di Andrea Pachetti
Tra i libri e i saggi pubblicati durante gli anni Settanta in Italia ho sempre trovato molto interessante il piccolo cartonato «Il Fumetto», presentato sulla collana «Grandi Temi» dell'Istituto Geografico De Agostini. Questa collana era la traduzione di un'omologa serie spagnola intitolata «Biblioteca Salvat de Grandes Temas», uscita appunto per la Salvat Editores.
In particolare, il volume «Il Fumetto» fu curato da Román Gubern e nell'edizione originale si intitolava «Literatura de la imagen»; pur in parte adattato alla realtà italiana, sia nei testi che nella cornice iconografica, il saggio conservava anche da noi la struttura bipartita dell'originale spagnolo: da una parte si analizzavano la funzione e il linguaggio dei fumetti, dall'altra se ne tracciava un'evoluzione storica, dagli inizi fino agli autori contemporanei.
Una delle parti più interessanti del volume a mio parere era una lunga intervista a Claude Moliterni, grande esperto francese dell'argomento. Dato che uno degli scopi di questo blog è sempre stato, sin dall'inizio, analizzare la memoria storica degli eventi per evitarne l'oblio, ho pensato di fare cosa gradita riproducendo e rielaborando l'intervista in toto, come omaggio a questo ricercatore e divulgatore dei comics. Ho notato infatti che non sono presenti molti approfondimenti in Rete a riguardo, aggiungendo a questo la triste fine di parte del suo materiale di studio, documentata fotograficamente poco dopo la sua morte.
La rielaborazione di cui parlavo consiste nella correzione di alcuni errori di stampa e l'aggiunta di note chiarificatrici a piè di pagina; a ciò si aggiungono i rimandi a varie fonti esterne (soprattutto Wikipedia inglese e francese) ogni volta che viene citata una certa opera o autore. Sperando di non ledere i diritti di copyright di alcuno proponendo questo scritto che ha oltre quarant'anni di età e che viene presentato esclusivamente per motivi di studio, segnalo che gli spunti d'interesse suscitati dal testo sono molteplici, non ultime le previsioni sul futuro dei fumetti, alcune delle quali puntualmente avverate. L'intervista è stata probabilmente realizzata nel 1973, anno di pubblicazione del volume spagnolo.
Intervista a cura di Pierre Kister
Traduzione a cura di Marco Massoli
(c) 1973 Salvat Editores S.A.
(c) 1976 Istituto Geografico De Agostini S.p.A.
Claude Moliterni
Nato il 21 novembre 1932; è autore di comics e di storie illustrate, e redattore insieme a Pierre Couperie e a Henry Filippini della Encyclopédie de la Bande Dessinée (ottobre 1974); fondatore e redattore capo di Phénix, l'unica rivista francese specializzata in fumetti; direttore letterario della edizioni Dargaud; redattore capo di Lucky Luke, direttore letterario di Pilote, e collaboratore di Tin Tin; dirige inoltre la collezione Serg, una collana di ristampe delle opere più significative dell'epoca d'oro del comic.
Moliterni dedica molto del suo tempo a presentare e propagandare il comic di qualità e la migliore letteratura per immagini. Dal novembre 1964 ha organizzato 117 mostre di fumetti, presentate in tutto il mondo complessivamente in 11 musei tra i quali è doveroso ricordare il Musée des Arts Décoratifs di Parigi, la Kunsthalle di Berlino e il Museo de Arte di San Paolo del Brasile.
Si occupa attivamente dell'organizzazione professionale: infatti è presidente della Société Française des Bandes Dessinées e della SOCERLID (Société d'étude et de recherche des Littératures Dessinées); ha organizzato, da solo o in collaborazione con altri esperti, il Congresso di Lucca - di cui si è tenuta nel 1975 l'undicesima edizione -, il salone di Angoulême, le Soirées della Société Française des Bandes Dessinées presso il Musée des Arts Décoratifs e la Convenzione del Comic Alla Mutualité di Parigi (per il sesto anno consecutivo).
