovecraft venisse ancora presentato come «uno dei massimi esponenti della fantascienza dell'orrore» e che egli sia stato scoperto e rivalutato «solo nel dopoguerra».<br />
<br />
Analizzando lo stesso trafiletto è possibile dedurre la struttura dell'opera, che si componeva di tre racconti intrecciati tra loro, nei quali il protagonista (Bucci) «si trova implicato nelle tre storie come semplice spettatore o come vittima».<br />
<br />
Dalla descrizione delle vicende («si svolge in una casa dove un morto suona il violino, quasi per esorcizzare la morte», «un tentativo di sopravvivere alla morte attraverso l'ibernazione», «invasione di topi voraci») si può dedurre che le storie di HPL ispiratrici questa riduzione erano rispettivamente <i>The Music of Erich Zann</i>, <i>Cool Air</i> e <i>The Rats in the Walls</i>.<br />
<br />
<a href="http://1.bp.blogspot.com/-v0iIMvjIoPw/U61PFtKcrqI/AAAAAAAACgw/6ELNJPco2rE/s1600/lovecraft1978e.jpg" imageanchor="1" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" height="200" src="https://1.bp.blogspot.com/-v0iIMvjIoPw/U61PFtKcrqI/AAAAAAAACgw/6ELNJPco2rE/s1600/lovecraft1978e.jpg" width="156" /></a>La critica dell'epoca fu piuttosto negativa, almeno per quanto riguarda il quotidiano <i>La Stampa</i>. Relativamente al primo episodio si parlò di «un inizio per la verità non felice con la caotica riduzione d'una novella di Luigi Capuana» (giovedì 20 luglio 1979, pag. 7) e poi «la puntata di venerdì scorso è stata modesta e non ha corretto l'iniziale impressione sfavorevole su questo programma» (venerdì 21 luglio 1978, pag. 7). Per quanto riguarda l'episodio finale, quello lovecraftiano, l'articolista parla di quanto «astrusi e confusi Bandini e Bucci continuano a essere nelle ambiziose, ma difficilmente decifrabili, puntate del "teatro" suddetto».<br />
<br />
A proposito del commento sonoro, le musiche della serie furono affidate al Maestro Ennio Morricone, musiche che sono state riproposte in anni recenti in un cd dal titolo <a href="http://www.discogs.com/Ennio-Morricone-Drammi-Gotici-Stereomono-Colonna-Sonora-Originale-Edizione-Speciale/release/3636352">Drammi Gotici</a>; accludo un video di una composizione piuttosto suggestiva che, nei sospiri e negli echi, pare ricordare a tratti la colonna sonora di <i>Suspiria</i>.<br />
<br />
<iframe allowfullscreen="" frameborder="0" height="315" src="//www.youtube.com/embed/juAlLjRdhZ0" width="560"></iframe><br />
<br />
<b><u>3.2 Ciriaco Tiso (1982)</u></b><br />
<br />
<a href="http://www.club.it/autori/sostenitori/ciriaco.tiso/indice-i.html">Ciriaco Tiso</a> è nato il 26 aprile 1940 a San Marco ai Monti (comune di S. Angelo a Cupolo), in provincia di Benevento. Saggista e critico cinematografico, ma anche autore e regista, ha incontrato la narrativa lovecraftiana quando si è trovato a dirigere una serie di adattamenti letterari per il Secondo Canale della Rai, assieme all'autore Renato Minore. Come nel caso precedente siamo di fronte a un ciclo di programmi, stavolta però la collocazione risulta essere la fascia pomeridiana.<br />
<br />
<u>3.2.1 Il ciclo <i>Un racconto, un autore</i></u><br />
<br />
Il programma, di Ciriaco Tiso e Renato Minore, a cura di Maria Paola Turrini Gallo. è andato in onda settimanalmente all'inizio del 1982 con puntate di mezz'ora, ogni martedì alle 15,25.<br />
<br />
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="http://3.bp.blogspot.com/-tm1ukNUPkOU/U604vMIvygI/AAAAAAAACfw/da6JqaAvdA8/s1600/chiaveargento1.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" height="75" src="https://3.bp.blogspot.com/-tm1ukNUPkOU/U604vMIvygI/AAAAAAAACfw/da6JqaAvdA8/s1600/chiaveargento1.jpg" width="400" /></a></div>
<br />
Questa è stata la sequenza completa degli adattamenti:<br />
<br />
1) 5 gennaio 1982, Introduzione al ciclo;<br />
2) 12 gennaio 1982, <i>Eveline</i> di Joyce;<br />
3) 19 gennaio 1982, <i>Ritratto ovale</i> di Poe;<br />
4) 26 gennaio 1982, <i>Un'elusione</i> di Buzzati;<br />
5) 2 febbraio 1982, <i>La chiave d'argento</i> di Lovecraft, prima parte;<br />
6) 9 febbraio 1982, <i>La chiave d'argento</i> di Lovecraft, seconda parte;<br />
7) 16 febbraio 1982, <i>La chiave d'argento</i> di Lovecraft, terza parte;<br />
8) 23 febbraio 1982, <i>La fede</i> di Pirandello;<br />
9) 2 marzo 1982, <i>Camaleonte</i> di Čechov.<br />
<br />
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="http://1.bp.blogspot.com/-lI1Q8gP0QDU/U605ZSGhpGI/AAAAAAAACf4/yWh5yACh5W4/s1600/chiaveargento2.jpg" imageanchor="1" style="clear: right; float: right; margin-bottom: 1em; margin-left: 1em;"><img border="0" height="400" src="https://1.bp.blogspot.com/-lI1Q8gP0QDU/U605ZSGhpGI/AAAAAAAACf4/yWh5yACh5W4/s1600/chiaveargento2.jpg" width="208" /></a></div>
A differenza di <i>Nella città vampira</i>, le cui finalità erano rivolte alla teatralità e all'ironia (Cfr. Cap 3.1), in questo caso gli intenti erano prettamente letterari e didattici: il target risulta essere quello degli studenti e il programma nacque sotto l'egida del Dipartimento Scuola Educazione. Come affermato con chiarezza dall'autore Renato Minore:<br />
<br />
«L'avventura era intrigante: raccontare con le immagini, dare "senso" filmico a personaggi amati. Come Randolph Carter di Lovecraft, Evelyne di Joyce, Don Angelino di Pirandello. E, in più tenere come punto di riferimento (anche se non unico) il ragazzo della scuola media che vive naturalmente immerso in un universo di sollecitazioni e di informazioni audiovisive, proprio nel momento in cui il nostro sistema scolastico vorrebbe che leggesse di più e meglio, che si accostasse ai problemi testuali e filologici che ogni pagina letteraria porta con sé.»<br />
<br />
Minore nota che «lavorando fianco a fianco con la poetica competenza del regista Ciriaco Tiso, ho appreso con entusiasmo, sul vivo di una esperienza, che il corpo a corpo con un testo letterario riserva infinite sorprese e può assumere volti e aspetti di diversissima natura. La televisione può fare bene alla letteratura e viceversa: ogni atteggiamento "apocalittico" sull'argomento è anacronistico». Il suo augurio è quindi che «dai film si torni doverosamente ai testi».<sup><b>[3]</b></sup><br />
<br />
<u>3.2.2 <i>La chiave d'argento</i></u><br />
<br />
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="http://1.bp.blogspot.com/-95jdborppKo/U605mLwxg6I/AAAAAAAACgA/nbzHvmWe6qI/s1600/chiaveargento3.jpg" imageanchor="1" style="clear: right; float: right; margin-bottom: 1em; margin-left: 1em;"><img border="0" height="320" src="https://1.bp.blogspot.com/-95jdborppKo/U605mLwxg6I/AAAAAAAACgA/nbzHvmWe6qI/s1600/chiaveargento3.jpg" width="238" /></a></div>
Come evidenziato nella tabella al paragrafo precedente, <i>La chiave d'argento</i> è l'unica riduzione cinematografica <b>divisa in tre parti</b>, per cui assume complessivamente la forma di un lungometraggio di un'ora e mezza. Non ci è possibile al momento dire niente sulla struttura di quest'opera, se non osservare un paio di scene ed annotare la trama, che ovviamente riguardava «il rifiuto del mondo dell'ipocrisia convenzionale. Carter, il protagonista, riguadagna la chiave d'accesso al mondo dei sogni che gli era sfuggita crescendo.» Sia il ruolo del narratore (HPL) che il protagonista narrato (Randolph Carter) erano interpretati da <a href="http://www.imdb.com/name/nm0335795/">Jobst Grapow</a>.<br />
<br />
La serie <i>Un racconto, un autore</i> è stata riproposta integralmente durante il Torino Film Festival del 2003 e questo lascia forse sperare in un recupero in digitale dell'opera. Per essere più precisi <i><a href="http://www.torinofilmfest.org/film/6360/la-chiave-d-argento.html">La chiave d'argento</a></i> è stata mostrata sia lunedì 17 novembre che martedì 18, nell'àmbito della retrospettiva dedicata a cineasta greco Stavros Tornes.<br />
<br />
<b><u>3.3 Andrea e Antonio Frazzi (1982)</u></b><br />
<br />
I gemelli <a href="http://it.wikipedia.org/wiki/Andrea_Frazzi">Andrea</a> e <a href="http://it.wikipedia.org/wiki/Antonio_Frazzi">Antonio Frazzi</a>, nati nel 1944 a Firenze, hanno condotto una carriera comune come autori e registi nel teatro, nel cinema e nella televisione, fino alla prematura scomparsa di Andrea nel 2006. Il loro primo incontro con le tematiche del fantastico avvenne mediante la lavorazione del film televisivo <i>L'impostore</i>, tratto da Philip K. Dick, che precede quindi di molti anni <a href="http://www.imdb.com/title/tt0160399/">la pellicola americana</a> con Gary Sinise e Vincent D'Onofrio.<br />
<br />
Ecco come vennero presentati i due fratelli su <i>Stampa Sera</i> (3 settembre 1981), in occasione della messa in onda de <i>L'impostore</i>: «Andrea e Antonio Frazzi costituiscono senz'altro un caso unico nel mondo dello spettacolo: sono due registi e sceneggiatori gemelli. Lavorano in coppia, in perfetta sintonia come è facile a capirsi»<br />
<br />
Una loro breve biografia apparve invece sul <i>Radiocorriere</i>, a cura di Teresa Buongiorno, nel 1982:<br />
<br />
«Antonio e Andrea Frazzi (...) non lavorano come i Taviani, che si dividono i compiti: sono invece intercambiabili e in competizione. Sul set uno crede di parlare con Andrea e invece parla con Antonio, e un altro che è convinto che Antonio si faccia passare per Andrea e invece si sbaglia (...) Recentemente sono stati protagonisti sul video di una puntata di <i>Noi due</i>, analizzando la propria vita di coppia. "In realtà siamo in quattro", dice Andrea (o Antonio?): "noi due e l'immagine che ciascuno ha dell'altro". Un gruppo d'assalto.»<sup><b>[4]</b></sup><br />
<br />
<u>3.3.1 Il ciclo <i>Il fascino dell'insolito</i></u><br />
<br />
<i>La cosa sulla soglia</i> è inserita nella terza e ultima serie del ciclo <i>Il fascino dell'insolito </i>(sottotitolo: <i>itinerari della letteratura dal gotico alla fantascienza</i>) andata in onda nell'estate del 1982; le due precedenti erano state invece presentate nel 1980 e nel 1981. Queste meriterebbero una trattazione approfondita, che ci riserviamo di fare in un secondo momento: per ora è sufficiente dire che si trattava di film televisivi che attingevano a romanzi e racconti del fantastico; hanno ospitato scritti (tra gli altri) di Matheson, Bierce e Bradbury, oltre al Philip K. Dick de <i>L'impostore</i> che abbiamo già citato citato in precedenza.<br />
<br />
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="http://4.bp.blogspot.com/-_KGaqWxfCCg/U61lEb7T1FI/AAAAAAAAChA/Tx8IO3-boAw/s1600/cosasullasoglia2.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" height="130" src="https://4.bp.blogspot.com/-_KGaqWxfCCg/U61lEb7T1FI/AAAAAAAAChA/Tx8IO3-boAw/s1600/cosasullasoglia2.jpg" width="400" /></a></div>
<br />
Questi sono i sette film di un'ora andati in onda nel 1982, presentati (come da prassi) dal <i>Radiocorriere</i> in uno speciale a cura di Carlo Scaringi:<br />
<br />
1) 3 luglio 1982, <i>L'impostore</i> di Philip K. Dick (replica del 1981);<br />
2) 10 luglio 1982, <i>La tortura della speranza</i> di Villiers de L'Isle-Adam;<br />
3) 17 luglio 1982, <i>La scoperta di Morniel Mathaway</i> di William Tenn;<br />
4) 24 luglio 1982, <i>Vampirismus</i> di E.T.A. Hoffman;<br />
5) 31 luglio 1982, <i>La cosa sulla soglia</i> di H.P. Lovecraft;<br />
6) 07 agosto 1982, <i>La specialità della casa</i> di Stanley Ellin;<br />
7) 14 agosto 1982, <i>Castigo senza delitto</i> di Ray Bradbury.<br />
<br />
<a href="http://4.bp.blogspot.com/-6taMX38Y900/U61ldzk8fYI/AAAAAAAAChI/zNk6f0XPQ5o/s1600/cosasullasoglia1.jpg" imageanchor="1" style="clear: right; float: right; margin-bottom: 1em; margin-left: 1em;"><img border="0" height="320" src="https://4.bp.blogspot.com/-6taMX38Y900/U61ldzk8fYI/AAAAAAAAChI/zNk6f0XPQ5o/s1600/cosasullasoglia1.jpg" width="167" /></a>I curatori, Cecilia Cope e Angelo Ivaldi, tennero anche a sottolineare il basso costo complessivo dell'operazione:<br />
<br />
«Con questo ciclo, di indubbia derivazione letteraria, vogliamo dimostrare che si possono realizzare spettacoli decorosi e degni di esser visti anche senza disporre dei mezzi e degli interpreti dei telefilm americani di maggior successo».<sup><b>[5]</b></sup><br />
<br />
<u>3.3.2 <i>La cosa sulla soglia</i></u><br />
<br />
<i>La cosa sulla soglia</i> (ispirato a <i>The Thing on the Doorstep</i>) andò dunque in onda il 31 luglio, con l'attore Massimo Ghini nel ruolo del personaggio lovecraftiano Daniel Upton.<br />
