di Andrea Pachetti
Se Barefoot Gen è stato uno dei primi esempi di manga tradotto e adattato negli Stati Uniti, per quanto riguarda il nostro Paese la situazione è stata condizionata dall'invasione di cartoni animati avvenuta a partire dal 1978 sugli schermi della Rai e delle private. In quegli anni nelle edicole si avvicendarono freneticamente decine di testate a fumetti (sia monografiche che antologiche), che presentavano storie per bambini tratte dalle avventure dei personaggi giapponesi.
Nella maggior parte dei casi queste storie erano realizzate da disegnatori italiani senza nessuna autorizzazione da parte degli autori giapponesi; alcune traevano ispirazione dalle vicende narrate nel cartone, altre invece narravano addirittura storie completamente inventate. L'unica eccezione a questa tendenza fu rappresentata dalla Fabbri che, per la propria pubblicazione relativa al Grande Mazinga, acquistò regolarmente i diritti della serie originale a fumetti di Go Nagai e Gosaku Ota. Successivamente una cosa analoga avvenne anche per la testata di Candy Candy, che negli anni diventò una delle riviste più longeve e durature per la Fabbri, arrivando a presentare anche i serial di Georgie e Lady Oscar.
Il Grande Mazinga, sebbene sia stato colorato, ribaltato per la lettura occidentale e adattato/tagliato in modo opinabile, rappresenta dunque il primo manga serializzato in Italia. Manga che, peraltro, è stato riproposto da vari editori: dall'edizione anni Novanta della Granata Press a quelle più recenti (e con lettura alla giapponese) di D/Visual e J-Pop.
25 febbraio 2015
11 febbraio 2015
Barefoot Gen di Keiji Nakazawa e il mondo "post-atomico" giapponese
di Andrea Pachetti
Molti commentatori, nel corso degli anni, hanno sottolineato quanto l'immaginario giapponese sia stato suggestionato e condizionato dai bombardamenti atomici su Hiroshima e Nagasaki dell'agosto 1945, che posero fine alla Seconda guerra mondiale: dalla creazione di Gojira (Godzilla) agli infiniti "funghi" nucleari posti a corollario di ogni scoppio o esplosione negli anime.
Se il personaggio di Tetsuwan Atomu (Astro Boy) di Osamu Tezuka permetteva all'autore di indagare sulle discriminazioni e i pregiudizi introducendo un mondo popolato da umani e robot, senz'altro Atom aveva anche lo scopo di fornire una visione positiva degli impieghi dell'energia atomica, esorcizzando in parte il passato: peraltro, questo aspetto era riaffiorato in anni recenti in seguito alle polemiche riguardanti l'incidente di Fukushima.
A tali questioni aveva risposto Rumiko Tezuka, figlia del grande mangaka, affermando che Astro Boy semplicemente «rifletteva la società degli anni Cinquanta, quando l'energia atomica era una novità e si riteneva che il suo uso potesse rendere le persone felici».
Molti commentatori, nel corso degli anni, hanno sottolineato quanto l'immaginario giapponese sia stato suggestionato e condizionato dai bombardamenti atomici su Hiroshima e Nagasaki dell'agosto 1945, che posero fine alla Seconda guerra mondiale: dalla creazione di Gojira (Godzilla) agli infiniti "funghi" nucleari posti a corollario di ogni scoppio o esplosione negli anime.
Se il personaggio di Tetsuwan Atomu (Astro Boy) di Osamu Tezuka permetteva all'autore di indagare sulle discriminazioni e i pregiudizi introducendo un mondo popolato da umani e robot, senz'altro Atom aveva anche lo scopo di fornire una visione positiva degli impieghi dell'energia atomica, esorcizzando in parte il passato: peraltro, questo aspetto era riaffiorato in anni recenti in seguito alle polemiche riguardanti l'incidente di Fukushima.
A tali questioni aveva risposto Rumiko Tezuka, figlia del grande mangaka, affermando che Astro Boy semplicemente «rifletteva la società degli anni Cinquanta, quando l'energia atomica era una novità e si riteneva che il suo uso potesse rendere le persone felici».
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