Nel campo dell'immagine esiste un tipo di letteratura, il comic, che ha avuto un grande successo fin dalla sua prima comparsa. La sua vitalità è enorme e, fino a oggi, ha saputo adattarsi a tutti i cambiamenti, sia formali che ideologici, che si sono succeduti vertiginosamente nel nostro tempo. Sul significato del comic, sulla sua situazione oggi e sui suoi problemi, ci parla una persona altamente qualificata come Claude Moliterni.
Quali sono le origini del comic?
Il comic apparve per la prima volta in Germania alla fine del secolo scorso; si tratta di un grande classico del comic intitolato Max und Moritz, di Wilhelm Busch, che divertì i tedeschi per alcuni anni e che in seguito ispirò un autore americano, Knarr[1], il creatore de The Katzenjammer Kids. Alcuni storici sostengono invece che il comic nacque negli Stati Uniti con Yellow Kid, una sorta di cinesino vestito di giallo, presentato su pagina intera; in realtà, però, non si trattava assolutamente di un comic.
In Francia e in Germaia ebbero un successo strepitoso rispettivamente Christophe ("La Famille Fenouillard", "Le Sapeur Camember") e Busch. Quindi possiamo affermare che il fumetto è nato in Europa, ma poi fu abilmente recuperato agli inizi del secolo dagli statunitensi con autori favolosi, come Windsor McKay, creatore di una delle più belle serie, il sempre attuale Little Nemo in Slumberland. Di questo capolavoro ho curato la riedizione quattro anni fa[2] presso la casa editrice Pierre Horay.
Le storie illustrate hanno preso il nome di comics poiché, per 25 anni, furono essenzialmente di argomento comico. Fu solo nel 1929, infatti, che apparve il primo comic realistico, Tarzan di Harold Foster, ispirato all'opera di Burroughs.
Negli Stati Uniti l'epoca d'oro dei comics abbraccia il periodo che va dal 1929 al 1940. Potrei ricordare, ad esempio, Flash Gordon, un'opera straordinaria di fantascienza, in cui già non appaiono più le classiche vignette. Poi fanno la loro comparsa anche le grandi storie di avventure, con serie come quella di Jungle Jim (il white hunter della giungla, sempre a caccia di belve), le storie di banditi, in linea con la tradizione del romanzo popolare dell'epoca, così come la serie poliziesca Secret Agent X-9, scritta da Dashiell Hammett, uno degli autori più prestigiosi del romanzo poliziesco.
Pertanto tra il cinema e la letteratura degli anni Trenta (James Cain, Raymond Chandler) e i comics esiste un rapporto davvero molto stretto. Ed è proprio in questo periodo che i fumetti hanno cominciato ad acquistare una loro rilevanza, ad abbracciare l'avventura poliziesca e di fantascienza, mentre continuava a essere coltivato, naturalmente, il primitivo genere comico.
A quale livello e in quale genere della letteratura nel suo complesso collocherebbe il comic?
Questo è un problema che pone grosse difficoltà. Credo che il comic sia una forma di arte popolare che non può essere classificata con precisione. dato che presenta diversi moduli espressivi: esistono storie per ragazzi, per bambini, per adulti... Comunque bisogna riconoscere che oggi alcuni autori si sforzano di dare al fumetto dignità letteraria.
Quali sono questi autori? Abbiamo ad esempio Hugo Pratt, un autore eccezionale, che ha scritto un comic dal titolo Corto Maltese, collocabile nella tradizione di Melville e di Stevenson, e Jean-Claude Forest, il creatore di Barbarella, che oggi scrive con un linguaggio molto preciso e ricercato un fumetto dal titolo Hypocrite. Autori simili possiedono un profondo senso del linguaggio.
Accanto a essi c'è poi un numeroso gruppo di "intellettuali": ad esempio l'italiano Crepax e Jules Feiffer, i cui testi possono essere paragonati tranquillamente a qualunque lavoro letterario.
All'inizio il fumetto era un fenomeno marginale, poi la gente è rimasta colpita dal suo aspetto dinamico. Qual è oggi la reazione del pubblico?