<br />
Questo film televisivo era già stato presentato in concorso al Festival del film di fantascienza di Trieste del luglio 1981 ed aveva poi ricevuto il premio per la migliore regia televisiva al terzo Mystfest di Cattolica. La replica più recente risulta essere avvenuta nella notte tra il 19 e il 20 dicembre 1998, all'1,50, su Rai 1.<br />
<br />
<h3>
<u>
4. Conclusioni</u></h3>
<br />
Mi auguro che questo scritto non rappresenti un punto di arrivo, bensì l'inizio di una serie di analisi sulle produzioni RAI relative allo scrittore di Providence: ovviamente sarà gradito ogni tipo di commento riguardante le possibilità di reperimento delle trasmissioni (televisive e radiofoniche) citate nell'articolo, così come pure ricordi personali che servano ad aggiungere particolari sulla struttura delle stesse.<br />
<br />
© Andrea Pachetti 27/06/2014<br />
<br />
__________<br />
<sup><b>[1]</b></sup> Giuseppe Lippi, «Lovecraft in Italia.» In H.P. Lovecraft, <i>Tutti i racconti 1897-1922.</i> Milano: Arnoldo Mondadori Editore, 1989.<br />
<br />
<sup><b>[2]</b></sup> Franco Scaglia, «Adesso gli ridono in faccia.» <i>Radiocorriere TV</i>, anno LV n. 28 (9-15 luglio 1978): 24-26<br />
<br />
<sup><b>[3]</b></sup> Renato Minore, «Letteratura come fonte di fantasia.» <i>Radiocorriere TV</i>, anno LIX n. 2 (10-16 gennaio 1982): 82-83<br />
<br />
<sup><b>[4]</b></sup> Teresa Buongiorno, «Sotto il segno dei gemelli.» <i>Radiocorriere TV</i>, anno LIX n. 15/16 (13-24 aprile 1982): 92<br />
<br />
<sup><b>[5]</b></sup> Carlo Scaringi, «Un brivido per il sabato sera di piena estate.» <i>Radiocorriere TV</i>, anno LIX n. 26 (27 giugno-3 luglio 1982): 68-71AndreaPhttp://www.blogger.com/profile/16469452467698698115noreply@blogger.com22tag:blogger.com,1999:blog-5993243963647744234.post-3757425488077847572014-04-11T16:55:00.004+02:002021-01-16T16:17:20.412+01:00Replicant - Nightfall (2014), commento e intervista<b><i>di Andrea Pachetti</i></b><br />
<br />
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="http://4.bp.blogspot.com/-A_lZmKhcG5E/U0gBM8lMpmI/AAAAAAAACcg/reJC0W8SnjU/s1600/replicant.jpg" imageanchor="1" style="clear: right; float: right; margin-bottom: 1em; margin-left: 1em;"><img border="0" height="320" src="https://4.bp.blogspot.com/-A_lZmKhcG5E/U0gBM8lMpmI/AAAAAAAACcg/reJC0W8SnjU/s1600/replicant.jpg" width="320" /></a></div>
Da diversi anni è possibile assistere, nell'ambito della musica alternativa, a molti fenomeni che possono essere definiti di «revival», sia per quanto riguarda il recupero di sonorità, timbri e strumenti utilizzati, sia nei confronti della struttura stessa delle canzoni.<br />
<br />
Due sono le tendenze principali che possono essere riscontrate in questo tipo di dinamiche: prima di tutto la riscoperta di un certo post-punk che poneva al centro delle composizioni le linee di basso, certamente adattate al gusto attuale, e che ha decretato nel tempo il successo di gruppi come <b>Editors</b> e <b>Interpol</b>.<br />
<br />
A questo è da aggiungersi l'utilizzo dei <i>power synth</i> tipici della <i>new wave</i> e delle colonne sonore di molti film anni Ottanta, che hanno fatto nascere un sottobosco di decine di formazioni ed esperimenti, molti esempi dei quali possono essere ascoltati nel canale YouTube <a href="https://www.youtube.com/user/NewRetroWave">NewRetroWave</a>, con composizioni talvolta cantate, ma che più spesso si concentrano sull'aspetto strumentale/ambientale.<br />
<br />
<a name='more'></a>Anche su <a href="http://www.bandcamp.com/">Bandcamp</a> possono essere trovati molti prodotti generati da queste influenze musicali: proprio grazie a questo network ho scoperto il gruppo del quale voglio parlare, i <b>Replicant</b>, una giovane formazione americana di Chicago.<br />
<br />
Dopo un demo registrato due anni fa, lo scorso marzo è uscito l'EP <b>Nightfall</b>, composto da quattro canzoni: un disco che è necessario ascoltare nella sua totalità, dato che da un certo punto di vista è come se si evolvesse pezzo dopo pezzo, sia per quanto riguarda la capacità compositiva che per la complessità nell'interazione tra i vari strumenti e la voce.<br />
<br />
<iframe width="560" height="315" src="https://www.youtube.com/embed/TrYl_mH_-Yc" frameborder="0" allow="accelerometer; autoplay; clipboard-write; encrypted-media; gyroscope; picture-in-picture" allowfullscreen></iframe><br />
<br />
<b>Pretenders</b>, la canzone che apre il disco, offre una lunga introduzione in cui una <i>drum machine</i> piuttosto essenziale dialoga con una <i>bass line</i> elettronica e degli inserimenti di chitarra e tastiere. La traccia vocale si inserisce solo nella fase avanzata e mostra sin da adesso un timbro decisamente pulito a piacevole.<br />
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<b>Nightfall</b> invece si inserisce nella lunga tradizione della <i>new wave</i>: rimane impresso soprattutto il giro di basso pulsante attorno al quale si intersecano le strofe e, alternativamente, arpeggi e assoli di chitarra. L'inizio di <b>The Bomb</b> sembra piacevolmente preso da uno dei primi lavori dei <b>Sisters of Mercy</b>, in cui la <i>drum machine</i> inizia a scandire il ritmo marziale e a poco a poco su di essa si stratificano, progressivamente, tutti i pattern melodici.<br />
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La sorpresa principale è data dall'ultima canzone, <b>Evergreen</b>. Questa sembra rappresentare efficacemente l'intersezione perfetta tra le due tendenze di cui parlavo in precedenza: inizia coi <i>synth</i> come la colonna sonora di un immaginario film di <b>John Carpenter</b>, per poi condurre subito a un potente giro di basso che echeggia la tecnica di <b>Peter Hook</b>, soprattutto in un assolo che appare circa al terzo minuto.<br />
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In <b>Evergreen</b> tutto funziona perfettamente e sembra dimostrare un'evoluzione decisiva rispetto al sound udito nelle tre composizioni precedenti: in particolare è da notare quanto la melodia vocale, sia in fase di strofa ma soprattutto di ritornello, domini la struttura del pezzo e rimanga impressa nella memoria.<br />
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Un biglietto da visita decisamente positivo per i Replicant: dato che le notizie in rete su di essi sono piuttosto scarse, ho avuto il piacere di scambiare due chiacchiere con <b>Garrett Vernon</b> via email, riguardo l'EP e le origini del gruppo.<br />
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Prima di lasciarvi alla breve intervista, segnalo la <a href="https://www.facebook.com/replicantmusic">pagina ufficiale dei Replicant</a> su Facebook e <a href="http://replicantmusic.bandcamp.com/">il loro profilo</a> su Bandcamp, dove è possibile ascoltare sia l'EP che il loro precedente demo.<br />
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<b>Quando avete iniziato a suonare come Replicant e da quante persone è formato il gruppo?</b><br />
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Ognuno di noi ha suonato con dei gruppi precedenti per molti anni, ma come Replicant abbiamo cominciato all'inizio del 2012. Per circa un anno la formazione è stata a cinque: io come voce e chitarra, Dan Stolarski ai sintetizzatori, Justin DeLay all'altra chitarra, Jordan DeLay al basso e Aaron Hinds alla batteria.<br />
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Abbiamo registrato il nostro demo e alcuni membri del gruppo se ne sono andati oppure hanno iniziato altri progetti. Ci siamo presi un po' di tempo per occuparci di altre cose, ma alla fine siamo tornati a pieno regime e abbiamo registrato il nostro EP, Nightfall, come un trio: io ho cantato e suonato la chitarra, Jordan il basso, Justin è passato ai synth e si è occupato della produzione.<br />
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Abbiamo fatto uscire l'EP il 17 Marzo e siamo al lavoro sul secondo, che già ci emoziona quanto il primo.<br />
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<b>Puoi parlarmi delle vostre influenze musicali?</b><br />
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Hai fatto centro quando in precedenza hai parlato di John Carpenter e dei New Order. Amo le colonne sonore dei film horror degli anni Ottanta e, per quanto possibile, ho sempre voluto inserire quelle atmosfere nella musica che facciamo. Direi che le nostre influenze principali sono senz'altro <i>The Sisters of Mercy</i>, <i>The Cure</i>, <i>New Order/Joy Division</i>, <i>Asylum Party</i>.<br />
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<b>Potresti descrivermi l'attuale scena musicale della vostra città, Chicago?</b><br />
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Per essere onesto, devo dire che stiamo ancora cercando di capirlo. Abbiamo appena fatto la prima serata la scorsa settimana, dopo un anno di inattività, e si trattava solo del nostro secondo concerto a Chicago: insomma dobbiamo ancora farci conoscere. Abbiamo un po' di contatti che stiamo cercando di usare per proporre nuove date.<br />
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<b>Parlando del nome del gruppo, <i>Replicant</i> è un riferimento al film Blade Runner?</b><br />
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Puoi scommetterci! Blade Runner contiene le cose che amo di più degli anni Ottanta. Non riesco a pensare a niente di meglio di "Replicant", per racchiudere in un solo nome tutto ciò che vorrei fosse rappresentato dalla nostra musica.AndreaPhttp://www.blogger.com/profile/16469452467698698115noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-5993243963647744234.post-62372306974992082702013-10-31T00:59:00.001+01:002021-08-16T15:40:41.402+02:00Apollo’s Song di Osamu Tezuka: un’introduzione simbolico-analitica<i><b>di Andrea Pachetti</b></i><br />
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<i>(Revisione di un saggio pubblicato nell'agosto 2011)</i><br />
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<b>1. Premessa</b><br />
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<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="http://2.bp.blogspot.com/-P8Lp6KtUyWs/UnGcA3VQh8I/AAAAAAAACHs/C1lmMO3HXAI/s1600/apollos_song_tezuka.jpg" imageanchor="1" style="clear: right; float: right; margin-bottom: 1em; margin-left: 1em;"><img border="0" src="http://2.bp.blogspot.com/-P8Lp6KtUyWs/UnGcA3VQh8I/AAAAAAAACHs/C1lmMO3HXAI/s320/apollos_song_tezuka.jpg" height="320" width="236" /></a></div>
Da un certo punto di vista, si può ritenere un errore di metodo condurre un’analisi su uno dei manga di Osamu Tezuka ancora non tradotti in italiano, ma <i>Apollo’s Song</i> (アポロ の 歌 Aporo no Uta) può essere senz’altro considerata una delle opere ideali per avvicinarsi alla produzione imponente di questo grande mangaka; il presente testo è da vedersi quindi anche come auspicio per una futura pubblicazione nel nostro paese. Ogni citazione sarà dunque riferita per il momento all’edizione in lingua inglese, pubblicata dalla Vertical nel 2007.<br />
<br />
Un’opera ideale, lo ribadiamo, poiché contiene molti dei temi chiave sviluppati da Tezuka nel corso della sua carriera e che vanno a comporre una parte sostanziale della sua poetica: lo sguardo attento verso il lato emozionale delle vicende, le affinità e i contrasti tra esseri viventi, l’eternità dell’amore, la ciclicità e il fine ultimo della vita sono elementi cardine di <i>Apollo’s Song</i>, che diviene l’efficace sintesi di tutte queste visioni.<br />
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<a name='more'></a><b>2. Una vicenda «psicologica»</b><br />
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La storia, inizialmente serializzata nel 1970 sulla rivista <i>Shukan Shōnen Kingu</i>, si riferisce a una fase ormai avanzata nell’evoluzione artistica di Tezuka e condivide con <i>Alabaster</i> (アラバスター Arabasutā) l’attenzione verso il lato oscuro della realtà, insieme al tema dell’odio verso ogni rappresentazione della bellezza e della vita.<br />
<br />
