28 dicembre 2019

Il decennio alle spalle

di Andrea Pachetti


Fonte (Harrison/Getty Images)

Tornare in una casa disabitata da anni è sempre complicato, si finisce per perdere un sacco di tempo tra pulizie e lavori vari: di volta in volta bisogna notare quello che purtroppo si è rovinato irrimediabilmente a causa della muffa, quello che può essere salvato, ciò che si può gettare nell'immondizia e ciò che ha senso conservare ancora.

Forse vale lo stesso anche per una casa virtuale, di cui conviene accettare senza troppi convenevoli l'inevitabile obsolescenza; le ragnatele in cui si viene avvolti rileggendo tutto quello che ha ormai poco signifcato, che è sorpassato e divenuto inutile. Arriva sempre, prima o poi, il momento in cui una casa della memoria diventa per forza di cose anche una casa dell'oblio.

4 ottobre 2016

L'estro barocco di Jon Zack su Epic Illustrated (Marvel)

di Andrea Pachetti


I lettori italiani non hanno mai potuto percepire l'importanza di Epic Illustrated nei confronti della totalità delle produzioni della Marvel Comics: questa rivista fece da ponte tra i tradizionali magazine anni Settanta, prettamente a tema horror e avventuroso, e le nuove suggestioni grafiche portate da Heavy Metal, l'edizione americana di Métal Hurlant.

Così mentre nel nostro Paese, tra il 1980 e il 1981, la Corno iniziava a chiudere le varie testate dedicate ai supereroi, aprendo di fatto una crisi tematica che si sarebbe risolta solo parecchi anni dopo con l'Uomo Ragno della Star Comics, negli Stati Uniti sembrava invece dominare la scena un nuovo slancio creativo e "autoriale": Epic Illustrated, creatura dell'editor Archie Goodwin, propose le sue storie fino al 1986 e, nello stesso periodo, fu creata una vera e propria linea editoriale all'interno della Marvel (la Epic Comics, appunto) che presentava serie e miniserie creator-owned slegate dal tradizionale universo supereroistico, in modo da donare maggiore libertà espressiva agli artisti.

22 aprile 2016

"Il dynamico mondo di Go Nagai" di Fred Patten (1988)

di Andrea Pachetti

La copertina del Mazinger della First Comics
Tra le opere del filone robotico di Go Nagai, una che è sempre stata poco considerata nel nostro Paese (poiché purtroppo mai tradotta) è il Mazinger prodotto per il mercato americano e pubblicato alla fine del 1988 dalla First Comics.

Dal mio punto di vista invece questo fumetto in formato graphic novel riveste una particolare importanza, poiché denota l'attenzione di Nagai verso il mercato occidentale; Nagai in quel caso adattò il suo stile narrativo, l'uso del colore e dell'impostazione della pagina (con predominanza delle singole-doppie splash page) a un gusto molto diverso da quello nipponico.

Conosciuto dalla dirigenza Marvel sin dalla fine degli anni Settanta, Nagai venne poi ospitato sulle pagine di Epic Illustrated, il mensile d'autore della casa editrice americana, nell'giugno del 1983 con una storia breve (Oni) e una galleria di immagini.

Mentre nel 1983 ancora nessun fumetto giapponese era proposto negli Stati Uniti con continuità (i casi come Barefoot Gen erano più unici che rari), la situazione al momento dell'uscita di Mazinger era completamente diversa. Oltre alla stessa First, che aveva già pubblicato una ventina di numeri di Lone Wolf & Cub, un altro editore (La Eclipse) aveva iniziato a proporre periodicamente alcune serie in albi spillati, tra cui possiamo ricordare Kamui, Mai, Area 88, Xenon. Tutte queste serie sono note anche agli appassionati italiani, poiché andarono a formare il primo nucleo di testate proposte dalla Granata Press a partire dal 1990.

4 dicembre 2015

Star Wars (o meglio, "Guerre Stellari") nel 1977 in Italia

di Andrea Pachetti

(Fonte: Stampa Sera)
Nel dicembre di quest'anno l'ambizioso progetto di George Lucas relativo ai film di Star Wars, cioè la "trilogia di trilogie", inizierà a essere completato senza il suo autore originale, con la programmazione nei cinema del settimo episodio. Pur affermando il mio totale disinteresse verso questi recenti film, penso sia utile notare come la nuova serie sarà la prima a muoversi nel mondo 2.0 dei social media, con pubblicità martellanti, teaser e trailer sin dall'anno scorso.

Tutto ciò ha acceso (e utilizzo "acceso" come eufemismo) l'entusiasmo dei (vecchi, vecchissimi) fan, che covano la speranza di un ritorno alle origini dopo le critiche mosse ai prequel. E magari sperano anche di tornare un po' più giovani, chissà. La trilogia prequel, curata da Lucas in persona, appare in questo senso ormai obsoleta e cristallizzata in discussioni rabbiose di newsgroup e forum: Episodio I uscì nel 1999, mentre Episodio III nel 2005 quando è stato creato YouTube; il social network Facebook invece nacque giusto l'anno precedente.

Ragionando in prospettiva storica, in questo articolo vedremo come è stato accolto il primo Guerre Stellari in Italia, riferendoci come d'abitudine alla stampa d'epoca. Noteremo soprattutto la dicotomia tra il deciso entusiasmo del pubblico e certe prese di posizione pretestuose della critica, accanto alla difficoltà di incasellare questo film in un preciso genere o filone. Troppo frettolosamente accostato alla fantascienza, in realtà risultò maggiormente orientato verso una dimensione fiabesca, suggerita già dalle ripetizioni presenti nell'incipit ("La galassia lontana lontana"), assieme a una collocazione temporale posta in un indefinito (mitico) passato remoto ("Tanto tempo fa"). Ritengo che si tratti un errore analogo a chi tuttora continua a inserire nel genere fantasy, per certi accostamenti tematici e interpretazioni superficiali, Il Signore degli Anelli di J.R.R. Tolkien .

25 febbraio 2015

Anime e manga su Eureka della Corno (1979-1980)

di Andrea Pachetti

Se Barefoot Gen è stato uno dei primi esempi di manga tradotto e adattato negli Stati Uniti, per quanto riguarda il nostro Paese la situazione è stata condizionata dall'invasione di cartoni animati avvenuta a partire dal 1978 sugli schermi della Rai e delle private. In quegli anni nelle edicole si avvicendarono freneticamente decine di testate a fumetti (sia monografiche che antologiche), che presentavano storie per bambini tratte dalle avventure dei personaggi giapponesi.

Nella maggior parte dei casi queste storie erano realizzate da disegnatori italiani senza nessuna autorizzazione da parte degli autori giapponesi; alcune traevano ispirazione dalle vicende narrate nel cartone, altre invece narravano addirittura storie completamente inventate. L'unica eccezione a questa tendenza fu rappresentata dalla Fabbri che, per la propria pubblicazione relativa al Grande Mazinga, acquistò regolarmente i diritti della serie originale a fumetti di Go Nagai e Gosaku Ota. Successivamente una cosa analoga avvenne anche per la testata di Candy Candy, che negli anni diventò una delle riviste più longeve e durature per la Fabbri, arrivando a presentare anche i serial di Georgie e Lady Oscar.

Il Grande Mazinga, sebbene sia stato colorato, ribaltato per la lettura occidentale e adattato/tagliato in modo opinabile, rappresenta dunque il primo manga serializzato in Italia. Manga che, peraltro, è stato riproposto da vari editori: dall'edizione anni Novanta della Granata Press a quelle più recenti (e con lettura alla giapponese) di D/Visual e J-Pop.