Su questo aspetto, parto dal principio che la gente legge il comic senza "vederlo" veramente, date le ridotte dimensioni delle immagini. Proprio per questo motivo, infatti, fotografai e ingrandii le immagini fino a farne dei pannelli di notevole formato, poi organizzammo le mostre; la gente vide cose che non aveva mai osservato veramente con attenzione e scoprì l'esistenza di grandi artisti tra gli autori a fumetti.
Alcuni possiedono tecniche identiche a quelle dei grandi pittori italiani del Rinascimento. Ecco che si scopre che Hogarth, il disegnatore di Tarzan, lavorava applicando la "sezione aurea"; Milton Caniff, che si rivelò uno dei maestri del disegno in bianco e nero, ha presentato una mostra delle sue creazioni ad Angoulême nel 1973. I giornalisti e i critici d'arte che intervennero alla mostra rimasero stupefatti nel vedere la qualità grafica ed estetica dei suoi disegni ingranditi fino a tre metri di lato.
Abbiamo tenuto mostre nei maggiori musei del mondo: al Louvre di Parigi, al Metropolitan di New York, al Museo de Arte di San Paolo in Brasile, all'Akademie der Kunst a Berlino, All'Instituto de Arte Contemporáneo di Madrid, a Helsinki, in Giappone; insomma, in ogni parte del mondo. Le dimostrazioni che abbiamo dato sul piano storico, tecnico, estetico e sociologico hanno provato che il comic è un'arte popolare con propri mezzi espressivi.
Fino a poco tempo fa si diceva: «è dannoso, è scritto male...» Ma questo accade anche con la letteratura e il cinema: ci sono cose buone e cose cattive.
Quindi il fumetto sarebbe un genere artistico-letterario, poiché non è soltanto letterario...
Goscinny e Uderzo, per esempio, sono autori che si completano a vicenda in maniera meravigliosa. Gli albi di Astérix hanno raggiunto un milione e mezzo di copie in Francia, un milione e trecentomila in Italia, e così ovunque. Quindi non si tratta di un fenomeno locale... Questo successo internazionale è dovuto al fatto che abbiamo un grande umorista, René Goscinny, e un grande disegnatore, Albert Uderzo. Oggi Goscinny pubblica, su un giornale della domenica, le strisce di uno dei suoi personaggi. Iznogoud. Come risultato, la tiratura di questo giornale è aumentata in misura considerevole.
Com'è possibile stabilire la qualità di un comic? Esiste un criterio determinato?
Sul piano letterario, indubbiamente, è molto difficile stabilire un criterio. Dal punto di vista della grafica, se si ha un certo gusto, almeno si può giudicare il valore di un disegno; quanto al contenuto, già si entra in un campo più difficile. Come nel caso di un film possiamo domandarci: il soggetto, i dialoghi sono buoni? Un criterio può essere dato dal successo, dall'accoglienza generale del pubblico.
Se prendiamo, ad esempio, Blueberry, scritto da Jean-Michel Charlier e disegnato da Giraud, sappiamo che questo comic riscuote successo notevole nel mondo intero. Nel fumetto non è sufficiente collocare un disegno dopo l'altro, esistono altri mezzi di scrittura: il soggettista costruisce il testo secondo tecniche molto precise, mentre l'autore del disegno racconta in una determinata maniera con mezzi espressivi personalissimi.
Inoltre bisogna tener presente l'inquadratura della vignetta. Certi critici dicono: «I comics sono uguali alle immagini del cinema di animazione: hanno copiato tutto di lì». Ma è un'affermazione falsa, perché il cinema è apparso molto più tardi dei fumetti. La cinepresa è rimasta con l'obiettivo fisso per 25 anni. Se esaminiamo con attenzione Little Nemo, pubblicato nel 1905, troviamo già la ripresa panoramica, lo schermo brillante, le immagini multiple con lo sdoppiamento delle figure.
Prendiamo, dunque, l'immagine narrativa in sé, l'immagine senza testo che annuncia un'azione o ne prefigura altre diverse; e nel momento in cui noi operiamo la sintesi del testo della nuvoletta, dell'inquadratura o dell'immagine narrativa, osserviamo che il comic combina due forme di racconto: quella del soggettista e quella del grafico.
Come spiega il successo di massa e l'enorme diffusione dei comics?