Il protagonista, Shogo Chikaishi, è un giovane con gravi problemi psicologici che lo portano ad avere tendenze sadiche e violente, soprattutto nei confronti degli animali. Dopo essere stato arrestato viene condotto in una clinica e sottoposto a un elettroshock, che dà origine a un evento psichico: si trova al cospetto della dea Atena<sup><b>[1]</b></sup>, mediante la quale riaffioreranno i ricordi del passato infantile, col padre inesistente e la madre lasciva e violenta.<br />
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<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="http://1.bp.blogspot.com/-a0MJj4On35M/UnGcSSKj4sI/AAAAAAAACH0/FSD0lELQS5s/s1600/apollossong1.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" src="http://1.bp.blogspot.com/-a0MJj4On35M/UnGcSSKj4sI/AAAAAAAACH0/FSD0lELQS5s/s1600/apollossong1.jpg" /></a></div>
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Sarà la prima di una serie di visioni, indotte da traumi o sedute d’ipnosi, in cui l’autore lascia consapevolmente un labile confine tra realtà e fantasia. Il lettore dubiterà dunque se stia seguendo realmente la storia di Shogo oppure se si tratti solo di un parto della mente distorta del ragazzo.<br />
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Mircea Eliade, nel suo saggio <i>Mito e Realtà</i>, propone un interessante parallelo tra la psicanalisi e i rituali iniziatici che implicano una <i>reductio ad uterum</i>; è da notare come le prime pagine di <i>Apollo’s Song</i> descrivano, secondo appunto una visione uterina, l’atto della riproduzione sessuale umana. Eliade in particolare afferma che «per la psicanalisi (...) il vero primordiale è il <i>primordiale umano</i>, la prima infanzia. Il fanciullo vive in un tempo mitico, paradisiaco»<sup><b>[2]</b></sup>.<br />
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Tezuka utilizza dunque la vicenda personale di Shogo per costruire una storia di respiro ben più ampio, per certi versi «totale». Uno sguardo che passa cioè dal primordiale umano a quello universale, cogliendo i parallelismi tra micro e macrocosmo. Shogo, così lontano da questa visione paradisiaca dell’infanzia è la perfetta iperbole del giovane giapponese degli anni ’70, tentato dalle svolte nichiliste e violente dei moti di contestazione studentesca.<br />
<br />
<b>3. Tempo ciclico e lineare</b><br />
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Vi è quindi l’ambizione di presentare una vera e propria concezione del mondo, una <i>Weltanschauung</i> i cui fondamenti derivano certo da una struttura ciclica del tempo<sup><b>[3]</b></sup>, propria di ogni civiltà tradizionale antica: si vedano a questo proposito la cosmogonia shintoista e quella induista, arrivando poi fino ai miti norreni; ciò in contrapposizione asimmetrica all’intento finalistico tipico dell’occidente giudaico-cristiano.<br />
<br />
La realtà dell’autore è <i>religiosa</i> nel senso più ampio e sincero, favorendo le basi di quella che potrebbe essere definita una morale didattica naturale: la si evince soprattutto nella già citata introduzione, in cui l’incontro amoroso e sessuale tra lo spermatozoo sopravvissuto e la regina «ovulo» viene definito «il segno dell’amore, della verità e della sincerità tra uomo e donna, maschio e femmina»<sup><b>[4]</b></sup>. Shogo dovrà compiere un viaggio iniziatico (purtroppo per lui, infinito) al fine di ritrovare l’armonia con l’universo, perduta durante la difficile infanzia.<br />
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<a href="http://3.bp.blogspot.com/-9Y3IJ9PjWyY/UnGcurJe6VI/AAAAAAAACIE/jzdhL7yVYsg/s1600/apollossong2.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" src="http://3.bp.blogspot.com/-9Y3IJ9PjWyY/UnGcurJe6VI/AAAAAAAACIE/jzdhL7yVYsg/s400/apollossong2.jpg" height="273" width="400" /></a></div>
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Il ragazzo quindi sembra obbligato da un’autorità divina superiore a proseguire il suo percorso, ma in realtà è lui stesso a generare in tutta autonomia quelle utili fantasie dell’inconscio descritte in modo mirabile da Jung, il quale afferma: «Chi ha anche solo una vaga nozione di mitologia non potra ignorare i soprendenti parallelismi tra le fantasie inconsce messe in luce dalla scuola psicoanalitica e le rappresentazioni mitologiche»<sup><b>[5]</b></sup>.<br />
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<b>4. Le storie nella storia, o sottocicli</b><br />
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Accanto alla trama principale, vi sono tre momenti o parentesi che conducono Shogo a questa lenta maturazione, sia interiore che fisica. Viene condannato dalla divinità femminile a perpetuare la sofferenza eterna dell’amore e dell’abbandono, contrappasso ideale nei confronti di un giovane che uccideva gli animali solo perché li vedeva felici e in coppia.<br />
<br />
In seguito a una serie di eventi traumatici (l’elettroshock, l’ipnosi, la caduta), Shogo diviene l’archetipo maschile di alcune storie cicliche autoconclusive e perfettamente compiute, che lo condurranno sempre a un finale tragico: vi è la costante di un oggetto d’amore che in qualche modo sarà sempre perduto. Le tre vicende corrispondono ad altrettante ambientazioni care a Tezuka: è interessante vederne la progressione temporale, situate rispettivamente in un immaginario passato, presente e futuro:<br />
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<b>a)</b> Nella parte ambientata durante la seconda guerra mondiale, Shogo recita il ruolo di un soldato nazista e la sua amata diviene una deportata ebrea. Si noti il chiaro parallelo con <i>La storia dei Tre Adolf</i> (アドルフ に 告ぐAdorufu ni Tsugu);<br />
<br />
<b>b)</b> La seconda storia si svolge in gran parte su un isola deserta, presentando il tema chiave del rapporto con la natura, l’ecosistema e l’ambientalismo. Si colgono senz’altro gli echi di <i>Kimba, il leone bianco</i> (ジャングル 大帝 Janguru Taitei);<br />
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<b>c)</b> La parentesi quantitativamente più sostanziosa riguarda invece una visione fantascientifico-apocalittica, una distopia in cui nel Giappone del futuro esseri sintetici si sono affiancati agli uomini, dominandoli e creando una società perfetta, pur nella sua asetticità. Il ribelle Shogo sarà dunque destinato a far crollare questo regime uccidendone la regina, da cui viene invece conquistato sentimentalmente. Nello stesso modo ella dipenderà da lui, scoprendo finalmente il vero senso dell’affettività attraverso la sessualità. Uno sguardo adulto sui labili confini tra mondo umano e artificiale, propri di <i>Astro Boy</i> (鉄腕 アトム Tetsuwan Atomu).<br />
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<a href="http://3.bp.blogspot.com/-iUIQmX_ffD0/UnGcgxfjREI/AAAAAAAACH8/pUKQvN3Fy0I/s1600/apollossong3.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" src="http://3.bp.blogspot.com/-iUIQmX_ffD0/UnGcgxfjREI/AAAAAAAACH8/pUKQvN3Fy0I/s400/apollossong3.jpg" height="343" width="400" /></a></div>
<br />
<b>5. Hiromi, l’eterno femminile</b><br />
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Tra una visione e l’altra Shogo conosce Hiromi Watari, l’incarnazione corrente dell’eterno femminile che dovrà amare e perdere fino alla fine dei tempi e che assumerà per lui a poco a poco la figura del mentore nella trama principale. Hiromi non a caso ricorda moltissimo Melmo<sup><b>[6]</b></sup>, personaggio assai importante nella poetica di Tezuka per quanto riguarda la didattica della sessualità e la scoperta del corpo.<br />
<br />
Anche questa vicenda si concluderà nella tragedia più completa, sebbene il continuo dolore del sacrificio porterà Shogo a una nuova consapevolezza, alla comprensione del senso del vero amore. Il ragazzo perverso che uccideva gli animali innocenti, colpevoli secondo lui di amarsi e riprodursi, è dunque finalmente diventato un uomo, capace di trovare la propria collocazione nell’universo seguendone le leggi eterne. Capace di amare in senso proprio, interpretandolo come dono di sé all’altra e non semplice bisogno egoistico.<br />
<br />
Di fronte al corpo ormai senza vita di Hiromi e nell’atto di porre fine anche alla sua mediante un fuoco purificatore, afferma: «Avrei voluto così tanto che lei rimanesse in vita, che le avrei permesso di prendersi la mia. Quando ami qualcuno, ti poni al di sopra della vita e della morte». Lo psichiatra Enoki, dopo aver assistito a questo monologo, non può fare a meno di chiuderlo con un laconico: «sei guarito»<sup><b>[7]</b></sup>.<br />
<br />
<b>6. Apollo e Dafne</b><br />
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Gli echi del mito di Apollo e Dafne entrano prepotentemente nella vicenda quando questo viene utilizzato dal Dottor Enoki: egli vuole convincere Hiromi a non frequentare più Shogo, notando il suo coinvolgimento emotivo ormai totale. Lei dovrebbe cioè diventare «alloro», affinché l’infatuazione egoistica e possessiva del ragazzo si evolva in vero amore, così come il dio beatificò eternamente la pianta, simbolo del suo sentimento ormai perduto.<br />
<br />
Si tratta ancora una volta del tema della crescita emotiva attraverso la perdita. Anche nell’antico mondo greco vi sono ovviamente molteplici riferimenti al tempo ciclico citato in precedenza, a cui Shogo deve sottostare: su tutti è da citare almeno la <i>palingenesi</i>, propria dei filosofi stoici, la rinascita dell'universo dopo la distruzione attraverso il fuoco.<br />
<br />
<b>7. Una conclusione di carattere estetico</b><br />
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<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="http://4.bp.blogspot.com/-QMQDXk3M6mc/UnGc5CLtU7I/AAAAAAAACIM/NRidWhOeguk/s1600/apollossong4.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" src="http://4.bp.blogspot.com/-QMQDXk3M6mc/UnGc5CLtU7I/AAAAAAAACIM/NRidWhOeguk/s1600/apollossong4.jpg" /></a></div>
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Uno dei momenti graficamente più significativi e appaganti dell’intero manga è probabilmente quello che osserviamo nella parte relativa all’avventura sull’isola deserta<sup><b>[8]</b></sup>: i due giovani si trovano in una caverna e sono improvvisamente attirati dalla luce del sole, che erompe sulla destra. Sono poi due tenui silhouette scure, di fronte al disco solare che si tuffa in un tramonto marino.<br />
<br />
Dice Shogo negli unici balloon presenti, come parole che esprimono il silenzio: «Il tramonto. Non c’è niente qui, se non la gloria della natura. È meraviglioso» e poi una doppia splash-page nella quale i due diventano ancora più piccoli, sospesi tra la montagna (la terra) e il cielo. Afferma Eliade: «Anche i riti matrimoniali hanno un modello divino, e il matrimonio umano riproduce la ierogamia, più precisamente l’unione tra cielo e terra»<sup><b>[9]</b></sup>.<br />
<br />
Infine ormai minuscoli, sovrastati dalla bellezza della notte stellata; guardano silenziosamente il cielo, per poi abbassare lentamente lo sguardo e chiudere gli occhi. La tavola si conclude in un bacio timido, dai contorni sfumati. Scrive Guénon: «è quasi superfluo ricordare che l’assimilazione del sole e del cuore, in quanto aventi entrambi un significato <i>centrale</i>, è comune a tutte le dottrine tradizionali, in Occidente come in Oriente»<sup><b>[10]</b></sup>.<br />
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__________<br />
<sup><b>[1]</b></sup>Atena certamente è scelta come giudice per offrire un parallelo col mito di Apollo e Dafne, utilizzato successivamente nell’opera. Sarebbe interessante analizzare l’uso simbolico di questa divinità, confrontandolo ad esempio con <i>I Cavalieri dello Zodiaco</i> (聖闘士 星矢 <i>Saint Seiya</i>) di Masami Kurumada.<br />
<br />
<sup><b>[2]</b></sup>Mircea Eliade, <i>Mito e realtà</i>. Borla, p. 105.<br />
<br />
<sup><b>[3]</b></sup>L’opera di Osamu Tezuka in cui il tema del tempo ciclico appare più evidente è senz’altro <i>La Fenice </i>(火 の 鳥 Hi no tori), pubblicata da Hazard Edizioni.<br />
<br />
<sup><b>[4]</b></sup>Osamu Tezuka, <i>Apollo’s Song</i>. Vertical, p. 14<br />
<br />
<sup><b>[5]</b></sup>Carl Gustav Jung, <i>Le fantasie dell’inconscio</i> in <i>L’analisi dei sogni</i>. Bollati Boringhieri, p. 73.<br />
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<sup><b>[6]</b></sup>Melmo (メルモ Merumo) è meglio conosciuta in italia come Lilly, protagonista dell’anime <i>I bon bon magici di Lilly</i> (ふしぎ な メルモ Fushigi na Merumo)<br />
<br />
