di Andrea Pachetti
È possibile giungere al romanzo di E.L. Doctorow partendo da molti luoghi, che necessitano talvolta di percorsi tortuosi e obliqui: si può analizzare per esempio il Sistema degli oggetti di Baudrillard, uno dei testi di riferimento dell'argomento, per poi arrivare alle estreme aberrazioni, proprie di un approccio alla realtà oggettiva completamente errato. Esiste davvero un mondo in cui sono gli oggetti a possedere le persone e non viceversa?
Doctorow situa il suo romanzo storico nel novecento americano, sfruttando (con molte licenze) la reale storia dei fratelli Collyer di New York per costruire un affresco globale della società in evoluzione: i suoi rapporti con la musica, le controculture, la guerra, il razzismo e la tecnologia. L'autore si serve quindi dell'estrema fascinazione suscitata da due personaggi davvero borderline, al fine di fornire uno sguardo inedito verso eventi storici più o meno noti, oltre a indagare nella psicologia immaginaria dei due protagonisti e nelle loro reciproche interazioni.
14 agosto 2011
31 luglio 2011
Alcune variazioni nello spettro ludo-cromatico delle avventure interattive
di Andrea Pachetti
L'analisi del concetto di colore è senz'altro una complicata materia interdisciplinare, che può attraversare ogni settore del sapere: dagli àmbiti più scientifici e rigorosi (l'antropologia culturale e la filosofia metafisica) a concetti più pragmatici e quotidiani (psicologia comportamentale, marketing, pubblicità), fino a giungere alle risibili pseudo-scienze di confine.
Una seria trattazione del tema ovviamente esula dagli intenti di un breve post[1] da blog: sarà sufficiente poter utilizzare come premessa un dualismo di base, secondo il quale il colore è da ritenersi certo una pura percezione visiva, percezione che però va considerata come un semplice elemento, inserito in un processo più ampio di sollecitazioni simbolico-sensoriali capaci di coinvolgere molti altri fattori, posti su vari livelli di conoscenza.
Il colore è strettamente legato alle suggestioni offerte da ogni forma di produzione artistica e visiva; in questo senso, anche i videogiochi fanno parte del rapporto comunicativo che sussiste tra l'oggetto e l'osservatore, che in questo caso specifico cessa di essere il semplice fruitore passivo dell'opera, per diventarne uno degli attori protagonisti.
L'analisi del concetto di colore è senz'altro una complicata materia interdisciplinare, che può attraversare ogni settore del sapere: dagli àmbiti più scientifici e rigorosi (l'antropologia culturale e la filosofia metafisica) a concetti più pragmatici e quotidiani (psicologia comportamentale, marketing, pubblicità), fino a giungere alle risibili pseudo-scienze di confine.
Una seria trattazione del tema ovviamente esula dagli intenti di un breve post[1] da blog: sarà sufficiente poter utilizzare come premessa un dualismo di base, secondo il quale il colore è da ritenersi certo una pura percezione visiva, percezione che però va considerata come un semplice elemento, inserito in un processo più ampio di sollecitazioni simbolico-sensoriali capaci di coinvolgere molti altri fattori, posti su vari livelli di conoscenza.
Il colore è strettamente legato alle suggestioni offerte da ogni forma di produzione artistica e visiva; in questo senso, anche i videogiochi fanno parte del rapporto comunicativo che sussiste tra l'oggetto e l'osservatore, che in questo caso specifico cessa di essere il semplice fruitore passivo dell'opera, per diventarne uno degli attori protagonisti.
24 luglio 2011
Conan il barbaro, dalla Marvel alla Dark Horse
di Andrea Pachetti
Conan, la più importante creazione di Robert E. Howard, in questi ultimi anni sembra vivere una seconda giovinezza: da una parte il buon successo delle collane americane proposte dalla Dark Horse, dall'altra il nuovo film in arrivo. Potrebbe dunque riproporsi (in parte) un processo analogo a quello che portò un oscuro personaggio di nicchia ai grandi risultati editoriali dei libri tascabili Lancer, per poi espandersi nell'universo fumettistico della Marvel Comics e culminare nell'apoteosi visiva della pellicola di John Milius.