Finora non è stato possibile dare una valutazione neppure approssimativa del numero dei lettori, ad eccezione degli Stati Uniti dove, nel 1952, vennero fatte alcune stime da parte di un sociologo di nome Barcus[3]. In Europa non disponiamo ancora di mezzi adeguati per farlo e quindi non voglio assolutamente arrischiarmi su un terreno tanto delicato.
Lei crede che i comics riscuotano maggior successo tra le persone più sprovvedute sul piano culturale?
Esistono fumetti di basso livello, prodotti con frettolosa approssimazione e con intenti bassamente commerciali, destinati a un pubblico di scarsa preparazione culturale. Esiste poi un pubblico di ragazzi, che tende però a scomparire, perché ho l'impressione che si senta molto più attratto dagli audiovisivi. C'è ancora comunque una categoria di adulti che ha nostalgia della produzione fumettistica degli anni Cinquanta, per non parlare di chi rimpiange addirittura gli anni Trenta e che resta quindi fedele al comic.
Alle grandi manifestazioni, alle mostre, vediamo soltanto persone dai diciassette anni in su; i più piccoli non si fanno vedere perché sono i genitori che si preoccupano degli acquisti. Non si riesce a sapere se il bambino preferisce un determinato personaggio o un altro. Soltanto dai dodici anni in su possiamo sapere realmente se il bambino si interessa dei comics.
Quale differenza trova tra il comic e il fotoromanzo?
Fino a oggi il fotoromanzo si è limitato a illustrare un certo tipo di romanzo rosa oppure storico, L'estetica pura del comic non ha niente a che vedere con il fotoromanzo; questo può essere realizzato con cinquanta fotografi diversi, per cui non si riesce mai a sapere qual è il "tocco" del maestro, mentre guardando un comic firmato da Jean Giraud, da Albert Uderzo, da Jijé o da Hugo Pratt, si scopre tutto un universo creato dalla grafica. È questa la fondamentale differenza.
Le sue affermazioni implicano che il comic ha un suo peso culturale...
Indubbiamente, ne sono convinto. Per esempio da una lettura attenta di una storia di Hugo Pratt si può imparare come dalla lettura di un testo letterario.
L'enorme diffusione del mezzo televisivo e il fascino che esso esercita non svolgono un ruolo preciso nell'evoluzione dei comics?
Negli anni Trenta il cinema, o meglio l'incidenza del cinema, era limitata; non c'era la televisione e i giovani vivevano quasi esclusivamente di fumetti. Le tirature erano favolose: in Francia, ad esempio, si parlava di settecento o ottocentomila copie settimanali per ogni titolo, e di questi ve ne esistevano più di quindici. Poi è arrivata la televisione, ha condizionato i giovani offrendo loro storie complete, racconti che durano mezz'ora o un'ora al massimo, con un eroe che in questo spazio di tempo inizia e conclude la sua avventura. Ecco perché il pubblico non accettava più di leggere una, due o tre pagine alla settimana, voleva una storia completa.
Con il passare del tempo i lettori si sono comunque resi conto che in questo modo diminuiva moltissimo l'interesse per i personaggi. Spiegare tutta una storia in dieci pagine è difficilissimo: bisogna introdurre l'azione, rappresentare i vari personaggi, il protagonista... e quando è tutto fatto siamo già alla fine della storia. Il pubblico allora ha cambiato di nuovo il suo atteggiamento, ora accetta storie divise in episodi di dieci pagine sulle quali può seguire i suoi comics preferiti per settimane o per mesi addirittura.
La televisione ha formato tutto un suo pubblico di giovani. Sono ormai dieci anni che teniamo annualmente il festival di Lucca, e sono tre anni che abbiamo inserito nel programma i cartoni animati, per cui pensiamo che entro cinque o sei anni, quando saranno più diffusi il video-disco e il video-tape, potremo cambiare sistema. Forse abbandoneremo la carta per lavorare sul disco e sulla banda magnetica. Sarà un altro tipo di narrazione. Comunque rimarranno sempre gli albi a fumetti, così come continueranno a esistere le opere letterarie dei grandi autori.