<sup><b>[7]</b></sup>Osamu Tezuka. Op. cit., p. 530<br />
<br />
<sup><b>[8]</b></sup>Osamu Tezuka. Op. cit., p. 149-153<br />
<br />
<sup><b>[9]</b></sup>Mircea Eliade, <i>Il mito dell’eterno ritorno</i>. Borla, p. 41.<br />
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<sup><b>[10]</b></sup>René Guénon, <i>Simboli della Scienza sacra</i>. Adelphi, p. 355.AndreaPhttp://www.blogger.com/profile/16469452467698698115noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-5993243963647744234.post-92113236448694624982013-10-13T00:37:00.001+02:002020-04-16T18:14:21.312+02:00Fumetto e censura: "Cosa leggono i nostri ragazzi?" (1951)<i><b>di Andrea Pachetti</b></i><br />
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<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="http://1.bp.blogspot.com/-aS9eIX3TjNA/UlnWMejbQtI/AAAAAAAACDM/hfMI8tfUPiQ/s1600/fumetti01.jpg" imageanchor="1" style="clear: right; float: right; margin-bottom: 1em; margin-left: 1em;"><img border="0" height="252" src="https://1.bp.blogspot.com/-aS9eIX3TjNA/UlnWMejbQtI/AAAAAAAACDM/hfMI8tfUPiQ/s200/fumetti01.jpg" width="320" /></a></div>
Fredric Wertham è un nome attualmente sconosciuto ai più, ma che è rimasto impresso nella mente di molti appassionati di fumetti come uno dei più grandi "nemici" di questo medium: l'eminenza grigia dietro alla crociata americana anti-fumetti avvenuta nel dopoguerra e culminata con l'introduzione <a href="http://en.wikipedia.org/wiki/Comics_Code_Authority">del Comics Code</a> e la chiusura di centinaia di testate.<br />
<br />
Non è mia intenzione compiere un'analisi di un fenomeno così complesso: il compito è già stato svolto egregiamente da <i><a href="http://www.davidhajdu.com/books/TenCentPlague.html">The Ten-Cent Plague</a></i>, un ottimo saggio di David Hajdu pubblicato negli Stati Uniti, che ha avuto anche un'edizione italiana per i tipi di Tunué (2010), testo al quale rimando. Un'introduzione ideale al lavoro di Hajdu è quella fornita <a href="http://conversazionisulfumetto.wordpress.com/2011/07/25/maledetti-fumetti-di-david-hajdu-rivisitato/">dal commento del critico canadese Jeet Heer</a>, da me tradotto in passato per il blog <i>Conversazioni sul Fumetto</i>.<br />
<br />
<a name='more'></a>Tra le interessanti osservazioni di Heer, una in particolare è illuminante: «Il movimento anti-fumetti del dopoguerra, un’incredibile esplosione d’isteria indotta dai media ha avuto origine negli Stati Uniti, ma con ripercussioni in molti altri paesi, tra cui l’Inghilterra, il Messico, Taiwan, le Filippine e il Canada.» Anche l'Italia, aggiungo.<br />
<br />
Citando un altro recente volume di critica fumettistica, in <i><a href="http://eccettotopolino.blogspot.it/">Eccetto Topolino</a></i> Gadducci, Gori e Lama hanno descritto la storia editoriale del fumetto nel nostro paese dal 1932 fino alla Liberazione, focalizzando l'attenzione sui rapporti conflittuali con il regime fascista. I fatti successivi sono invece un mondo ancora in parte da analizzare, partendo dalla proposta di legge Federici, che proponeva una censura preventiva sulle pubblicazioni e che fece scatenare un grande dibattito parlamentare, fino ad arrivare all'istituzione del comitato di «Garanzia Morale».<br />
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Così Sergio Bonelli (citato <a href="http://morenoburattini.blogspot.it/2012/03/la-seduzione-degli-innocenti.html">nella tesi dello sceneggiatore Moreno Burattini</a>) commentava la situazione del periodo: «(...) io e tutti gli altri editori del settore vivevamo nel panico, e non potevamo aspettare che quella spada di Damocle cadesse. Dunque, corremmo ai ripari, usando le stesse "armi" del "nemico": istituimmo cioè una nostra "commissione di autocensura", con tanto di marchio che appariva sulle pubblicazioni ("MG", Garanzia Morale)»; un percorso analogo, dunque, a quello che condusse al Comics Code americano.<br />
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Nella tesi vengono descritti anche alcuni esempi atti a mostrare il clima del periodo, come «una raccolta di brevi testi teatrali per bambini da mettere in scena sui palchi degli oratori e delle parrocchie, edito dai salesiani, opera di Enrico Grasso e intitolato <i>Mascherine, Teatro fiabesco per piccoli e grandi»</i> oppure «un giornale propagandistico intitolato <i>Mammina, me lo compri?</i>, distribuito presso la Parrocchia di Cristo Re, a Roma» in cui «i pregiudizi e moralismi assurdi che circolavano con disinvoltura sono efficacemente rappresentati al gran completo».<br />
<br />
Questo scritto vuole essere un contributo in tal senso, cercando di ricostruire una mostra organizzata a Roma nell'aprile del 1951 grazie alla consultazione di alcune fonti d'epoca: essa ebbe notevole eco, arrivando a essere citata in più occasioni durante il dibattito parlamentare relativo alla legge Federici. Sarà evitato qualunque commento critico o morale sui contenuti della mostra stessa, limitandoci alla fredda cronaca: ritengo giusto lasciare questo compito solo a chi voglia arrogarsi tale peso, quasi sempre peraltro senza averne né le capacità né il diritto.<br />
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La «Mostra dei periodici per ragazzi» fu organizzata dal <a href="http://www.isacem.it/fondi-archivistici/fronte-della-famiglia">Fronte della famiglia</a> a Roma presso Palazzo Marignoli e poi, itinerante, si spostò in varie città d'Italia, tra cui «Viterbo, Firenze, Modena, Trieste, Venezia e Trento». Possiamo ricostruirne la struttura grazie a un filmato appartenente a «La Settimana Incom», forse il più noto dei Cinegiornali del dopoguerra, diretto da Sandro Pallavicini.<br />
<br />
Nel numero 583 del 20 aprile 1951 uno dei servizi, intitolato: «Cosa leggono i nostri ragazzi» mostra i «malefizi e benefizi della carta stampata in una Mostra dei periodici per ragazzi», almeno secondo la descrizione presente sul nulla-osta ministeriale n. 9839 (visibile sul sito <a href="http://www.italiataglia.it/">Italiataglia</a>). Il filmato è consultabile grazie alla preziosa opera di conversione operata dall'Istituto Luce <a href="http://www.archivioluce.com/archivio/">nel suo archivio digitale</a>, a cui ovviamente appartengono i diritti anche sui fermi immagine riprodotti in questa sede, utili solo a fini descrittivi.<br />
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La mostra appare assai suggestiva, utilizzando i linguaggi della persuasione e della propaganda per mischiare dati statistici, frasi a effetto, immagini forti e una notevole abilità retorica. Nella parte sinistra è possibile notare la riproduzione di un'edicola, dove però manca il proprietario al centro ed è sostituito da una grande scritta, secondo la quale i genitori «possono acquistare giornalini con gli occhi bendati. Tra i buoni e i cattivi, che una edicola espone, abbiamo raccolto questi ritagli dalle mani dei vostri ragazzi». Si noti l'efficacia comunicativa: i fumetti non sono semplicemente cercati, ma «raccolti dalle mani».<br />
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<a href="http://3.bp.blogspot.com/-ClqFhWvk9Zc/UlmwgpN-toI/AAAAAAAACBY/-6maNa1f2k4/s1600/fumetti02.jpg" imageanchor="1"><img border="0" height="220" src="https://3.bp.blogspot.com/-ClqFhWvk9Zc/UlmwgpN-toI/AAAAAAAACBY/-6maNa1f2k4/s200/fumetti02.jpg" /></a><a href="http://1.bp.blogspot.com/-BSQBaXYjjd4/UlmwmE8ey7I/AAAAAAAACBg/EaOYPrnTWXY/s1600/fumetti04.jpg" imageanchor="1"><img border="0" height="220" src="https://1.bp.blogspot.com/-BSQBaXYjjd4/UlmwmE8ey7I/AAAAAAAACBg/EaOYPrnTWXY/s200/fumetti04.jpg" /></a><br />
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I ritagli sono poi presentati a lato, classificati in alcuni pannelli secondo varie tematiche violente, da sinistra a destra: "delitto", "omicidio", "sensualità" e "violenza". Sono sormontati da una scritta in armonia con la semantica della precedente e che descrive «un mondo irreale, disumano, violento» in cui «non si fa mai il nome di Dio, della Mamma, del Lavoro» e poi «Questi sono i criminali che leggono gli eroi della cronaca nera». Una tecnica simile era stata usata dallo stesso Wertham: anche le pagine centrali del volume <i>Seduction of the innocent</i> contenevano infatti vignette estrapolate dai <i>comic book</i> dell'epoca.<br />
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<a href="http://3.bp.blogspot.com/-w4wuHyCAssI/UlnHetUs9gI/AAAAAAAACBs/4J--FsgeICw/s1600/fumetti05.jpg" imageanchor="1"><img border="0" height="220" src="https://3.bp.blogspot.com/-w4wuHyCAssI/UlnHetUs9gI/AAAAAAAACBs/4J--FsgeICw/s200/fumetti05.jpg" /></a><a href="http://2.bp.blogspot.com/-qdy7CEFYFQk/UlnHgITsGDI/AAAAAAAACB0/8FbNtYUPNZw/s1600/fumetti05a.jpg" imageanchor="1"><img border="0" height="220" src="https://2.bp.blogspot.com/-qdy7CEFYFQk/UlnHgITsGDI/AAAAAAAACB0/8FbNtYUPNZw/s200/fumetti05a.jpg" /></a><br />
<a href="http://4.bp.blogspot.com/-hhmM9dVitHs/UlnHg5Fmf0I/AAAAAAAACB8/WxJMr7XM1Ro/s1600/fumetti06.jpg" imageanchor="1"><img border="0" height="220" src="https://4.bp.blogspot.com/-hhmM9dVitHs/UlnHg5Fmf0I/AAAAAAAACB8/WxJMr7XM1Ro/s200/fumetti06.jpg" /></a><a href="http://1.bp.blogspot.com/-v5l-lUYk3Nk/UlnHqsi-H5I/AAAAAAAACCE/k5J0y4muoE4/s1600/fumetti06a.jpg" imageanchor="1"><img border="0" height="220" src="https://1.bp.blogspot.com/-v5l-lUYk3Nk/UlnHqsi-H5I/AAAAAAAACCE/k5J0y4muoE4/s200/fumetti06a.jpg" /></a><br />
<br />
Ma chi sono gli «eroi della cronaca nera» a cui ci si riferisce? Quasi sempre le crociate anti-fumetti hanno origine da un fatto di cronaca particolarmente cruento, che colpisce l'opinione pubblica e viene sfruttato per costruire consenso in relazione alla crociata stessa: il 1951 anticipa quindi tutti i fatti successivi e analoghi, dalla <a href="http://morenoburattini.blogspot.it/2011/10/il-signor-ilario.html">denuncia contro l'Intrepido</a> (causata dal suicidio di due studenti in un liceo milanese) fino al noto delitto di Perugia, in cui il ritrovamento di alcuni manga causò servizi giornalistici <a href="http://www.youtube.com/watch?v=YlmvSeIijyo">di assurdo tenore</a>, atti a colpevolizzare esclusivamente manga come Devilman o Trigun.<br />
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Tornando al caso in oggetto, il fatto di cronaca è descritto da un parlamentare come quello del «piccolo T. B. di Bologna, ucciso dal ragazzo A. M. nel novembre 1949». Il problema fu che «tra le carte del disgraziato M., che a 14 anni ha ucciso il piccolo B., affogandolo in un corso d’acqua fuori di Bologna, sono stati trovati racconti a fumetti in cui il ragazzo aveva sottolineato in rosso i modi che avrebbe seguito nel sopprimere il bambino». Da notare che il «fatto terribile, che ha commosso tutta l’Italia» sia stato ormai completamente dimenticato, dato che non se ne trova a oggi alcuna traccia in Rete. Nella mostra invece esso è posto bene in evidenza da una freccia orientata che contiene una rassegna stampa e conduce a un dipinto dei protagonisti della delittuosa vicenda. Ecco dunque il nostro «eroe nero», A.M.<br />
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<a href="http://3.bp.blogspot.com/-cvKNPvqvzAY/UlnKnFQbmQI/AAAAAAAACCU/BbqociwuMHw/s1600/fumetti06b.jpg" imageanchor="1"><img border="0" src="https://3.bp.blogspot.com/-cvKNPvqvzAY/UlnKnFQbmQI/AAAAAAAACCU/BbqociwuMHw/s320/fumetti06b.jpg" /></a><br />
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Come nell'antica didattica, è utile dividere i "cattivi" dai "buoni": lo stesso fatto di cronaca viene descritto dai primi e dai secondi, o almeno così appare secondo i dettami morali dei curatori. «La stampa cattiva favorisce la vanità ed eccita la sensualità» mentre «la stampa buona presidia i sentimenti delicati delle fanciulle e le indirizza verso ideali familiari e sociali». Tornerò tra poco sulle descrizioni relative al mondo femminile; segnalo invece che, tra le statistiche propugnate, colpisce il fatto che «a Roma un ragazzo di dodici anni legge in media ogni settimana quattro periodici» e «i ragazzi ne moltiplicano la lettura in appositi mercatini».<br />