Il Conan a fumetti ha davvero una storia lunga e articolata: mentre Panini Comics ha annunciato in questo periodo una serie di ristampe relative al personaggio, una delle occasioni più recenti per ammirare le storie anni Settanta rimane la cinquantesima uscita della collana da edicola Supereroi - Le Grandi Saghe, del 2010.
Questo volume presenta i primi nove numeri dell'ormai epica run di Roy Thomas e di un giovane Barry Smith, che resero grande l'archetipo barbarico dei pulp magazine anche in Marvel: sebbene l'iconografia definitiva diverrà poi quella proposta da John Buscema, l'interpretazione di Windsor-Smith rimane una di quelle maggiormente vicine e coerenti al canone originario del bardo di Cross Plains.
Conan, la più importante creazione di Robert E. Howard, in questi ultimi anni sembra vivere una seconda giovinezza: da una parte il buon successo delle collane americane proposte dalla Dark Horse, dall'altra il nuovo film in arrivo. Potrebbe dunque riproporsi (in parte) un processo analogo a quello che portò un oscuro personaggio di nicchia ai grandi risultati editoriali dei libri tascabili Lancer, per poi espandersi nell'universo fumettistico della Marvel Comics e culminare nell'apoteosi visiva della pellicola di John Milius.
Il Conan a fumetti ha davvero una storia lunga e articolata: mentre Panini Comics ha annunciato in questo periodo una serie di ristampe relative al personaggio, una delle occasioni più recenti per ammirare le storie anni Settanta rimane la cinquantesima uscita della collana da edicola Supereroi - Le Grandi Saghe, del 2010.
Questo volume presenta i primi nove numeri dell'ormai epica run di Roy Thomas e di un giovane Barry Smith, che resero grande l'archetipo barbarico dei pulp magazine anche in Marvel: sebbene l'iconografia definitiva diverrà poi quella proposta da John Buscema, l'interpretazione di Windsor-Smith rimane una di quelle maggiormente vicine e coerenti al canone originario del bardo di Cross Plains.
21 luglio 2011
La fortezza di Farnham, di Robert A. Heinlein
di Andrea Pachetti
La presentazione nel 2009 de La fortezza di Farnham nella collana Urania Collezione è stata davvero un piccolo miracolo editoriale: veder pubblicato finalmente in edizione integrale[1] questo romanzo in Italia, seppure in un'uscita periodica quale è Urania, è un'esperienza che gratifica e quasi commuove.
Nell'edizione più recente il titolo è stato tradotto come La fortezza di Farnham, per porre l'accento sulla costruzione del bunker; un titolo senz'altro migliore del precedente Storia di Farnham.
In ogni caso è interessante far notare che l'originale Farnham freehold (la "proprietà" di F.) presenta più chiavi di lettura poiché, oltre al senso letterale relativo ai possedimenti del carismatico protagonista, denota mediante la presenza della radice free quanto il dualismo libertà-schiavitù sia presente trasversalmente come concetto di base, nella stesura di tutta l'opera.
La presentazione nel 2009 de La fortezza di Farnham nella collana Urania Collezione è stata davvero un piccolo miracolo editoriale: veder pubblicato finalmente in edizione integrale[1] questo romanzo in Italia, seppure in un'uscita periodica quale è Urania, è un'esperienza che gratifica e quasi commuove.
Nell'edizione più recente il titolo è stato tradotto come La fortezza di Farnham, per porre l'accento sulla costruzione del bunker; un titolo senz'altro migliore del precedente Storia di Farnham.
In ogni caso è interessante far notare che l'originale Farnham freehold (la "proprietà" di F.) presenta più chiavi di lettura poiché, oltre al senso letterale relativo ai possedimenti del carismatico protagonista, denota mediante la presenza della radice free quanto il dualismo libertà-schiavitù sia presente trasversalmente come concetto di base, nella stesura di tutta l'opera.