Attualmente il giovane esita. Quando vediamo alla televisione il trionfale successo di vecchie serie dei comics, se ne deduce che si sta producendo un cambiamento fra i giovani, i quali preferiscono assestarsi su posizioni di passività: per i giovani d'oggi è più comodo premere un pulsante che voltare le pagine di un albo.
L'audiovisivo sta trasformando tutto un pubblico. Io dico agli editori di comics: «preoccupiamoci; dobbiamo prevedere, per l'avvenire, altri sistemi di diffusione oltre alle tradizionali pubblicazioni settimanali o mensili, altrimenti un giorno saremo completamente superati».
Lei crede che esista una differenza nella concentrazione dell'informazione, dati i mezzi impiegati dagli audiovisivi, tra la storia vista una sola volta alla televisione e quella che uno compra e può vedere e leggere varie volte?
Sì, certamente. Se affrontiamo la questione da un punto di vista pedagogico basta riflettere su quanto accade durante una lezione di scienze naturali che tratti, per esempio, del volo di un'anitra: il libro in cui sia raffigurata un'anitra che vola permette di tornare indietro e soffermarsi sull'immagine quante volte sia necessario. Si immagini l'incidenza che un sistema di questo tipo può avere!
L'utilizzazione dei comics nella didattica è una questione che mi sta molto a cuore. Presto comincerò a collaborare con un editore di testi scolastici. Appronteremo strisce da brani scelti, per esempio, dalla Farce de Maître Pathelin e poi dalla Chanson de Roland. Stiamo preparando un personaggio ce spiegherà ai giovani come si può mettere in funzione un impianto telefonico. Abbiamo anche progettato un corso di lezioni propedeutiche al latino. Ormai si è cominciato a utilizzare comics a scopo didattico: alcuni autori di grammatiche li impiegano già.
Qual è la sua opinione sull'influenza dei movimenti underground nel campo dei comics?
Il movimento underground è in atto negli Stati Uniti dal 1959 anche se certi storici ne fanno risalire la nascita soltanto al 1964. In quel paese, il comic è nelle mani dei Syndicates, potenti agenzie di stampa che ne esercitano un vero e proprio monopolio. Ma è apparsa una nuova scuola di giovani disegnatori, con una diversa opinione politica ecc., i quali, quando hanno tentato di esprimersi, hanno dovuto fae i conti con i Syndicates e ne sono stati respinti. Allora questi nuovi autori hanno creato i loro giornali e propri canali di distribuzione.
Tra loro vanno ricordati: Robert Crumb, Moscoso, Vod Bonnie[4] e altri. Hanno pubblicato numeri come Zap, Zap number one, two ecc. e hanno rivoluzionato il comic negli Stati Uniti. Gli iniziatori del movimento non erano più di dieci, ma molti altri li hanno copiati e in un certo modo deformati. Ora il pubblico si trova di fronte a una vera a propria fioritura di giornali che giustificano qualunque cosa e alterano il messaggio politico degli autori originali.
Attualmente si può affermare che il comic underground non esiste più negli Stati Uniti, o meglio, che è stato abilmente "recuperato" dai Syndicates. Il movimento underground è stato un'esplosione e un fallimento. Comunque alcuni autori sono rimasti fedeli alle loro idee, come ad esempio Robert Crumb, che è tornato a fumare hascisc e vive in miseria a San Francisco, lasciandosi sfruttare in modo vergognoso da astuti agenti letterari.
Uno dei suoi successi è stato Fritz the Cat, venduto in tutto il mondo. Hanno sfruttato il personaggio e l'autore non ha avuto mai un centesimo. Crumb è l'unico ad aver avuto il coraggio di resistere e di rimanere fedele alle proprie idee.
Cosa pensa del comic di tipo rivoluzionario così frequente in certi paesi del Terzo Mondo?
È il mezzo più idoneo per arrivare alle masse e credo che, se ben maneggiato, possa farsi portatore di idee politiche.
Se un libro è in grado di suscitare la discussione, l'immagine - secondo Truffaut - ha un così alto potere di suggestione che la manipolazione può avere un effetto addirittura dirompente.