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<a href="http://1.bp.blogspot.com/-QZ64U2SzSZY/UlnLi6sFLBI/AAAAAAAACCY/kXxtexpKLRU/s1600/fumetti07.jpg" imageanchor="1"><img border="0" height="220" src="https://1.bp.blogspot.com/-QZ64U2SzSZY/UlnLi6sFLBI/AAAAAAAACCY/kXxtexpKLRU/s200/fumetti07.jpg" /></a><a href="http://1.bp.blogspot.com/-GJc54Ct-eBI/UlnLjYrSISI/AAAAAAAACCg/ULHVuTiSm2g/s1600/fumetti08.jpg" imageanchor="1"><img border="0" height="220" src="https://1.bp.blogspot.com/-GJc54Ct-eBI/UlnLjYrSISI/AAAAAAAACCg/ULHVuTiSm2g/s200/fumetti08.jpg" /></a><br />
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Cosa fanno dunque i genitori? Non vigilano, incuranti del pericolo. Mentre però il padre in comoda giacca da camera legge un quotidiano, la madre viene ritratta con uno sciocco fotoromanzo e mostrata intenta a fumare, come circondata da una foschia di indifferenza e perdizione. La bambina è sullo sfondo, mentre lègge le infami aberrazioni a fumetti con sguardo vitreo.<br />
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<a href="http://3.bp.blogspot.com/-awuFqlkqYe4/UlnLj3UGCUI/AAAAAAAACCk/vzOwPLTyip8/s1600/fumetti09a.jpg" imageanchor="1"><img border="0" height="220" src="https://3.bp.blogspot.com/-awuFqlkqYe4/UlnLj3UGCUI/AAAAAAAACCk/vzOwPLTyip8/s200/fumetti09a.jpg" /></a><a href="http://4.bp.blogspot.com/-d0naARGA8sk/UlnLmhQ8VFI/AAAAAAAACCw/YTvbOlSqA8Y/s1600/fumetti10.jpg" imageanchor="1"><img border="0" height="220" src="https://4.bp.blogspot.com/-d0naARGA8sk/UlnLmhQ8VFI/AAAAAAAACCw/YTvbOlSqA8Y/s200/fumetti10.jpg" /></a><br />
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L'ultimo pannello è senz'altro il più efficace, dato che fa appello al mondo dei sogni e degli incubi; questo, sempre secondo le cronache parlamentari, è «dipinto da Ercole Brini» e «raffigura un bambino che dorme sereno; ma su lui come un incubo si addensano ogni sorta di diavolerie: un uomo in atto di sgozzarne un altro, un mostro che digrigna i denti, una donna scarsamente vestita e in atteggiamento procace; immagini tutte tratte da fumetti ingranditi, minaccianti il sonno ancora tranquillo del bimbo».<br />
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<a href="http://3.bp.blogspot.com/-oH3iXydlWPo/UlnOegCIT1I/AAAAAAAACDA/5PabsrgYH3o/s1600/fumetti11.jpg" imageanchor="1"><img border="0" src="https://3.bp.blogspot.com/-oH3iXydlWPo/UlnOegCIT1I/AAAAAAAACDA/5PabsrgYH3o/s320/fumetti11.jpg" /></a><br />
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L'analisi appena conclusa certo non esaurisce l'argomento, ma anzi rappresenta solo un piccolo spunto per trattazioni più approfondite.<br />
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<b>Nota (14/05/2015):</b> Ringrazio Gianni Bono per aver citato questo articolo sul sito <a href="http://www.guidafumettoitaliano.com/">Guida al Fumetto Italiano</a>, a mia volta rimando all'eccellente <a href="http://www.guidafumettoitaliano.com/archivi/il-convegno-internazionale-di-milano">approfondimento sul Convegno Internazionale di Milano del 1950</a>.<br />
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<b>Nota (05/01/2017):</b> Ringrazio Andrea Patassini del <a href="https://ltaonline.wordpress.com/">Laboratorio di Tecnologie Audiovisive</a> dell'Università Roma Tre per le citazioni e i commenti positivi su questo scritto nel suo articolo <a href="https://ltaonline.wordpress.com/2016/06/24/i-fumetti-sono-pericolosi-dibattito-italiano-attorno-ai-fumetti-nel-1951/">I fumetti sono pericolosi! Dibattito italiano attorno ai fumetti nel 1951</a>. Patassini è poi tornato sull'argomento censura e fumetti in <a href="https://ltaonline.wordpress.com/2016/07/21/fumetti-al-rogo-critica-e-contrasto-ai-fumetti-tra-italia-e-stati-uniti-negli-anni-cinquanta/">Fumetti al rogo! Critica e contrasto ai fumetti tra Italia e Stati Uniti negli anni Cinquanta</a>.<br />
<br />
<b>Nota (16/04/2020):</b> Ringrazio Francesco Manetti per la citazione <a href="https://dimeweb.blogspot.com/2020/04/1990-2020-30-anni-dellorrore-di-che.html">nella sua interessantissima retrospettiva</a> sul panico sociale generato dai fumetti horror, che tra l'altro propone integralmente il noto articolo dell'Espresso "Che horror!" del 1990.AndreaPhttp://www.blogger.com/profile/16469452467698698115noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-5993243963647744234.post-13824802581550454122013-08-22T19:04:00.001+02:002018-08-31T19:13:25.192+02:00Pacific Rim (2013), note a margine<i><b>di Andrea Pachetti</b></i><br />
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<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="http://1.bp.blogspot.com/-gPpmjGLw90o/UhZEbGEgF6I/AAAAAAAAB-k/DRjL6BOP1iI/s1600/pacific_rim_poster.jpg" imageanchor="1" style="clear: right; float: right; margin-bottom: 1em; margin-left: 1em;"><img border="0" height="320" src="https://1.bp.blogspot.com/-gPpmjGLw90o/UhZEbGEgF6I/AAAAAAAAB-k/DRjL6BOP1iI/s320/pacific_rim_poster.jpg" width="216" /></a></div>
Questo post ha avuto una gestazione molto lunga e, nella sua idea iniziale, doveva contenere numerosi rimandi, relativi a riferimenti storici e critici sull'argomento analizzato.<br />
<br />
Successivamente mi sono convinto a cancellare tutto e a realizzarne una versione più snella e leggibile, così da rispettare maggiormente il senso del film stesso e delle tesi che voglio portare avanti in questa sede.<br />
<br />
Altrove mi è capitato di definire <i>Pacific Rim</i> «la cosa più bella che poteva accadere al cinema mondiale»: un commento volutamente iperbolico e roboante, che spero troverà almeno parziale conferma in ciò che mi appresto a scrivere. Un commento roboante come un <i>elbow rocket</i> in faccia, appunto.<br />
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<b>1. Est contro ovest</b><br />
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Se dovessi riassumere la trama del film in poche parole, direi questo: «In <i>Pacific Rim</i> c'è un robot gigante che picchia un mostro altrettanto gigante impugnando una nave». Dal mio punto di vista questa immagine risulta essere una delle scene più rappresentative, da cui si può dedurre la reazione dell'osservatore nei confronti dell'intera pellicola: di esaltazione, divertimento e appagamento totale, oppure di placida sufficienza, aggiunta a un leggero disgusto.<br />
<br />
<a name='more'></a>Dando per scontato il fatto che <i>Pacific Rim</i> sia un film di genere, resta da stabilire a che genere appartenga: una questione molto più complicata di quanto possa sembrare a una prima occhiata. Una considerazione superficiale presentata da più parti lo indica come derivativo di certo cinema orientale di mostri, il cosiddetto filone <em>kaijū eiga</em>; altri vedono l'ispirazione in anime anni Novanta come <i>Neon Genesis Evangelion</i>, altri ancora nei vecchi cartoni robotici di Go Nagai.<br />
<br />
A un esame più attento si potrà notare come<b> nessuna di queste ispirazioni</b> possa trovare una conferma piena, dato che l'impostazione del film non mutua praticamente niente dai <em>kaijū eiga</em> (se non il nome dei mostri alieni), non ha né il design né l'impatto filosofico dell'anime di Hideaki Anno, non possiede l'ingenuità delle pur ottime produzioni del Nagai anni Settanta. I commentatori del nostro Paese, tra l'altro, dovrebbero rendersi conto che una visione italocentrica della gestazione del film rischia di essere controproducente per le loro analisi, dato che negli Stati Uniti Goldrake & Co. sono praticamente <b>sconosciuti</b>.<br />
<br />
A ciò aggiungo che, come confermato dal regista Del Toro in numerose interviste, una delle ispirazioni principali è stata fornita dai lavori di Ray Harryhausen. Prescindendo dunque da giudizi da "fan", voglio far notare che la tradizione americana relativa ai mostri giganti ha un ruolo centrale nello sviluppo di <i>Pacific Rim</i>, partendo da <i>King Kong</i> per arrivare a <i>The beast from 20,000 fathoms</i> e tutti i film anni Cinquanta di fantascienza con animazioni in stop motion; questi diventano dei progenitori più autentici rispetto ai mostri in tuta del lontano Oriente, un genere con una sua dignità estetica autonoma, ma che appare diversa nella sostanza.<br />
<br />
Detto questo, allora cos'è in conclusione <i>Pacific Rim</i>? Si tratta di una <b>rielaborazione</b>, o sintesi, di tutto ciò che abbiamo elencato sopra, aggiungendo ancora il film di fantascienza classico e il film catastrofico. C'è inoltre la magnificenza tutta kirbyiana dei fumetti di mostri e la decadenza del proto-cyberpunk à la <i>Blade Runner</i>.<br />
<br />
<b>2. Genere non degenerato</b><br />
<br />
Una sintesi, dunque, di quasi quarant'anni di cinema fantascientifico: <i>Guerre Stellari</i> è del 1977 e con <i>Pacific Rim</i> condivide l'atteggiamento vòlto all'adattamento e integrazione di certo cinema orientale, piuttosto che alla semplice ispirazione.<br />
<br />
L'assurdo comportamento di certa critica, che continua a voler giudicare questo cinema con metriche inadatte, mi stupisce ancora oggi. In particolare, mi ha colpito chi ha commentato la pellicola parlando di <i>cliché</i> o termini simili. Sarei felice di dare a queste persone un benvenuto nel mondo del cinema di genere, che giocoforza ha le sue regole, perfettamente mutuate da secoli di narrativa analoga.<br />
<br />
Ciò che viene erroneamente confuso con un cliché è il semplice l'uso dei "caratteri", cioè personaggi con caratteristiche proprie, che nel film interpretano un <i>ruolo </i>ben definito. Rimproverare una mancanza di tridimensionalità a un carattere è, più o meno equivalente a guardare il <em>Settimo sigillo</em> e far notare che in fondo non è male, ma mancano le scene di azione e le esplosioni.<br />
<br />
Si potrà notare quanto in <i>Pacific Rim</i> invece ogni personaggio <b>abbia un suo percorso evolutivo</b>, tendente sempre a una qualche forma di salvezza, redenzione o crescita. Pentecost completa la sua esperienza di vita nello stesso momento in cui il giovane pilota di <i>Striker Eureka</i> riscatta la sua iniziale arroganza; il protagonista Becket supera il lutto per la perdita del fratello, nello stesso modo in cui Mako Mori riesce finalmente a convivere col ricordo della morte della propria famiglia.<br />
<br />
Siamo di fronte alla sintesi di un background tematico multiforme, che in <i>Pacific Rim</i> trova nuova gloria e maturità: ciò però non è avvenuto, a differenza di certe tendenze fumettistiche anni Ottanta à la <i>Watchmen</i>, mediante la decostruzione, la critica feroce e l'esasperazione del realismo violento. Il film della Legendary è un perfetto esempio di genere <b>che non degenera</b>, ma anzi celebra ed esalta tutte le fonti originarie di ispirazione.<br />
<br />
<b>3. Un brand originale</b><br />
<br />
Una cosa che non è stata fatta notare a sufficienza nei commenti è l'importanza di <i>Pacific Rim</i> in quanto <i>brand</i> originale, cioè che non deriva da nessun altro media esterno, sia esso un libro, un videogioco, una serie tv o altro ancora. In questo senso, il paragone coi vari film dei <em>Transformers</em> appare davvero fuori luogo.<br />
<br />
In un momento storico in cui le <i>major</i> cinematografiche capitalizzano le loro vecchie proprietà intellettuali con remake e reboot, l'operazione della Legendary Pictures appare davvero coraggiosa. Se ciò avrà successo oppure no dipenderà da molti fattori, in primis l'efficacia del marketing sui vari <i>tie-in</i> (videogiochi, fumetti) e gadget, nonché la campagna pubblicitaria che avverrà in occasione delle uscite home video.<br />
<br />
Affinché un marchio si possa affermare, deve necessariamente far entrare qualche frase o nome nel linguaggio comune degli appassionati: vedremo per quanti anni si parlerà del <i>drift</i> oppure se la forza iconografica ed evocativa di una <i>Gypsy Danger</i> o di un <i>Cherno Alpha</i> resisteranno al passare del tempo. Vedremo anche quante parodie sorgeranno, quanti modi di dire si affermeranno. Allo stato attuale le premesse sono buone, sperando che un eventuale <i>sequel</i> possa consolidare definitivamente questo nuovo universo in espansione.<br />
<br />
C'è da dire che i creatori di <i>Pacific Rim</i> hanno sicuramente interiorizzato la lezione tolkieniana del suggerire, piuttosto che spiegare esplicitamente, il background dell'ambientazione. In questo senso, l'introduzione al film è una delle migliori mai concepite negli ultimi anni, che trascina lo spettatore all'interno della trama senza mai sembrare un noioso "spiegone".<br />