20 luglio 2011
Alcuni motivi per cui Jack Vance dovrebbe essere eletto Re del Mondo...
di Andrea Pachetti
Il romanzo di Jack Vance To live forever è stato scritto nel 1956 e presentato direttamente in paperback, a differenza di altre sue opere dello stesso periodo, apparse dapprima a episodi su rivista. Uscito in Italia come Gli amaranto per la CELT negli anni '60 e ristampato dalla Nord negli '80[1], questo testo rappresenta a mio parere un punto di svolta nella carriera di Vance, separando le opere prettamente giovanili da quelle che seguiranno e che rappresentano la piena maturità artistica dell'autore: il ciclo dei Principi Demoni, quelli di Tschai, Durdane, Alastor.
Lo premetto, parlare dei propri autori preferiti risulta essere sempre controproducente. L'interesse principale di questo scritto non è convincere l'eventuale interlocutore della bontà del lavoro di Vance dato che, come avrò modo di spiegare, questo incredibile entusiasmo non ha nessuna motivazione razionale di fondo. Ho già sottolineato in altre sedi che, almeno per quanto mi riguarda, la critica letteraria di matrice razionalistica risulta avere assai poco senso.
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(fonte) |
Lo premetto, parlare dei propri autori preferiti risulta essere sempre controproducente. L'interesse principale di questo scritto non è convincere l'eventuale interlocutore della bontà del lavoro di Vance dato che, come avrò modo di spiegare, questo incredibile entusiasmo non ha nessuna motivazione razionale di fondo. Ho già sottolineato in altre sedi che, almeno per quanto mi riguarda, la critica letteraria di matrice razionalistica risulta avere assai poco senso.
3 luglio 2011
Stars over Half Moon Bay, "è pieno di stelle"
di Andrea Pachetti
Un tempo per hobby osservavo le stelle e talvolta mi càpita ancora oggi: è un momento strano, a metà strada tra l'introspezione e il deliquio. Ogni volta che succede, inizio a pensare: è vero che si tratta di una costruzione mentale illusoria, ma è comunque gradevole fingersi degli antichi e rimirare la Sfera delle Stelle Fisse.
Spesso la realtà e l'immaginazione sono piani in netto contrasto tra loro. Le costellazioni sono convenzioni, costruite sulla base di pratiche utilitaristiche o consuetudini. Le costellazioni sono nate, sono morte, sono mutate e poi sono state standardizzate. Ma seguire col dito i punti nel cielo tentando di raggrupparli in forme dev'essere sempre stata una bella cosa, ancor prima che la Settimana Enigmistica e i suoi innumerevoli tentativi d'imitazione fossero inventati. La volta celeste, in questo senso, rappresenta una delle prime forme concettuali di schermo (o foglio, o lavagna) sul quale costruire pensieri e astrarre simboli (oppure evocarli) dalla realità circostante.
Un tempo per hobby osservavo le stelle e talvolta mi càpita ancora oggi: è un momento strano, a metà strada tra l'introspezione e il deliquio. Ogni volta che succede, inizio a pensare: è vero che si tratta di una costruzione mentale illusoria, ma è comunque gradevole fingersi degli antichi e rimirare la Sfera delle Stelle Fisse.
Spesso la realtà e l'immaginazione sono piani in netto contrasto tra loro. Le costellazioni sono convenzioni, costruite sulla base di pratiche utilitaristiche o consuetudini. Le costellazioni sono nate, sono morte, sono mutate e poi sono state standardizzate. Ma seguire col dito i punti nel cielo tentando di raggrupparli in forme dev'essere sempre stata una bella cosa, ancor prima che la Settimana Enigmistica e i suoi innumerevoli tentativi d'imitazione fossero inventati. La volta celeste, in questo senso, rappresenta una delle prime forme concettuali di schermo (o foglio, o lavagna) sul quale costruire pensieri e astrarre simboli (oppure evocarli) dalla realità circostante.
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