Sono completamente d'accordo. Questa manipolazione ha già funzionato e funziona a livello concreto specialmente nell'ambito della lotta politica. Abbiamo visto come in Portogallo e in Grecia, prima della caduta dei rispettivi regimi dittatoriali, il comic veniva impiegato a questi fini. Comunque tutto è cominciato negli Stati Uniti con l'underground, che ha creato fumetti politici molto aggressivi.
Signor Moliterni, lei afferma che i comics sono destinati sempre di più ai lettori adulti. Non esiste tra gli autori una corrente favorevole al ritorno ai bambini?
Io scrivo testi e insieme al mio disegnatore, Robert Gigi, mi sono posto anch'io il problema. Noi facciamo comics per bambini, con molti elementi fantastici, sogni, immagini oniriche... Dunque ci rivolgiamo direttamente ai piccoli, e li raggiungiamo, dato che la madre compra questo prodotto che, secondo il suo parere (che è anche i nostro), è adatto a suo figlio.
Tuttavia questo evidenzia il fatto che ancora non abbiamo trovato una soluzione corretta perché, come si deduce da quanto ho detto, non è il bambino che decide quando compra un fumetto, ma i genitori.
In certi fumetti esistono dosi eccessive di erotismo, di sadomasochismo e di violenza. Si pone, quindi, il problema dell'autocontrollo, della censura. Qual è la sua opinione in merito?
Io credo che per anni siamo stati vittime della censura, una censura rigida che non comprendeva i problemi dei fumetti e che ha agito in maniera assolutamente assurda. Ci furono strisce che vennero proibite perché il colore era aggressivo! Poi questa censura è divenuta più blanda e questo ha permesso allora la comparsa degli eccessi. Così sono comparsi comics che eccedevano in particolari catastrofici, per esempio, o orrorifici. In Francia vennero pubblicati comics abbastanza deliranti che, naturalmente, riscossero un successo enorme.
Inizialmente io ero contrario, ma ora non lo sono più, perché questi fumetti ormai si sono sfogati e adesso, dato che è permesso tutto, sono diventati quasi normali. Incontriamo di nuovo gli autori che erano scomparsi per raccontarci queste storie "deliranti", ma ora ritornano col sorriso sulle labbra a raccontarci storie piacevoli.
Qual è la prevedibile evoluzione dei comics e cosa ci riserva il futuro?
Sembra che la tendenza del comic vada verso una politicizzazione crescente e verso livelli di maggiore qualità. Ad esempio, in Francia, dal 1968, gli autori di fumetti si sono inseriti nella politica, ed esiste una sorta di rivoluzione che li ha spinti a esprimersi con più maturità. Ritengo che in futuro questi autori - che sono grandi artisti - miglioreranno ancora la loro arte. Durante gli ultimi sei anni l'evoluzione è stata notevole, sia in Europa che negli Stati Uniti. E l'Europa ha prodotto comics di grande qualità.
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[1] In realtà il creatore di Katzenjammer Kids fu Rudolph Dirks, Harold Knerr subentrò solo a partire dal 1914.
[2] Quindi nel 1969.
[3] Ci si riferisce in tutta probabilità allo scritto The World of Sunday Comics di Francis E. Barcus, presente sul volume The Funnies: An American Idiom del 1963 e citato anche da Umberto Eco in Apocalittici e integrati.
[4] Forse ci si riferisce a Vaughn Bodē (1941-1975).
Caro Andrea, voglio ringraziarti prima ancora di ri-leggere l'intervista.
RispondiEliminaFigure - persone! - importanti come Claude Moliterni (cui fu dedicata una piccola mostra a un Torino Comics, forse l'edizione del 2012) non dovrebbero essere dimenticate, non si dovrebbe parlar di loro solo quando accadono fatti incresciosi come la tristissima fine che qualche idiota irresponsabile fece fare al suo prezioso archivio...
Quindi grazie di cuore per il tuo lavoro, sempre puntuale, utile, piacevole e soprattutto importante.
Un abbraccio
Orlando
Grazie, Orlando, per le belle parole. Sì, il senso è proprio questo: mi auguro che, pur trattandosi di un piccolo blog, valga comunque il detto per cui scripta manent, cioè che questa intervista sia una lettura utile per qualcuno anche in futuro. Un saluto
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