<br />
Si assiste, in conclusione, alla narrazione di un'epica, sia nel tempo che nello spazio. Un'epica che peraltro risulta sorprendente in più punti: colpisce soprattutto <b>l'estetica decadente</b> che sembra permeare l'intera pellicola, con gli <i>Jeager</i> che vengono danneggiati, cigolano, sbuffano vapori, perdono pezzi e si rompono: sono armature sopravvissute allo scorrere degli anni e alle varie generazioni, che resistono a volte quasi per miracolo. Armature raffazzonate e sporche, guidate da cavalieri disperati contro un nemico apparentemente invincibile.AndreaPhttp://www.blogger.com/profile/16469452467698698115noreply@blogger.com3tag:blogger.com,1999:blog-5993243963647744234.post-76751294376597707562012-03-14T22:02:00.001+01:002018-08-31T19:12:14.951+02:00Riflessione sul senso e le aberrazioni del cosiddetto "fantasy"<i><b>di Andrea Pachetti</b></i><br />
<br />
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="http://4.bp.blogspot.com/-5dwyPep-9tM/Tb2kfhiaaRI/AAAAAAAAA6Y/chovhWaktwI/s400/200px-Dying_earth.jpg" imageanchor="1" style="clear: right; float: right; margin-bottom: 1em; margin-left: 1em;"><img border="0" src="http://4.bp.blogspot.com/-5dwyPep-9tM/Tb2kfhiaaRI/AAAAAAAAA6Y/chovhWaktwI/s400/200px-Dying_earth.jpg" height="294" width="200" /></a></div>La pubblicazione <a href="http://blog.librimondadori.it/blogs/urania/2012/03/05/storie-dal-crepuscolo-di-un-mondo2/">di nuovi racconti legati al Ciclo della Terra Morente</a> su Urania mi fornisce l'ennesima occasione per riflettere sul senso dell'attuale narrativa <i>fantasy</i>, riferendomi nuovamente a Vance e alle opere classiche in genere. <a href="http://atarimagari.blogspot.com/2011/07/alcuni-dei-motivi-per-cui-jack-vance.html">Come ho già avuto modo di affermare in passato</a>, quando sono triste di solito leggo qualche passo di un romanzo di Jack Vance. Spesso càpita che da un paragrafo finisca per terminare l'intero capitolo, poi il libro stesso. Ciò per dire che Vance nei suoi romanzi più ispirati appare ai miei occhi come uno dei più grandi narratori del Novecento, sebbene io tenda a lasciare questo genere di giudizi a critici più talentuosi del sottoscritto.<br />
<br />
Il punto della questione è che, come diverse persone che conosco (e magari anche molti di coloro che leggono il blog per caso), la mia vita è stata intrecciata a doppio filo col cosiddetto genere <i>fantasy</i>, sia nella sua forma primaria e puramente narrativa, sia nelle forme derivate che vanno dai giochi di ruolo ai videogame.<br />
<br />
Ho avuto la fortuna di entrare in contatto in giovane età con alcuni dei romanzi che molti cultori ritengono capisaldi del genere, <i>La Storia Infinita</i> e <i>Il Signore degli Anelli</i>: personalmente faccio una gran fatica a considerare tali libri parte effettiva del "genere" fantasy, per motivi che esporrò tra poco e che spero risulteranno sufficientemente convincenti.<br />
<br />
<a name='more'></a>Dal mio punto di vista, la creazione (di solito a posteriori) di un genere, la sua evoluzione e la canonizzazione dei temi prìncipi che lo caratterizzano sono tutte operazioni rischiose, che possono arrivare a minare alla radice qualunque velleità narrativa: è un processo che ha ragioni meramente economiche, serve cioè a collocare in un preciso settore commerciale il prodotto che diventa esclusivamente di consumo, con gran gioia di tutti coloro che poi guadagnano in questa filiera.<br />
<br />
È contento il giovane critico letterario online che può berciare utilizzando paroloni; contento il mercante di libri che può collocare il volume nell'apposito settore, sapendo che venderà di sicuro; contento il fan sciocco che, grazie al paraocchi che si autoinfligge, assume il ruolo standard di ultima ruota del carro, andando a foraggiare col suo denaro l'inutile industria letteraria della mediocrità. Ma contento soprattutto l'autore che continuerà a proporre temi triti e ritriti, facendo ben poca fatica.<br />
<br />
Il <i>fanboy</i> del <i>fantasy</i> compra ogni uscita del proprio genere preferito snobbando qualunque altra offerta parallela sul mercato, semplicemente perché non corrisponde ai "canoni" di autolimitazione che si è voluto imporre, vista la naturale tendenza verso la pigrizia e il conservatorismo. Per un banale discorso statistico, in ogni produzione letteraria esistono cose ben scritte e altre invece mal riuscite: concentrarsi su un singolo àmbito è sempre deleterio, poiché l'unico risultato che si ottiene è l'essere seppelliti da tonnellate di brutture, senza considerare poi tutto il tempo perso a leggere libri di scarsa qualità o quantomeno trascurabili.<br />
<br />
È sempre possibile analizzare le rappresentazioni artistiche/sociali coeve o antecedenti, da cui un dato genere si è sviluppato: così come il genere cinematografico del <i>poliziottesco</i> deriva dalla corruzione di alcuni temi del <em>noir/hard boiled </em>americano e altri del <em>polar</em> francese, anche il <i>fantasy</i> ha dei padri. Alcuni risultano progenitori ancestrali, mentre altri sono avi ben più prossimi, illustri e non.<br />
<br />
Analizzando l'evoluzione dei generi in prospettiva storica si nota come questi, data la loro natura squisitamente popolare e niente affatto accademica (per fortuna, aggiungo), risentano del sentire sociale del momento e quindi siano soggetti a periodici cali di interesse. La <i>science fiction</i> di fatto ha avuto il suo massimo splendore nel momento in cui vi era l'entusiasmo postbellico: uno slancio speculativo verso il futuro, il cui immaginario è stato poi distrutto dalla "conquista della Luna". Da quel momento ci son stati inviluppi sempre più introspettivi, fino all'effimero successo del <i>cyberpunk</i> durante i primi anni Ottanta, subito collassato quando la realtà informatica ha superato le fantasie più azzardate degli scrittori.<br />
<br />
Nei dibattiti che leggo online, spesso mi capita di vedere i brontolii degli appassionati di fantascienza, che (col solito fare nostalgico) si lamentano dei "bei tempi andati" in cui si trovavano scaffali e scaffali pieni di SF, mentre adesso è "tutto draghi, vampiri e incantesimi", dimostrando con questa analisi tutta la loro superficialità. Il <i>fantasy</i> in questo è semplicemente più fortunato poiché, seppure in forma volgare, attinge comunque a delle radici mitiche ("religiose" se vogliamo, nel senso più ampio del termine) che arrivano sempre a toccare, se non a manipolare del tutto, archetipi propri d'ogni essere umano. Dalla tradizione orale del Mito, al racconto popolare d'ambito fantastico, fino a giungere alla fiaba per fanciulli<sup><b>[1]</b></sup> il passo risulta in fondo abbastanza breve.<br />
<br />
Mentre quindi autori come Tolkien e Ende si rifanno esplicitamente (e con grande consapevolezza) alla tradizione epico-mitica e a quella fiabesca, ho l'impressione che il vero nucleo generatore della struttura <i>fantasy</i> sia piuttosto da ricercare nel pugno d'autori <i>pulp</i> che diede origine a quella che viene chiamata spesso <i>Sword & Sorcery</i>: un genere sanguigno, di matrice popolare, ma capace di slanci emotivi e possenti così come di profonde riflessioni esistenziali. Moorcock si è spesso prodigato in invettive anti-Tolkien<sup><b>[2]</b></sup> e il suo punto di vista è assai comprensibile, dato che l'approccio di questi due autori verso la narrativa è talmente diverso (spesso in contrasto, se non del tutto all'opposto) da vanificare qualunque inserimento forzato nello stesso "genere".<br />
<br />
Il problema con Tolkien e la cosiddetta "High Fantasy" è che il successo di vendite dei <i>paperback</i> americani de <i>Il Signore degli Anelli</i> aveva scatenato nel corso degli anni un gran numero di cosiddetti epigoni e imitatori di bassa lega, che hanno cercato di carpire tutti quelli ingredienti che (secondo loro) andavano a comporre la giusta ricetta di successo per garantire alte vendite. Fallendo miseramente nel primo caso, ma purtroppo non nel secondo. Un "genere" dunque che fu creato artificialmente per cannibalizzazione e semplificazione.<br />
<br />
Comprare una saga <i>fantasy</i> attuale, comprese tutte le derivazioni <i>urban</i> e <i>vampiriche</i> servite a confondere temporaneamente le acque, significa troppo spesso cibare un sistema di mediocrità generalizzata, atta a produrre esclusivamente prodotti e introiti. È cioè il mero processo imitativo a controllare l'atto creativo, per cucinare la merendina perfetta ad alto contenuto calorico (ma assai poco nutriente) che verrà sgranocchiata solo dal <i>fanboy</i> di turno, avulso a qualunque contaminazione e complicazione mentale<sup><b>[3]</b></sup>.<br />
<br />
In un mondo ormai di fatto abituato a ritmi frenetici e che gradisce farsi cullare nei suoi bisogni da altri media ben più "veloci" della narrativa, dovrebbero essere pubblicati <b>pochissimi</b> libri, accuratamente selezionati. Invece, in Italia come nel resto del mondo, gli scrittori tendono paradossalmente a essere più dei loro lettori. Quello del <i>lettore puro</i> è davvero un ruolo in via di estinzione, dato che quasi sempre è stato sostituito da una figura intermedia, dall'aspetto particolarmente patetico: si tratta dello scrittore <i>wannabe</i><sup><b>[4]</b></sup> che commenta (sempre in positivo, ovvio) amici e amici-più-in-alto nella scala gerarchica dei fallimenti, sperando di essere ricambiato in qualche modo, di avere una contropartita. Sperando cioè che la sua autoproduzione in 500 copie sia letta da qualche povero cristo.<br />
<br />
Mi piacerebbe dunque che gli scrittori avessero maggiori ambizioni e che i lettori di genere arrivassero a possedere un minimo di buon gusto, quel tanto che serve ad ampliarne gli orizzonti ristretti. Ogni volta che qualcuno osa proporre il "romanzo epico definitivo", vorrei chiedergli: "Ma tu sei davvero convinto di poter scrivere meglio di Vance, meglio di Leiber, meglio di Howard?" Vomitando trilogie a manetta, generando mondi senza rispettare la mitopoiesi, il tuo "lavoro" purtroppo non fa per me. Ho ancora troppo Vance da leggere, mi spiace davvero.<br />
<br />
__________<br />
<sup><b>[1]</b></sup> Ritengo che una trattazione seria dell'argomento sia impossibile in uno spazio così limitato e rimando agli studi di Marie-Luise von Franz. Si veda ad esempio <i>"Le fiabe interpretate." Torino, Bollati Boringhieri</i>.<br />
<br />
<sup><b>[2]</b></sup> Ci si riferisce soprattutto al saggio <a href="http://www.revolutionsf.com/article.php?id=953">"Epic Pooh", del 1978</a>.<br />
<br />
<sup><b>[3]</b></sup> In questo senso, basta notare la follia presente nei commenti assai poco lungimiranti dei collezionisti di fantascienza, che si lanciano in invettive pretestuose ogni volta che sulle collane i curatori "osano" proporre romanzi "non canonici", come la gradevole raccolta di Edogawa Ranpo <a href="http://blog.librimondadori.it/blogs/urania/2011/04/02/urania-collezione-099-l%E2%80%99inferno-degli-specchi/">pubblicata su Urania Collezione</a> nel 2011.<br />
<br />
<sup><b>[4]</b></sup> Si vedano in proposito i (divertiti) commenti di Umberto Eco, relativi agli scrittori di "quarta dimensione", in <i>"Il costume di casa." Milano, Bompiani</i> e più di recente in <i>"La memoria vegetale e altri scritti di bibliofilia." Milano, Bompiani</i>.AndreaPhttp://www.blogger.com/profile/16469452467698698115noreply@blogger.com2tag:blogger.com,1999:blog-5993243963647744234.post-79704756969363564162011-12-12T20:50:00.003+01:002021-01-16T16:18:43.278+01:00Ascoltando i Дисплей (Display)...<i><b>di Andrea Pachetti</b></i><br />
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<a href="http://2.bp.blogspot.com/-ZV9PCPOnVd8/TuZazQXwkoI/AAAAAAAABJI/Q62Nv7SejuE/s1600/display1.jpg" imageanchor="1" style="clear: right; float: right; margin-bottom: 1em; margin-left: 1em;"><img border="0" height="300" src="https://2.bp.blogspot.com/-ZV9PCPOnVd8/TuZazQXwkoI/AAAAAAAABJI/Q62Nv7SejuE/s400/display1.jpg" width="300" /></a></div>
Sono da sempre interessato ai generi musicali e a come questi possano variare (ed essere contaminati) nei vari paesi in cui si sviluppano e crescono. In particolare mi ha colpito la creatività con cui certi stilemi possano essere adattati alla sensibilità locale: un caso emblematico è quello della space disco che, sotto l'egida della <i>kosmische musik</i>, ebbe una seconda casa in Francia: un genere particolarmente fecondo e ricco di stimoli, la cui eco è ancora fortissima oggi nel <i>french touch</i> che influenza molte produzioni dance.<br />
