di Andrea Pachetti
Conan, la più importante creazione di Robert E. Howard, in questi ultimi anni sembra vivere una seconda giovinezza: da una parte il buon successo delle collane americane proposte dalla Dark Horse, dall'altra il nuovo film in arrivo. Potrebbe dunque riproporsi (in parte) un processo analogo a quello che portò un oscuro personaggio di nicchia ai grandi risultati editoriali dei libri tascabili Lancer, per poi espandersi nell'universo fumettistico della Marvel Comics e culminare nell'apoteosi visiva della pellicola di John Milius.
Il Conan a fumetti ha davvero una storia lunga e articolata: mentre Panini Comics ha annunciato in questo periodo una serie di ristampe relative al personaggio, una delle occasioni più recenti per ammirare le storie anni Settanta rimane la cinquantesima uscita della collana da edicola Supereroi - Le Grandi Saghe, del 2010.
Questo volume presenta i primi nove numeri dell'ormai epica run di Roy Thomas e di un giovane Barry Smith, che resero grande l'archetipo barbarico dei pulp magazine anche in Marvel: sebbene l'iconografia definitiva diverrà poi quella proposta da John Buscema, l'interpretazione di Windsor-Smith rimane una di quelle maggiormente vicine e coerenti al canone originario del bardo di Cross Plains.
La caratteristica più interessante di questo albo è la postfazione di Roy Thomas stesso, in cui l'autore spiega le vicissitudini legate all'acquisizione dei diritti presso la Marvel: se. come progettato originariamente, fosse stato pubblicato il Thongor di Lin Carter invece di Conan, di sicuro la serie non avrebbe avuto lo stesso séguito. Meglio così, davvero. Thongor apparve comunque sulle testate Marvel, precisamente in alcuni numeri dell'antologico Creatures on the Loose (dal n. 22 al 29), disegnato soprattutto da Val Mayerik.
La run di Barry Smith comprende 22 numeri e la scelta di pubblicarne soltanto i primi 9 lascia purtroppo fuori gli esempi più maturi e artisticamente interessanti, ad esempio il doppio episodio con Elric di Melniboné (nn. 14-15) e l'entusiasmante "The Frost Giant's Daughter" (n. 16). Un volume meno smilzo sarebbe stato davvero gradito, vista l'alta qualità del materiale originale: tra gli albi presenti, sicuramente La torre dell'elefante (tratta da un racconto di Howard stesso) è uno degli esempi meglio riusciti.
Venendo alle note dolenti, in questa edizione si utilizzano nuovamente gli impianti dell'ultima ristampa Dark Horse, già visti nei tre volumi italiani de "Le Cronache di Conan": il fastidioso aggiornamento moderno dei colori (opera dei Digital Chameleon) a cui sono state sottoposte le tavole originali è davvero un crimine. Usare la colorazione a gradienti computerizzati per delle illustrazioni anni '70 crea degli impasti pesanti e un vago senso di straniamento temporale, oltre a rovinare la leggerezza dell'equilibro nel tratto di Smith. Per il restauro dei colori sarebbe stato interessante invece seguire la lezione della DC Comics, che ad esempio su Kirby ha fatto davvero un lavoro esemplare.
Al fine di espiare le proprie colpe, i dirigenti di Digital Chameleon dovrebbero essere torturati da Thoth-Amon dopo una dieta a base di loto nero e poi sacrificati a Bal-Sagoth.
Per Crom, che siano dannati in eterno.
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