4 dicembre 2015

Star Wars (o meglio, "Guerre Stellari") nel 1977 in Italia

di Andrea Pachetti

(Fonte: Stampa Sera)
Nel dicembre di quest'anno l'ambizioso progetto di George Lucas relativo ai film di Star Wars, cioè la "trilogia di trilogie", inizierà a essere completato senza il suo autore originale, con la programmazione nei cinema del settimo episodio. Pur affermando il mio totale disinteresse verso questi recenti film, penso sia utile notare come la nuova serie sarà la prima a muoversi nel mondo 2.0 dei social media, con pubblicità martellanti, teaser e trailer sin dall'anno scorso.

Tutto ciò ha acceso (e utilizzo "acceso" come eufemismo) l'entusiasmo dei (vecchi, vecchissimi) fan, che covano la speranza di un ritorno alle origini dopo le critiche mosse ai prequel. E magari sperano anche di tornare un po' più giovani, chissà. La trilogia prequel, curata da Lucas in persona, appare in questo senso ormai obsoleta e cristallizzata in discussioni rabbiose di newsgroup e forum: Episodio I uscì nel 1999, mentre Episodio III nel 2005 quando è stato creato YouTube; il social network Facebook invece nacque giusto l'anno precedente.

Ragionando in prospettiva storica, in questo articolo vedremo come è stato accolto il primo Guerre Stellari in Italia, riferendoci come d'abitudine alla stampa d'epoca. Noteremo soprattutto la dicotomia tra il deciso entusiasmo del pubblico e certe prese di posizione pretestuose della critica, accanto alla difficoltà di incasellare questo film in un preciso genere o filone. Troppo frettolosamente accostato alla fantascienza, in realtà risultò maggiormente orientato verso una dimensione fiabesca, suggerita già dalle ripetizioni presenti nell'incipit ("La galassia lontana lontana"), assieme a una collocazione temporale posta in un indefinito (mitico) passato remoto ("Tanto tempo fa"). Ritengo che si tratti un errore analogo a chi tuttora continua a inserire nel genere fantasy, per certi accostamenti tematici e interpretazioni superficiali, Il Signore degli Anelli di J.R.R. Tolkien .

25 febbraio 2015

Anime e manga su Eureka della Corno (1979-1980)

di Andrea Pachetti

Se Barefoot Gen è stato uno dei primi esempi di manga tradotto e adattato negli Stati Uniti, per quanto riguarda il nostro Paese la situazione è stata condizionata dall'invasione di cartoni animati avvenuta a partire dal 1978 sugli schermi della Rai e delle private. In quegli anni nelle edicole si avvicendarono freneticamente decine di testate a fumetti (sia monografiche che antologiche), che presentavano storie per bambini tratte dalle avventure dei personaggi giapponesi.

Nella maggior parte dei casi queste storie erano realizzate da disegnatori italiani senza nessuna autorizzazione da parte degli autori giapponesi; alcune traevano ispirazione dalle vicende narrate nel cartone, altre invece narravano addirittura storie completamente inventate. L'unica eccezione a questa tendenza fu rappresentata dalla Fabbri che, per la propria pubblicazione relativa al Grande Mazinga, acquistò regolarmente i diritti della serie originale a fumetti di Go Nagai e Gosaku Ota. Successivamente una cosa analoga avvenne anche per la testata di Candy Candy, che negli anni diventò una delle riviste più longeve e durature per la Fabbri, arrivando a presentare anche i serial di Georgie e Lady Oscar.

Il Grande Mazinga, sebbene sia stato colorato, ribaltato per la lettura occidentale e adattato/tagliato in modo opinabile, rappresenta dunque il primo manga serializzato in Italia. Manga che, peraltro, è stato riproposto da vari editori: dall'edizione anni Novanta della Granata Press a quelle più recenti (e con lettura alla giapponese) di D/Visual e J-Pop.

11 febbraio 2015

Barefoot Gen di Keiji Nakazawa e il mondo "post-atomico" giapponese

di Andrea Pachetti

Molti commentatori, nel corso degli anni, hanno sottolineato quanto l'immaginario giapponese sia stato suggestionato e condizionato dai bombardamenti atomici su Hiroshima e Nagasaki dell'agosto 1945, che posero fine alla Seconda guerra mondiale: dalla creazione di Gojira (Godzilla) agli infiniti "funghi" nucleari posti a corollario di ogni scoppio o esplosione negli anime.

Se il personaggio di Tetsuwan Atomu (Astro Boy) di Osamu Tezuka permetteva all'autore di indagare sulle discriminazioni e i pregiudizi introducendo un mondo popolato da umani e robot, senz'altro Atom aveva anche lo scopo di fornire una visione positiva degli impieghi dell'energia atomica, esorcizzando in parte il passato: peraltro, questo aspetto era riaffiorato in anni recenti in seguito alle polemiche riguardanti l'incidente di Fukushima.

A tali questioni aveva risposto Rumiko Tezuka, figlia del grande mangaka, affermando che Astro Boy semplicemente «rifletteva la società degli anni Cinquanta, quando l'energia atomica era una novità e si riteneva che il suo uso potesse rendere le persone felici».

30 gennaio 2015

"Gli intellettuali rovina dei fumetti?" (1968)

di Andrea Pachetti

Se gli anni Cinquanta, per i fumetti, rappresentarono un decennio pieno di polemiche e demonizzazioni strumentali, gli anni Sessanta possono senz'altro considerarsi invece quelli della loro consacrazione nell'ambito della cultura di massa: nel 1961 uscì il saggio I fumetti di Carlo Della Corte; nel 1964 Apocalittici e integrati, di Umberto Eco, nel 1965 il primo numero della rivista Linus. Si tenne nello stesso anno il 1° Salone Internazionale dei Comics a Bordighera, trasferitosi poi dall'edizione successiva a Lucca dove rimase, mietendo sempre maggiori consensi, fino al 1992.

Se si pensa che ciò pose fine alle polemiche si commette un errore, poiché risale al 1962 anche l'uscita del primo numero di Diabolik, archetipo del fumetto nero all'italiana che generò per tutto il decennio numerosi epigoni e altrettante denunce e sequestri, arrivando fino al processo di Milano dell'ottobre 1965.

Nello stesso modo si amplificò anche il dibattito sulle diverse visioni relative al mondo dei fumetti: quella nuova, più impegnata ed erudita propria degli intellettuali, contrapposta alla visione classica degli appassionati, nella quale la componente di divertimento ed evasione era ancora preponderante.

19 gennaio 2015

"I «fumetti» al convegno dei Cinque" (1954)

di Andrea Pachetti


Dopo aver analizzato il dibattito su Goldrake e i cartoni animati giapponesi, torniamo nuovamente agli anni Cinquanta per fornire un altro contributo allo studio delle polemiche sui fumetti, uno dei primi settori coinvolti nel conflitto generazionale tra adulti e ragazzi.