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Un fatto analogo è accaduto per l'EBM-industrial di matrice prevalentemente nord europea, genere poi molto seguìto e suonato nel mondo slavo, poiché capace di incanalare la rabbia, l'energia e la contestazione sociale tanto quanto il punk, cosa peraltro avvenuta negli ultimi anni anche in Sud America.<br />
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<a name='more'></a>In questo senso ero curioso di scoprire se in qualche modo anche il blocco comunista avesse subìto l'influenza della musica elettronica leggera e ballabile, scevra cioè da qualunque intento intellettuale o d'avanguardia: le sorprese sono state molte. Non si può iniziare un discorso del genere senza menzionare gli <b>Zodiac</b> (Зодиа́к) di Riga in Lettonia, più o meno la risposta dell'Est ai francesi <b>Space</b>. Abbastanza citati anche in occidente, sebbene non abbiano hit famose come <i>Magic Fly</i>, gli Zodiac meriterebbero un discorso approfondito che rimando a un'altra occasione. In questa sede mi preme raccomandare comunque l'ascolto dei primi due dischi, <i>Disco Alliance</i> del 1981 e il successivo (più rockeggiante) <i>Music in the Universe</i>, con particolare riferimento alla canzone <i>The Mysterious Galaxy</i>.<br />
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<iframe allowfullscreen="" frameborder="0" height="315" src="//www.youtube.com/embed/MI1D6xmkdQs" width="420"></iframe><br />
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Alla ricerca di sonorità ancora più affini al mio gusto personale, mi sono poi imbattuto in una serie di canali YouTube grazie ai quali ho potuto fare scoperte interessanti: ho notato quanto i compositori sovietici avessero interiorizzato sia l'esperienza sonora del <i>Krautrock</i>, sia quella (magari meno ricercata, ma assai godibile ed efficace) dell'<i>Italo Disco</i>. Tra le tante canzoni, segnalo la bella Сафари (Safari), una dei pezzi che componevano il disco chiamato <a href="http://www.discogs.com/Various-%D0%A0%D0%B8%D1%82%D0%BC%D0%B8%D1%87%D0%B5%D1%81%D0%BA%D0%B0%D1%8F-%D0%93%D0%B8%D0%BC%D0%BD%D0%B0%D1%81%D1%82%D0%B8%D0%BA%D0%B0-Aerobic-Exercises/master/411798">Ритмическая Гимнастика</a> (Aerobic Exercises), progettato dall'etichetta di stato Мелодия (Melodia) assieme al comitato sportivo nazionale per mantenere in forma (suppongo) le signore sovietiche.<br />
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<iframe allowfullscreen="" frameborder="0" height="315" src="//www.youtube.com/embed/I2QE_ryswh4" width="420"></iframe><br />
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Ascoltando questi sampler mi sono soffermato anche sulle produzioni dei <b>Display</b> (Дисплей), che ho trovato assai affascinanti. Oltre alla chiara influenza <b>Kraftwerk</b>, si sentono spesso accenni alla discomusic e una smaccata propensione verso la spazialità della <i>new wave</i> americana, quasi al confine con l'AOR. Aggiungendo a questo i testi in russo si comprende quanto il mix sia apparentemente assurdo, ma comunque unico e assai originale. Le informazioni su questa band sono praticamente nulle: anche siti di catalogazione molto completi come <a href="http://www.discogs.com/">Discogs</a> presentano solo <a href="http://www.discogs.com/%D0%94%D0%B8%D1%81%D0%BF%D0%BB%D0%B5%D0%B9-%D0%94%D0%B8%D1%81%D0%BF%D0%BB%D0%B5%D0%B9/release/664320">l'omonimo LP dell'89</a> senza ulteriori informazioni.<br />
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Di recente l'utente <a href="http://www.youtube.com/user/akk0221">akk0221</a>, uno dei tantissimi benefattori anonimi di YouTube, ha messo online per intero i due album del gruppo e ora ho il piacere di presentarli in Italia, dato che mi sembra nessuno ne abbia mai parlato prima. Iscrivetevi al suo canale, ringraziatelo e spargete la voce, lo merita davvero.<br />
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<iframe allowfullscreen="" frameborder="0" height="315" src="http://www.youtube.com/embed/UfRjfoAnJ3g?rel=0" width="420"></iframe><br />
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È presente nella sua totalità anche il primo disco Волна перемен (Wave of Change) dal quale estraggo e segnalo la bella Колумб (Kolumb / Columbus): in Italia c'è stato un periodo in cui la space disco fece timidamente capolino nel mondo giovanile grazie alle sigle dei cartoni animati. Si vedano esempi casalinghi <a href="http://www.youtube.com/watch?v=7PnA4dEtY2s">come Bryger</a> o <a href="http://www.youtube.com/watch?v=_xjZ3CNwEbI">Diapolon</a>, ma soprattutto <a href="http://www.youtube.com/watch?v=DMvm10pTQsE">Shooting Star di Goldrake</a>, in cui il basso pulsante di Ares Tavolazzi mimava proprio la Magic Fly già citata all'inizio del nostro excursus; si arriva poi al Gaiking, la cui sigla nel nostro paese fu <a href="http://www.youtube.com/watch?v=EQiCoDLgyBY">It Takes Me Higher</a> dei folli austriaci Ganymed. Questa premessa per dire che Колумб sarebbe stata la colonna sonora perfetta per un <i>anime</i> fantascientifico fatto di buchi neri, pulsar, galassie a doppia spirale ed enormi spazi vuoti da percorrere con lente astronavi silenziose. Buon ascolto.AndreaPhttp://www.blogger.com/profile/16469452467698698115noreply@blogger.com2tag:blogger.com,1999:blog-5993243963647744234.post-17138391430518499572011-08-14T19:37:00.003+02:002015-05-27T13:55:16.814+02:00Homer & Langley, la follia che conduce al dominio degli oggetti<i><b>di Andrea Pachetti</b></i><br />
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<a href="http://2.bp.blogspot.com/-xdBRx4dmryA/TkgHjz6U2dI/AAAAAAAABCE/QayO2VqDYEk/s1600/homerlangley.jpg" imageanchor="1" style="clear: right; float: right; margin-bottom: 1em; margin-left: 1em;"><img border="0" src="http://2.bp.blogspot.com/-xdBRx4dmryA/TkgHjz6U2dI/AAAAAAAABCE/QayO2VqDYEk/s400/homerlangley.jpg" height="320" width="208" /></a></div>
È possibile giungere al romanzo di <a href="http://en.wikipedia.org/wiki/E._L._Doctorow">E.L. Doctorow</a> partendo da molti luoghi, che necessitano talvolta di percorsi tortuosi e obliqui: si può analizzare per esempio il <a href="http://en.wikipedia.org/wiki/Baudrillard#The_object_value_system"><i>Sistema degli oggetti</i></a> di <a href="http://en.wikipedia.org/wiki/Baudrillard">Baudrillard</a>, uno dei testi di riferimento dell'argomento, per poi arrivare alle estreme aberrazioni, proprie di un approccio alla realtà oggettiva completamente errato. Esiste davvero un mondo in cui sono gli oggetti a possedere le persone e non viceversa?<br />
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Doctorow situa il suo romanzo storico nel novecento americano, sfruttando (con molte licenze) la reale storia <a href="http://en.wikipedia.org/wiki/Collyer_brothers">dei fratelli Collyer di New York</a> per costruire un affresco globale della società in evoluzione: i suoi rapporti con la musica, le controculture, la guerra, il razzismo e la tecnologia. L'autore si serve quindi dell'estrema fascinazione suscitata da due personaggi davvero <i>borderline,</i> al fine di fornire uno sguardo inedito verso eventi storici più o meno noti, oltre a indagare nella psicologia immaginaria dei due protagonisti e nelle loro reciproche interazioni.<br />
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<a name='more'></a>Una narrazione in prima persona è la metafora dell'intento complessivo del volume: affidata a Homer, il fratello progressivamente cieco che a poco a poco riduce il proprio orizzonte visivo, fino a essere partecipe in modo empatico delle follie compulsive del fratello. «La mia vista non se n'è andata di colpo: è stata una lenta dissolvenza, come nei film»<sup><b>[1]</b></sup> afferma nelle prime righe, così come nel corso delle pagine il mondo si avviluppa a spirale attorno a loro, isolandoli dal resto.<br />
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I genitori che muoiono e lasciano come eredità/peso l'imponente abitazione che diventerà prigione, la servitù che a poco a poco scompare, le presenze sfuggenti e quasi nebulose sullo sfondo; arrivano poi gli oggetti, gli unici protagonisti reali. I reperti e i souvenir dei viaggi lasciano il posto alle ossessioni post-belliche di Langley: i giornali, i dischi, le provviste, fino all'automobile Ford T smontata e ricostruita pezzo per pezzo nella cucina. «Come si può fare una distinzione ontologica tra fuori e dentro?»<sup><b>[2]</b></sup> chiede a un certo punto Langley al fratello, per giustificare l'accaduto.<br />
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Riflettendo sul necessario bisogno di Vuoto, è possibile notare quando nella raccolta degli oggetti e nella ripetizione ritualistica di tale gesto si possano cogliere i sintomi di un bisogno ossessivo-complusivo: forse nella società post-industriale gli uomini possono davvero diventare le tele perfette di un <a href="http://it.wikipedia.org/wiki/Giuseppe_Arcimboldo">Arcimboldo</a> cyberpunk, in cui i loro volti e corpi sono esclusivamente costituiti dagli oggetti che possiedono?<br />
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Qual è dunque il loro reale valore, sospeso tra l'ovvia valutazione economica e l'addizionale emotiva? Quale il confine tra l'utile e l'inutile? Come nell'antico Egitto, i due fratelli rimangono sepolti nel loro monumento funebre, tra decine di pianoforti e tonnellate di vecchi giornali. In questo senso, non è possibile rimanere insensibili di fronte agli echi della <a href="http://www.urbandictionary.com/define.php?term=kipple"><i>palta</i> (kipple)</a> di <a href="http://en.wikipedia.org/wiki/Philip_K._Dick">Philip K. Dick</a>, oppure alle fascinazioni deformi dello <i>sprawl</i> di <a href="http://en.wikipedia.org/wiki/William_gibson">Gibson</a>. Qual è il momento in cui l'oggetto diventa un rifiuto? E quando lo diventa l'uomo, cosa accade?<br />
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William Gibson in <em>Winter Market</em>, uno dei racconti più riusciti della raccolta <a href="http://en.wikipedia.org/wiki/Burning_Chrome">Burning Chrome</a>, descriveva l'epopea di un <i>gomi no sensei</i>: l'artista Rubin, che nelle sue opere dava nuova vita proprio alla spazzatura. In un'intervista, Gibson affermava: «Il brivido della novità e della primizia assoluta non fa per me, e mi piace pensare che questo atteggiamento si stia diffondendo sempre più nella nostra società. Vedo sempre più gente che, quando deve comprarsi un oggetto, va in cerca di qualcosa che funzioni davvero, che sia progettato per il suo scopo e che duri a lungo. Ed è un atteggiamento che mi piace molto più di questa produzione all'infinito di oggetti.»<sup><b>[3]</b></sup><br />
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Parole senz'altro utili per concludere questo breve commento: espongono un atteggiamento apparentemente responsabile ma che rischia di essere involuto, chiuso verso un passato autoreferenziale, conservatore e retorico.<br />
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__________<br />
<sup><b>[1]</b></sup> Doctorow, E.L. <i>Homer & Langley</i>, Milano, Mondadori, pag. 9<br />
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<sup><b>[2]</b></sup> <i>Ibid</i>. pag. 88.<br />
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<sup><b>[3]</b></sup> Veronesi, Sandro. <i>Gibson: "Addio al consumismo, meglio la spazzatura"</i>, Milano, Corriere della Sera, pag. 33. <<a href="http://archiviostorico.corriere.it/1997/dicembre/04/Gibson_Addio_consumismo_meglio_spazzatura_co_0_9712049742.shtml">Link</a>>AndreaPhttp://www.blogger.com/profile/16469452467698698115noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-5993243963647744234.post-58677447721431427542011-07-31T02:32:00.006+02:002016-01-16T21:57:05.667+01:00Alcune variazioni nello spettro ludo-cromatico delle avventure interattive<b><i>di Andrea Pachetti</i></b><br />
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L'analisi del concetto di <i>colore </i>è senz'altro una complicata materia interdisciplinare, che può attraversare ogni settore del sapere: dagli àmbiti più scientifici e rigorosi (l'antropologia culturale e la filosofia metafisica) a concetti più pragmatici e quotidiani (psicologia comportamentale, marketing, pubblicità), fino a giungere alle risibili pseudo-scienze di confine.<br />
<br />
Una seria trattazione del tema ovviamente esula dagli intenti di un breve post<sup><b>[1]</b></sup> da blog: sarà sufficiente poter utilizzare come premessa un dualismo di base, secondo il quale il colore è da ritenersi certo una pura percezione visiva, percezione che però va considerata come un semplice elemento, inserito in un processo più ampio di sollecitazioni simbolico-sensoriali capaci di coinvolgere molti altri fattori, posti su vari livelli di conoscenza.<br />
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Il colore è strettamente legato alle suggestioni offerte da ogni forma di produzione artistica e visiva; in questo senso, anche i videogiochi fanno parte del rapporto comunicativo che sussiste tra l'oggetto e l'osservatore, che in questo caso specifico cessa di essere il semplice fruitore passivo dell'opera, per diventarne uno degli attori protagonisti.<br />
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<a name='more'></a>Si può notare come l'evoluzione hardware abbia pesantemente condizionato da sempre l'attività dei <i>game-designer</i>: consci di quanto il colore potesse attrarre (oppure far fuggire) il possibile pubblico, si è passati dai primi esperimenti monocromatici<sup><b>[2]</b></sup> a <a href="http://en.wikipedia.org/wiki/Palette_%28computing%29">palette</a> più o meno brillanti e bilanciate di 4, 8, 16, 32, 64, 256 colori, per poi giungere alla perfezione fotografica, con l'aumentare in parallelo delle risoluzioni a schermo. Citando un esempio particolarmente evidente, di certo giocare ai videogiochi sui Personal Computer provvisti solo di scheda CGA (320x200, <a href="http://en.wikipedia.org/wiki/Color_Graphics_Adapter#Standard_graphics_modes">due palette di 4 colori</a>) condizionava pesantemente in negativo l'intera esperienza ludica.<br />
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Una volta raggiunta la perfezione tecnica, si è poi iniziato un percorso per certi versi <i>introspettivo</i>, così come avvenuto nella pittura e nelle altre forme d'arte visuali: il colore è passato cioè da semplice mezzo utile alla rappresentazione estetica a portatore di sensazioni, emozioni e comunicazioni ben più stratificate. Due esempi particolarmente utili a dimostrare questa tendenza sono <a href="http://livelyivy.com/?page_id=58"><i>Spooks</i></a> di <a href="http://livelyivy.com/">Erin Robinson</a> e <a href="http://futureproofgames.com/games/majesty/"><i>The Majesty of Colors</i></a> di <a href="http://ludusnovus.net/">Gregory Weir</a>, giochi prodotti in questi ultimi anni dalla sempre fertile scena <i>indie</i>.<br />
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Pur nella diversità del genere, entrambi gli autori utilizzano il passaggio dal mondo in bianco e nero a quello del colore come parte integrante del loro design di gioco. Nello stesso modo in cui percepiamo lontani (e forse ormai spenti, morti) un antico film muto o delle vecchie foto rovinate dal tempo, provando questi giochi si noterà quanto la presenza del colore assuma proprio il significato simbolico di "vita".<br />
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<a href="http://1.bp.blogspot.com/-hZD6FdU8WXk/TjSlgVaNhOI/AAAAAAAABB8/-TqyD63SjDM/s1600/spooks.png" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" height="294" src="http://1.bp.blogspot.com/-hZD6FdU8WXk/TjSlgVaNhOI/AAAAAAAABB8/-TqyD63SjDM/s400/spooks.png" width="400" /></a></div>
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<b>Spooks</b> è una degna erede della tradizione Lucas nelle avventure grafiche: creata <a href="http://www.adventuregamestudio.co.uk/">con l'Adventure Game Studio</a> ci mette nei panni di Mortia, una piccola <i>ghoul</i> alle prese con l'importante missione di "salvare" un pesce rosso (che chiamerà appunto "Spooks"), alla ricerca del significato ultimo della <i>vita</i>.<br />
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In un'ambientazione a toni di grigio che strizza l'occhio sia a Tim Burton sia alle recenti eroine dark-emo come Emily the Strange e Lenore, è subito evidente come il pesciolino subito risulti l'unico elemento a colori del gioco. A poco a poco, proprio mentre Mortia inizierà a comprendere il senso della sua non-esistenza, altri segnali di "vita" compariranno intorno a lei, verso un cammino iniziatico di redenzione-realizzazione che scoprirà solo chi riuscirà a concludere l'avventura. I più curiosi vedranno poi un interessante parallelo simbolico col percorso acquatico compiuto <a href="http://atarimagari.blogspot.com/2011/07/today-i-die-celebra-lincomprensibile.html">dalla protagonista di Today I die</a>.<br />
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<a href="http://2.bp.blogspot.com/-NA-fIaMAEGk/TjSlNoUlhCI/AAAAAAAABB0/mmTIlGj-Ez4/s1600/majesty.png" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" height="226" src="http://2.bp.blogspot.com/-NA-fIaMAEGk/TjSlNoUlhCI/AAAAAAAABB0/mmTIlGj-Ez4/s400/majesty.png" width="400" /></a></div>
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<b>The Majesty of Colors</b> si presenta invece come un'avventura dinamica a bivi realizzata in <i>Flash</i>, basata su un albero di scelte e di finali multipli che potremmo definire "morali", relativi alle percezioni sempre più elaborate del mostruoso e tentacolare alter ego sottomarino che interpretiamo.<br />
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Anche in questo caso torna il tema ricorrente dell'acqua come elemento separatore tra la vita e la morte e, in particolare, è utile segnalare il momento emozionalmente più forte di tutta l'esperienza, per concludere la nostra analisi: la situazione iniziale presenta un mondo completamene incolore, con il gioco che di fatto comincia solo quando il mostro cattura uno dei palloncini che vagano nel cielo e lo conduce verso i suoi occhi. Osservandolo, acquisisce la reale percezione di ciò che lo circonda. Si innamora, appunto, della maestosità dei colori. Vuole vivere. Giocare. Come tutti noi, in fondo.<br />
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__________<br />
<sup><b>[1]</b></sup> Esiste una vastissima letteratura a riguardo, che va dalle suggestioni classiche di Wittgenstein e Goethe fino alle interessanti "monografie cromatiche" del medievalista francese <a href="http://en.wikipedia.org/wiki/Michel_Pastoureau">Michel Pastoreau</a>. Un'interessante introduzione al valore simbolico del colore può essere l'articolo "Le variazioni antropologico-culturali dei significati simbolici dei colori" di Caroline Pagani, <a href="http://www.ledonline.it/leitmotiv/allegati/leitmotiv010114.pdf">disponibile in pdf</a>.<br />
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<sup><b>[2]</b></sup> Uno dei modi tipici di "scimmiottare" il colore su schermi monocromatici era quello di apporre sul monitor delle mascherine plastificate trasparenti colorate, tecnica usata per esempio in coin-op come <i>Space Invaders</i> e nei giochi per la console <i>Vectrex</i>.AndreaPhttp://www.blogger.com/profile/16469452467698698115noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-5993243963647744234.post-49996991533324887872011-07-24T01:45:00.005+02:002016-09-15T18:48:06.645+02:00Conan il barbaro, dalla Marvel alla Dark Horse<b><i>di Andrea Pachetti</i></b><br />
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<a href="http://4.bp.blogspot.com/-okzdEs-3KZc/TiteDm-MWaI/AAAAAAAABBs/8NddpzeBOkQ/s1600/super_eroi_grandi_saghe50.jpg" imageanchor="1" style="clear: right; float: right; margin-bottom: 1em; margin-left: 1em;"><img border="0" height="355" src="https://4.bp.blogspot.com/-okzdEs-3KZc/TiteDm-MWaI/AAAAAAAABBs/8NddpzeBOkQ/s400/super_eroi_grandi_saghe50.jpg" width="230" /></a></div>
Conan, la più importante creazione di <a href="http://en.wikipedia.org/wiki/Robert_E._Howard">Robert E. Howard</a>, in questi ultimi anni sembra vivere una seconda giovinezza: da una parte il buon successo delle collane americane <a href="http://www.darkhorse.com/Zones/Conan">proposte dalla Dark Horse</a>, dall'altra <a href="http://www.imdb.com/title/tt0816462/">il nuovo film in arrivo</a>. Potrebbe dunque riproporsi (in parte) un processo analogo a quello che portò un oscuro personaggio di nicchia ai grandi risultati editoriali <a href="http://en.wikipedia.org/wiki/Conan_%28books%29">dei libri tascabili Lancer</a>, per poi espandersi nell'universo fumettistico della Marvel Comics e culminare nell'apoteosi visiva della pellicola di John Milius.<br />
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Il Conan a fumetti ha davvero una storia lunga e articolata: mentre Panini Comics ha annunciato in questo periodo una serie di ristampe relative al personaggio, una delle occasioni più recenti per ammirare le storie anni Settanta rimane la cinquantesima uscita della collana da edicola <i>Supereroi - Le Grandi Saghe</i>, del 2010.<br />
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Questo volume presenta i primi nove numeri dell'ormai epica <i>run</i> di Roy Thomas e di un giovane Barry Smith, che resero grande l'archetipo barbarico dei pulp magazine anche in Marvel: sebbene l'iconografia definitiva diverrà poi quella proposta da John Buscema, l'interpretazione di Windsor-Smith rimane una di quelle maggiormente vicine e coerenti al canone originario del bardo di Cross Plains.<br />
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<a name='more'></a>La caratteristica più interessante di questo albo è la postfazione di Roy Thomas stesso, in cui l'autore spiega le vicissitudini legate all'acquisizione dei diritti presso la Marvel: se. come progettato originariamente, fosse stato pubblicato il Thongor di Lin Carter invece di Conan, di sicuro la serie non avrebbe avuto lo stesso séguito. Meglio così, davvero. Thongor apparve comunque sulle testate Marvel, precisamente in alcuni numeri dell'antologico <a href="http://en.wikipedia.org/wiki/Creatures_on_the_Loose">Creatures on the Loose</a> (dal n. 22 al 29), disegnato soprattutto da Val Mayerik.<br />
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La <i>run</i> di Barry Smith comprende 22 numeri e la scelta di pubblicarne soltanto i primi 9 lascia purtroppo fuori gli esempi più maturi e artisticamente interessanti, ad esempio il doppio episodio con <a href="http://en.wikipedia.org/wiki/Elric_of_Melnibon%C3%A9">Elric di Melniboné</a> (nn. 14-15) e l'entusiasmante <i>"The Frost Giant's Daughter"</i> (n. 16). Un volume meno smilzo sarebbe stato davvero gradito, vista l'alta qualità del materiale originale: tra gli albi presenti, sicuramente <i>La torre dell'elefante</i> (tratta da un racconto di Howard stesso) è uno degli esempi meglio riusciti.<br />
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Venendo alle note dolenti, in questa edizione si utilizzano nuovamente gli impianti dell'ultima ristampa Dark Horse, già visti nei tre volumi italiani de <a href="http://www.paninicomics.it/web/guest/search_product?search=cronache+di+conan">"Le Cronache di Conan"</a>: il fastidioso aggiornamento<i> moderno</i> dei colori (opera dei Digital Chameleon) a cui sono state sottoposte le tavole originali è davvero un crimine. Usare la colorazione a gradienti computerizzati per delle illustrazioni anni '70 crea degli impasti pesanti e un vago senso di straniamento temporale, oltre a rovinare la leggerezza dell'equilibro nel tratto di Smith. Per il restauro dei colori sarebbe stato interessante invece seguire la lezione della DC Comics, <a href="http://www.dccomics.com/graphic-novels/jack-kirbys-fourth-world-omnibus-vol-1-0">che ad esempio su Kirby</a> ha fatto davvero un lavoro esemplare.<br />
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Al fine di espiare le proprie colpe, i dirigenti di Digital Chameleon dovrebbero essere torturati da Thoth-Amon dopo una dieta a base di loto nero e poi sacrificati a Bal-Sagoth.<br />
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Per Crom, che siano dannati in eterno.AndreaPhttp://www.blogger.com/profile/16469452467698698115noreply@blogger.com0